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Melius Club

Precipita funivia Stresa Mottarone


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Inviato
15 minuti fa, Velvet ha scritto:

il Gip, bontà sua, non ravvisa motivi per ingabbiarli.

sarà mica perchè erano consapevoli e d'accordo personaggi della politica!? 👀

no, dico io, sai a volte a pensar male.... 

Adesso, stefanino ha scritto:

 e' rarissimo che un aereo o una funvia cada per cui fa notizia

beh aggiungerei MENOMALE, non credete? 

Inviato
3 ore fa, P_rover ha scritto:

a me, sinceramente, non sembrano sufficienti neanche i motivi che hai elencato

nessun motivo e' sufficiente ovviamente

ma non stiamo parlando ne di me ne di te ma di altri che quando hanno preso la decisione non parlavano con il senno del poi e , soprattutto, non lo facevano tranquilli dietro una tastiera.

 

Inviato
9 minuti fa, P_rover ha scritto:

beh aggiungerei MENOMALE, non credete? 

puoi aggiungere quello che vuoi ma non influisce sul ragionamento

 

ovvero a fare notizia non e' la tragicita dell'evento ma l'eccezionalita con cui si verifica

 

Se domattina gli aerei cadessero a tre al giorno e le strade smettessero di produrre morti, tempo due mesi e l'evento da prima pagina diventerebbe il pensionato investito mentre va a fare la spesa

 

Inviato
9 minuti fa, stefanino ha scritto:

 e' rarissimo che un aereo o una funvia cada per cui fa notizia

Se ne desume  perciò che non è raro che si cosparga di arsenico e piombo 3000 ettari di campi coltivati, e va ben così?

 

 

Inviato
7 minuti fa, Velvet ha scritto:

Se ne desume  perciò che

 

direi che, al contrario, si desume che la notizia non e' routinaria

Ti ricordi la "terra dei fouchi" !

 

E' stata in prima pagina poi e' andata in terza adesso se ne parla occasionalmente

Ma i fuochi non sono mica cessati. Anzi...

Inviato

@stefanino no, certo. Ma io se fossi un operatore del settore MAI E POI MAI mi sognerei di fare una roba del genere.

Chiaro che noi siamo in una posizione completamente differente, ma ripeto, per me è pura follia nascondersi dietro il motivo del dover dare da mangiare ai suoi dipendenti. Allora mettiamola così, meritavano più lo stipendio i suoi dipendenti che la loro vita quei 14 poveracci? Perchè è di questo che stiamo discutendo. 

Per me, lo ripeto alla nausea, non esistono giustificazioni. Se lo fai sei un criminale e meriti una giusta punizione. 

 

Inviato
10 minuti fa, P_rover ha scritto:

del settore MAI E POI MAI mi sognerei

ma siamo  assolutamente certi che nella nostra vita , magari senza rendercene  conto, non abbiamo mai  messo in pericolo delle persone?

siamo mai mai andati piu veloce di quanto consentito? Siamo mai passati con un giallo un po' "marcio" ? Non abbiamo mai preso una telefonata mentre guidiamo? Non tocchiamo mai lo schermo dello smartphone mentre guidiamo per impostare una direzione o cambiare brano musicale ?

.

Le cazzate si fanno, spesso un po con la fortuna o meglio un po con il controllo di carreggiata un po con la frenata automatica o anche un po perchè la fune regge, non succede nulla

 

.

Ti faccio un esempio prossimo sul modello fune:

in DIY c'era un post dove per risolvere un problema di salvavita che interveniva quando si attaccava un apparecchio il tecnico (con tanto di laboratorio eccetera eccetera) ha staccato la messa a terra dell'apparecchio. 

.

briandinazareth
Inviato
8 minuti fa, stefanino ha scritto:

tu sei assolutamente certo che nella tua vita , magari senza rendertene conto, hai messo in pericolo delle persone?

mai andato piu veloce di quanto consentito? Mai passato con un giallo un po' "marcio" ?

 

Questo è il punto della sicurezza, l'idea che figurati se capita. Del resto anche chi ha messo i forchettoni prendeva la funivia, magari tutti i giorni.

 

È il motivo per cui le norme di sicurezza andrebbero rispettate in modo scemo senza pensarci

 

  • Melius 1
extermination
Inviato

Come noto, la " percezione" dei rischi è del tutto personale ! Le norme, per quanto possano essere complete ed accurate ed i comportamenti per quanto possano essere  a norma...mitigano un rischio ma non lo azzerano! 

Inviato

 

3 minuti fa, briandinazareth ha scritto:

le norme di sicurezza andrebbero rispettate in modo scemo

Se non le rispetti prima o poi la gente muore.

 

Inviato
4 minuti fa, extermination ha scritto:

mitigano un rischio ma non lo azzerano! 

se una persona attenta pur applicando le norme non azzera il rischio figurati che cosa succede quando uno sciattone  non le prende in grande considerazione

 

Inviato
29 minuti fa, stefanino ha scritto:

il tecnico (con tanto di laboratorio eccetera eccetera) ha staccato la messa a terra dell'apparecchio. 

E' quel che si chiama "rischio calcolato" che in buona sostanza lascia il rischio com'è nella speranza che tanto che vuoi che succeda ?

Inviato

Tra parentesi, non so se è già stato rilevato,: bella pubblicità ai fini turistici per una ripartenza. C'era proprio bisogno di dare al mondo questa immagine di assoluta idiozia ed incoscienza (pare che la vicenda abbia avuto grande risonanza all'estero).  

  • Moderatori
Inviato
38 minuti fa, stefanino ha scritto:

il tecnico (con tanto di laboratorio eccetera eccetera) ha staccato la messa a terra dell'apparecchio. 


già...ricordo benissimo quel sciagurato fatto, son passati soltanto un paio di mesi.

extermination
Inviato
25 minuti fa, dago ha scritto:

grande risonanza all'estero

Che si aggiunge alla bassa reputazione che abbiamo all' estero!

  • Moderatori
Inviato

lascia solo molto perplessi che in questa sciagurata vicenda 3 soggetti individuati come responsabili sono già al gabbio mentre per il ponte Morandi, o la morte degli operai alla Tyssenkrupp o per l'esplosione a Viareggio del convoglio ferroviario e ne potremmo aggiungere ancora, chi è finito al gabbio c'è andato un bel po' di tempo dopo; troppi interessi in gioco per aspettare così tanto tempo a differenza della funivietta nemmeno quotata in borsa che rende fattibile da subito un provvedimento di carcerazione per i primi responsabili individuati?
Più celeri per gli altri fatti indicati non era possibile?

  • Melius 1
briandinazareth
Inviato

si parla di pericolo di fuga per l'arresto. 

comunque, per la questione di prima, che trascurare la sicurezza non è un atto "malvagio" ma di poca consapevolezza:
 

«Faccio avanti e indietro su quella cabina tutto il giorno, Se avessi saputo che c'era qualcosa di pericoloso non avrei mai rischiato la vita dei miei figli».

La mattina del disastro, sia Federico che Stefano Nerini, che hanno entrambi iniziato a collaborare con l'azienda paterna, sono saliti in vetta. «Avrebbero potuto esserci loro».

non ci pensiamo quasi mai, ad esempio, mentre siamo alla guida... pensiamoci la prossima volta che inveiamo contro gli autovelox o le telecamere al semaforo.

 

Inviato

 

 

 

 

La sicurezza e il capitale

di Ezio Mauro

Alla fatalità si può rispondere solo con la pietà, perché il razionale non trova spiegazioni oltre al caso, quando agisce senza la responsabilità dell’uomo, dei suoi errori e delle sue colpe. Ma quando chi indaga sul teatro di una tragedia chiama in causa l’intervento umano con la manipolazione della regola, l’alterazione dei parametri di sicurezza, l’incuria o più ancora l’incoscienza di cercare il lucro nel pericolo, allora la compassione diventa condivisione dello stesso sentimento di ingiustizia e di ribellione.

Sia la Procura che i carabinieri di Verbania, impegnati nell’inchiesta sul disastro del Mottarone con 14 morti nel crollo della funivia, ci dicono che «sono stati disattivati i freni di emergenza per ovviare a un malfunzionamento del sistema, con una scelta deliberata e assolutamente consapevole».

Questo secondo gli inquirenti significa che davanti a un problema tecnico nel meccanismo frenante, non risolto dall’intervento della squadra di manutenzione, per non interrompere il servizio si è scelto di inserire il "forchettone" che impedisce al freno di sicurezza di entrare in funzione.

Uno scambio — l’ennesimo — tra sicurezza e profitto, come se sotto l’urto della crisi le due ragioni non riuscissero più a comporsi e a stare insieme. Una logica privata portata agli estremi, con effetti pubblici imprevisti e devastanti.

Anche se tre persone sono state fermate bisogna aspettare le perizie, gli interrogatori e i riscontri prima di avere un quadro completo della tragedia: non sono ancora chiari i motivi della rottura della fune trainante, il cavo di collegamento della funivia. Ma è inevitabile, di fronte alle prime risultanze e alle parole di chi guida le indagini, collegare questa vicenda a quella del ponte Morandi a Genova e anche alla morte di Luana D’Orazio, l’operaia di 22 anni risucchiata e stritolata a Montemurlo dall’orditoio tessile con cui stava lavorando, col cancello di protezione e la fotocellula di controllo fuori uso.

Sono naturalmente situazioni diverse, nelle proporzioni, nelle cause e negli effetti. Ma hanno più di un elemento in comune su cui conviene riflettere, prima che si ripetano.

Forse non abbiamo misurato fino in fondo gli effetti della pandemia, ipnotizzati dal contagio. Siamo schiacciati da tre crisi, una sanitaria, con l’assedio del virus, una sociale, con la nuova distanza fisica e psicologica tra gli individui, una economica, con l’attività produttiva e commerciale disarticolata e soffocata, e l’occupazione minacciata e colpita di conseguenza. Questa emergenza cambia la scala delle nostre priorità, com’è ovvio e come sappiamo: ma questo sommovimento nella gerarchia di valori, impegni, obblighi e opportunità sta mutando anche la nostra sensibilità sociale, la relazione tra noi e gli altri, il rapporto tra gli interessi e gli obblighi.

Al centro del groviglio c’è naturalmente il lavoro, com’era inevitabile. Il lavoro che via via in questi mesi, mentre passava la fase più acuta della pandemia, veniva vissuto sempre più come autonomia, rivendicato come indipendenza, invocato come libertà, fino a essere contrapposto alla sicurezza, considerata da una parte del Paese (e dalla destra politica) come eccessiva, frutto dell’ossessione regolatoria dell’Europa, della sinistra, del governo. Dietro alla campagna politica per le riaperture c’è esattamente questo: la sicurezza trasformata in minaccia, l’apertura in ideologia, la libertà abbassata alla soglia del coprifuoco.

Questo clima ha influenzato l’insieme del corpo sociale, dopo mesi di limitazioni nei movimenti, nell’attività professionale, nel tempo libero. E noi, senza quasi accorgercene, ci siamo autorizzati da soli a comportamenti e scelte che prima della crisi seguivano un codice diverso. Abbiamo compresso il rapporto regolato tra le componenti della società in cui avevamo vissuto fin qui, mutandolo, e abbiamo messo al primo posto nei nostri obiettivi l’esigenza di tornare sul mercato, in ogni modo e prima di tutto. Con la conseguenza di legittimare, o almeno di scontare, un nuovissimo egoismo sociale di gruppo, di categoria, di comunità. Tutto questo comporta il conferimento di uno status privilegiato al capitale rispetto agli altri elementi del mercato, come se lo stato d’eccezione in cui abbiamo vissuto lo liberasse da ogni vincolo.

Questa tendenza non è frutto di una teorizzazione, ma di un istinto, che nasce dalla costrizione pandemica. Non c’è dunque alcun calcolo, anche se c’è una conseguenza diretta di questo meccanismo psicologico dominante, nelle vicende che sacrificano la sicurezza all’Impresa. Nell’ansia di riaprire (finalmente), di ripartire, di recuperare il tempo e il guadagno perduto, la sicurezza diventa comprimibile, le misure che comporta sono rinviabili, le compatibilità tra le garanzie e il lavoro possono essere modificate. I diritti nati nel lavoro, come i diritti mai nati del cittadino-consumatore di beni e servizi, diventano una variabile dipendente della crisi, diritti-ombra, o almeno diritti-nani, comprimibili e sacrificabili nelle fasi di difficoltà: come se riguardassero soltanto i loro diretti beneficiari, e non fossero invece espressione della cifra complessiva di qualità di una democrazia.

Non è nemmeno liberismo, ma un disperato darwinismo inconsapevole che la destra sovranista cavalca senza averne la guida, sperando soltanto che sfondi l’equilibrio sociale e politico della modernità, in nome della necessità della fase.

Siamo dominati dalla necessità, giustificati dall’eccezionalità, auto-ricattati dall’emergenza. Senza capire che questo movimento spontaneo ci porta fuori dal governo della politica, come se i fenomeni acquistassero una loro totale autonomia da ogni indirizzo, dal bene comune, dalla regola: e l’azione di governo fosse il semplice risultato del cozzo tra le forze in campo.

Culturalmente, per questa strada si autorizza una lettura parcellizzata della crisi, ritagliata da ognuno e da ogni categoria in base al suo specifico e ai suoi interessi, rinunciando a un’interpretazione pubblica e condivisa, capace nella difesa e nella reazione di ricreare uno spirito autentico di comunità. Naturalmente puntando sull’energia di chi vuole ripartire, sull’interesse del capitale e sull’impegno della forza lavoro: ma dentro un disegno comune, perché il lavoro è libertà solo se produce insieme cittadinanza, benessere, progresso e sicurezza. E cioè quand’è una costruzione sociale, non quando si separa dalla responsabilità.

 

 

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