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Inviato

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IN GUERRA di Stéphane Brizé Drammatico, 105', Francia, 2018

 

ATTENZIONE, VIENE SVELATA LA TRAMA, FINALE COMPRESO.

 

Ieri sera sono uscito nella convinzione che avrei visto un bel film, politico ed impegnato dalla “parte giusta”.

Un film (avercene!) alla Laurent Cantet, che indaga nei rapporti tra le persone, nelle situazioni, individua ed indica il malaffare, la ingiustizia, la malvagità della classe padronale nei confronti dei lavoratori.

La realtà è stata nettamente superiore alle aspettative, le immagini travolgenti e vere mi hanno davvero scosso! L’interpretazione di Vincent Lindon mescolata ai tanti attori non professionisti è davvero sconvolgente.

Sembra un documentario estremamente realistico, la calca, le voci concitate, ma ti cattura , ti tira dentro la vicenda, ti fa stare davvero male! E mi pare giusto, tratta del licenziamento di 1.100 lavoratori…

Con immagini vivide ed una regia estremamente coinvolgente, il film racconta la vicenda, la lotta dei lavoratori della Perrin, azienda di proprietà di una multinazionale tedesca che nonostante gli elevati profitti della gestione (con un dividendo azionario del 25%), dovuti ad un accordo di due anni prima, dove per mantenere il livello occupazionale i lavoratori avevano rinunciato ai premi retributivi maturati e lavorato 40 ore settimanali con la retribuzione di 35, ma nonostante questo pur avendo la Perrin garantito nell’accordo il livello occupazionale per 5 anni, intende rompere l’accordo stesso, delocalizzare in Romania e licenziare i 1.100 dipendenti.

Le assemblee, i cortei interni, di una violenza visiva incredibile, accompagnati da una colonna sonora assordante e coerente, fanno emergere la figura del delegato sindacale Laurent Amédéo, che con passione confuta una per una le motivazioni del nemico padronale, attraverso i loro fetidi lacchè, che hanno anche poco spazio di manovra personale, sono dei passacarte… ed infatti Amédéo decide di scavalcarli, di puntare direttamente all’AD tedesco, non prima di aver coinvolto i politici francesi, puntando –per evitare l’isolamento- ai massimi livelli: il Presidente della Repubblica, il Presidente della associazione industriali, che ovviamente non si lasciano coinvolgere, ma attraverso loro sottoposti cercano di mediare la situazione per evitare situazioni ingestibili ed anche perché lo stabilimento Perrin è situato in una regione industrialmente depressa di Francia. Amédéo è totalmente coinvolto nella faccenda, lo vediamo anche a casa studiare documenti, esaminare aspetti economici della fabbrica, ignorando i suoi problemi personali, è divorziato ed ha una figlia, in qualche altro posto di Francia, che sta aspettando un bambino.

Laurent Amédéo è il portavoce riconosciuto dell’assemblea permanente, i lavoratori lo seguono con estrema fiducia, e lui si adopera in continuazione per frenare fughe in avanti, per calmare i più esagitati, ma non molla di un millimetro! Con la consapevolezza del rischio isolamento, porta a manifestare i suoi colleghi in altre situazioni, ed a fronte di false promesse, alla fine intervengono sempre gli odiosi poliziotti, i cani da guardia del sistema.

Nei confronti con la controparte è brillante e determinato nell’osteggiare il potere criminale che cercano di esercitare, di imporre, nascondendosi dietro parole come mercato, competitività, azionisti, dividendi… indifferenti alla macelleria sociale che stanno compiendo, nascondendo il solo obbiettivo che perseguono il profitto, per il quale sono disposti a passare su tutto, vite umane, socialità, ambiente…

Però dopo oltre due mesi di blocco totale della produzione, di occupazione della fabbrica iniziano immancabilmente a scricchiolare i rapporti tra i lavoratori, stanchi, disillusi e fagocitati dai sindacalisti gialli che si stanno adoperando per avere una buona uscita più alta di quanto offerto inizialmente, incuranti della prospettiva di futura disoccupazione, impoverimento dell’area e quant’altro, a loro interessa giustificare il loro ruolo alzando solo il prezzo della sconfitta!

Ed in accordo con l’azienda decidono di interrompere lo sciopero, di riprendere il lavoro; dovranno passare però sul corpo di Amédéo e di qualche centinaia di operai che gli sono rimasti fedeli e che picchetteranno con determinazione lo stabilimento. Ci penserà la polizia ad aprire il varco per fare entrare i crumiri.

Durante lo sciopero gli operai della Perrin avevano avuto manifestazioni di solidarietà e piccoli contributi economici, frutti di collette dei lavoratori di un’altra fabbrica automotive francese, facente parte dello stesso gruppo industriale. Amédéo e compagni si recano presso questo stabilimento ed immediatamente scatta lo sciopero di solidarietà. A questo punto l’amministratore delegato tedesco decide di esporsi in prima persona e viene fissato un incontro tra le parti con la presenza del rappresentante del Ministero del Lavoro, che supportato da alcuni studi di settore di economisti del Ministero, intravedono la possibilità di una autogestione dei lavoratori, lasciando libera l’azienda di spostare la propria produzione altrove.

Dopo salamelecchi e banalità introduttive, l’AD dice che non vede la possibilità di una operazione del genere, che non ci sono gli spazi economici per realizzarlo, al che il nostro Amédéo si inalbera e dice che l’azienda non accetta questa ipotesi solo perché ha paura di crearsi un nuovo concorrente, Il tedesco dice che c’è una sentenza del tribunale che dà loro facoltà di dismettere l’azienda… a questo punto le trattative si interrompono tra gli insulti dei lavoratori all’amministratore; poi un gruppo lo assalta e quando questi si rifugia nel suo berlinone, cominciano a colpire l’auto fino poi a rovesciarla. Interviene la polizia ad estrarlo ferito e sanguinante… attraverso l’esame delle riprese delle telecamere, tredici lavoratori saranno licenziati in tronco.

Gli scontri tra lavoratori aumentano, i sindacalisti gialli addossano ad Amédéo ed ai lavoratori dalla sua parte, tutta la responsabilità della sconfitta, oltretutto l’azienda ritira gli incentivi maggiorati che aveva offerto. Il nostro si difende e viene difeso, ma è chiara in tutti la sconfitta.

Vediamo il volto di Amédéo triste, gli scorre qualche lacrima, mentre sta guidando; sta andando a trovare la figlia che nel frattempo ha partorito. Lo vediamo intenerito tenere in braccio il bambino.

Ma è una scena rapida, subito dopo lo vediamo a casa che cerca di pulire una scritta ingiuriosa nei suoi confronti sulla parete esterna, poi lo vediamo in fabbrica che dal suo armadietto recupera le sue cose personali… esce dalla fabbrica, ha una tanichetta di benzina e speriamo che dia fuoco allo stabilimento, invece se lo versa addosso, estrae un accendino e si immola nelle fiamme.

Poi vediamo le facce sconcertate dei suoi sostenitori, ma anche quelle dei crumiri. Arriva notizia che l’azienda intende rinunciare a perseguire legalmente gli assalitori dell’ AD, finisce il film.

Grande cinema, grande cinema a tutti i livelli… e meraviglioso canto di solidarietà per il mondo dei lavoratori, per le loro debolezze intrinseche, accentuate in questo periodo storico infame.

Grazie Brizé, grazie Lindon.


 

**** 1/5 *

(4,5/5)

 

Ciao

Evandro

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Inviato

Don't look up: commedia davvero divertente e brillante, imperdibile per tutti coloro che si interessano alle attuali dinamiche della comunicazione.

Inviato
Il 24/11/2021 at 21:19, Partizan ha scritto:

Joker di Todd Phillips Azione, 118', USA, 2019
 

**** *

(4/5)

 

 

Un 4/5 come per 81/2 di Fellini?!  (che non è un film autocelebrativo, bensì introspettivo dove l'autoindagatore che indaga stesso è Fellini, sempre lui, il  grande maestro del cinema più immaginificamente visionario, colui che piega la "trama" alle ragioni espressive, linguistiche ed estetiche del cinema.., non un mestierante della macchina da presa qualsiasi).

Per me -  rigorosamente a mio avviso - questo voto, pur volendo essere più possibilisti, è davvero eccessivo.., già 2 su 5 per questo modestissimo Joker di grandi effetti e di modesta sostanza cinematografica (la solo storia "acchiappona" sul piano meramente testuale non basta.., al cinema conta come la si racconta filmicamente) sarebbe grasso che cola.

 

Inviato
Il 15/12/2021 at 19:50, Partizan ha scritto:

Molti, moltissimi considerano 8 ½ il miglior film di Fellini, nel mio piccolo dico di no, che la visionarietà, gli infiniti livelli di racconto della Dolce vita sono di un livello nettamente superiore

 

 

Non sono d'acciordo, Evandro, sono film diversi, c'è il fil rouge felliniano che li attraversa entrambi, che ritroviamo in tutti i film di Fellini, ma non parlerei di "superiorità" o di "inferiorità" a fronte di due massimi capolavori della storia del cinema mondiale che non saprei quale dei due scegliere se fossi costretto a portarne uno sull'isola deserta.

 

Il 15/12/2021 at 19:50, Partizan ha scritto:

pur non disconoscendo la grande regia e grande messa in scena di questa opera, che pecca un po’ di pretestuosità, di autocelebrazione.

 

Pretestuosità.., brutta parola che allude a qualcosa di negativo, di artificioso, di artefatto, di insincero... perchè?
Fellini sarà stato "un grande bugiardo" come amava definirsi, ma le sue bugie avevano le "gambe corte", era bugiardo per elezione, per poter meglio esprimere immaginficiamente la sua istanza poetica, visionaria, subcosciente, lucida e pre-logica, reale e onirica.., bugiardo non già per sprovvedutezza o incapacità, debolezza di carattere, scarsità di idee e di azione. Sull'autocelebrazione ho già espresso la mia opinione nel penultimo post.

Otto e mezzo di Fellini non sballa.., neppure giocando a sette e mezzo.., per me merita 7 bullette su 5 dato come voto massimo...

 

 

 

Inviato
Il 17/11/2021 at 12:14, Partizan ha scritto:

La grande sensibilità di Antonioni per annusare e cogliere i tempi era impressionante, peccato che nel rivederli decenni dopo i suoi film perdono molto, lasciando in alcuni casi addirittura la sensazione di superficialità

 

 

Quali film corrisponderebbero alla tua osservazione? Immagino non ti riferisca anche a Professione Reporter, che non citi nel tuo scritto, altro capolavoro innovativo, spiazzante, lungimirante, forse preveggente, sul tema non nuovo del "doppio", della fuga dal "se" che Antonioni ripropone in modo increato, magico, inquietante. Il film è una drammatica riflessione sulla incombenza della morte, sulla certezza di morte dalla quale non si fugge, sull'illusorietà della vita, dell'esistenza la cui "autenticità" e ingannevolezza non vengono dati da un "documento" sia esso falso oppure vero. La morte non si presta ai miserabili giochi degli inganni, delle convenzioni e realtà apparenti.

Inviato

@analogico_09 mi riferisco da Zabriskie Point, compreso, in poi ad esclusione di Professione Reporter, che considero anch'io un grande film.

Circa Joker e Fellini, con i necessari ed enormi distinguo, ribadisco le mie posizioni.

 

 

Ciao

Evandro

 

Inviato

Io penso che Zabriskie Point, aldilà degli aspetti testuali, politico sociali ed ideali, legati in modo particolare ad una specifica epoca storica del '900,  pur mantenendo il carisma dell'universalità (la "civiltà" dei consumi e della violenza, della repressione, delle falsificazioni mediatiche, della speculazione distruttiva dell'ordine naturale, integrale  ed  "estetico" naturale della... natura, la ribellione giovanile e altre tematiche correlate, valori buoni per tutte le stagioni), resti un cinema  innovativo, vibrante, grande arte dell'immagine consegnata alla grande storia del cinema che non risente dei cedimenti del tempo. Da annali le sequenze finali della grande "esplosione" al ralenty accompagnate dalla musica dei Pink Floy, anch'essa visionaria, non già modaiola, "edonisticamente" psichedelica...
Grande momento di cinema per il valore simbolico/allegorico, per la straordinarietà della intuizione "visiva", puramente cinematografica.
E le sequenze degli "accoppiamenti" della felice comunione dei corspi che si moltiplicano a dismisura nella "valle della morte", nel  luogo ancestrale, remoto, preistorico, puirificatore, della ritrovata passione mondata dalle sovrastrutture di varia natura...

Quando vedemmo il film alla sua uscita, in primissima visione, restammo abbacinati dalla potenza espressiva delle immagini che davano senso poetico e compiuto alla "trama" trasfigurata.
Certo.., le scene del "collettivo" studentesco politicizzato risente un po' del passare del tempo.., ma c'è tantissimo cinema capitale dell'intera storia che ad una appuntita analisi potrebbe mostrare qualche "retorica" di troppo...

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