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Billie Holiday


l leon

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3 ore fa, Partizan ha scritto:

utto! E' troppo grande senti  una compilation e lei ti emoziona al massimo; senti le sue prime incisioni (tecnicamente discutibili) e lei ti prende, ti distrugge!"

 Tutto di Billie merita di essere ascoltato. Anche le ultime incisioni, le ultime performance live registrate quando nella  voce "provata" dall'alcool, dal fumo, dalle droghe, dalla malattia, dal male di vivere della straordinaria eroina della musica e dell'esistenza, seguitavano a sgorgare fiotti di aspra, rauca, dolente ma sincera e musicalissima poesia intrisa di blues...

Dischi ce ne sarebbero tanti da consigliare.., ma io suggerirei di approcciare alle sue canzoni e ballate in modo sparso, non cronologico, ascoltando anche a caso, a sensazione, per cercare di scoprire in proprio.., ricorrendo anche a youtube, a Tidal, ecc, a qualche disco di compilation; a mio avviso con i cofanettoni specialmente quando si inizia ad esplorare un artista, si finisce spesso per perdersi.., si ascolta qualche canzone poi si ripone in scaffale... Ovviamente è la mia sensazione, non è di sicuro una regcola... Credo anche che ciò che ricerchiamo e scegliamo noi rimane più profondamente in noi e aumenta la nostra curiosità, il nostro piacere, la voglia di scoprire ancora.

 

Si potrebbe cercare però questo Rare Live Recordings from 1935-1959 5 cd di rarità, un'edizione davvero parcticolare,  "eclettica"

 

Restava in lei, nel dramma finale, sempre quella sorta di candore e di stupore "fanciullesco"...

 


Per me la più bella versione in Jazz del brano di Gershwin...
 

 

 


1958, un anno prima, alcuni mesi prima della sua morte
 

 

 

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Non si può non suggerire il brano che diventa un po' il segno distintivo più profondo e straziante della grande interprete.. Strange Fruit.

Interpretata e registrata più volte, molto celebrata, si hanno molte versioni, la si può trovare in moltissimi dischi, ne ho segnalata una nel topic dedicato al jazz

ma credo di preferire la versione estrema, del 1959, forse l'ultima in assoluto, quella del "fine vita" ...

Non serce commentare il suo canto, la sua espressione, la sua profondità poetica.., qui risalta anche l'umanità insigne, generosa, il traboccante affetto... (giustamente un commentatore del tubo scrive: The pain in her eyes and her voice. You can see it at the end, she doesn't want applause for performing this song, she wants justice.)

 

Leonard Feather, grande musicologo, critico musicale, ha definito quesa ballad composta da un intellettuale ebreo americano, e subito interpretata da Billie Holyday nel '39 mettendo da parte l'iniziale timore:  il primo grido contro il razzismo.


Non di meno toccante e di altissima caratura musicale l'accompagnamento al piano.., dc'altra parte nel finale mi sembra di riconoscere il profilo del grande Mal Waldrom.

 

 

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STRANGE FRUIT

Strano Frutto 

Gli alberi del sud hanno uno strano frutto,
Sangue sulle foglie e sangue alle radici,
Corpi neri oscillano nella brezza del sud,
Uno strano frutto appeso dagli alberi di pioppo.
Scena pastorale del prode sud,
Gli occhi sporgenti e le bocche contorte,
Profumo di magnolia, dolce e fresco,
Nell'improvviso odore di carne che brucia.
Ecco il frutto che i corvi beccano,
Che la pioggia coglie, che il vento succhia, che il sole fa marcire, che gli alberi fanno cadere,
Ecco un raccolto strano e amaro.

 

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Le sue prime incisioni mostrano una voce fantastica ma purtroppo tecnicamente sono incisioni molto scarse. Poi la vita vissuta ha radicalmente cambiato la sua voce.

Ma stranamente la sua voce data da una vita vissuta è ancora più commovente.

Infatti però una cosa si nota fin da subito.

Lei la musica o meglio il blues !o aveva dentro, un senso del tempo come nessuno prima e nessuno dopo.

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  • Moderatori

Andrò controcorrente accollandomi un mare di critiche ma seppur considerata una grande  francamente la sua voce, il modo di cantare e porsi non mi emoziona come invece capita a molti.

Nonostante abbia più volte cercato di convincermi con il trascorrere degli anni che stavo sbagliando non c'è stato nulla da fare....non riesco a digerirla, pare perennemente sotto gli influssi di bacco quando canta con quel modo particolare e monocorde che la distingue da altre vocalist proprio non me la fa apprezzare.

Pazienza me ne son fatto ormai una ragione.

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@BEST-GROOVE ascolta qualcosa delle sue prime registrazioni, vedrai che è altra cosa.

Come ho detto poi la sua voce si è trasformata, ma in compenso è arrivata una interpretazione che definirla introspettiva è riduttivo.

Poi come detto il senso del ritmo è come mai nessuno è come lei.

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Aveva il blues, lo swing, la passione, il dolore, la gioia, la musica che sale dall'anima... la sua voce, la sua musicalità fuggono da ogni definizione convenzionale.., lady day è l'incarnazione del jazz.., tutti gli uomini del jazz la corteggiavano appassionatamente.., specialmente Lester Young.., fratelli in jazz, avevano la stessa "voce" della profonda poesia "cool" che influenzò non poco il jazz segnando una trasformazione della quale fece tesoro anche il be bop, Miles Davis.., una storia lunga da raccvontarsi...

 

In  questa riunione di geni lei era il "catalizzatore"... la musa ispiratrice, del feeling, del "duende" musicale...
 

 

 

 

 

 

 

  • Melius 1
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Forse è fuori luogo, ma mi piace condividere con voi come il grande Garcia Lorca descriveva il “duende”:

 

 

 

“Billie Holiday e Tennessee Williams ce l’avevano. Ella Fitzgerald quasi, ma non proprio. E Miles Davis forse non aveva altro”. Marlon Brando di certo ce l’aveva. Anche Janis Joplin, se vogliamo giocare a scovare il duende. Apollinaire è stato divorato dal duende.

 

 

“Il duende non sta nella gola; il duende monta dentro, dalla pianta dei piedi. Vale a dire, non è questione di capacità ma di autentico stile vivo; vale a dire, di sangue; di antichissima cultura, e, al contempo, di creazione in atto”. Garcìa Lorca parla di fluido inafferrabile, che arriva direttamente al pubblico, qualcosa di demoniaco che possiede il senso della morte, qualcosa con cui lottare.

 

“Per cercare il duende non c’è mappa né esercizio. Si sa solo che brucia il sangue come un tropico di vetri, che estenua, che respinge tutta la dolce geometria appresa, che rompe gli stili, che si appoggia al dolore umano inconsolabile, che fa sì che Goya, maestro dei grigi, degli argenti e dei rosa della miglior pittura inglese, dipinga con le ginocchia e i pugni con orribili neri bitume”. L’arrivo del duende presuppone sempre un cambiamento radicale di tutte le forme. Ai vecchi schemi dà sensazioni di freschezza completamente nuove, con una qualità di cosa appena creata, di miracolo, che arriva a generare un entusiasmo quasi religioso. E’ un folletto, una voce nuova, un vento mentale: i toreri, i ballerini di flamenco, e chi altro? Ognuno può affibbiare il duende a chi preferisce, ma tenendo conto che non si tratta di pensosità, né di dedizione, né di intelligenza, e nemmeno di studio. E’ qualcosa con cui si nasce, e che poi cresce, che si nutre di conflitto. Brahms non lo possedeva, Bach sì, Nietzsche, Cézanne, Rimbaud. E chissà quanti altri, sconosciuti o famosissimi, di certo mai soddisfatti, mai paghi, mai quieti, lottano ogni giorno con il proprio duende. In poco più di cinquanta pagine potrete capire di che parliamo quando parliamo di qualcosa di inspiegabile, e di irresistibile. Grazie al poeta, che sa trovare le parole anche per quel che parole non ha.

 

  • Melius 1
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