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Il disco in vinile che state ascoltando ora!


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analogico_09

Musiche magnifiche, messo a girare il vinile spprattuto per il poema sinfonico Les Preludes di Franz Lisz davvero suggestivo. Direzione di Karajan con Berliner, l'unico che posseggo in vinile. Bellissimi anche gli altri brani.
Mi sono ricordato che la parte finale dell'opera, ciò che mi ha ridestato il desiderio di ascolto, l'andante maestoso, fu la sigla iniziale di un ottimo programma televisivo  che andava in onda negli anni '60:  Almanacco di storia, scienza e varia umanità. Presentavano gli ottimi attori di teatro Giancarlo  Sbragia e poi Gianni Gazzolo, in redazioni il meglio della cultura italiana di quegli anni. Mi piaceva molto e provavo forti suggestioni all'ascolto del poema sinfonico listziano, tra le musiche che nei primi anni '60 iniziarono ad instillare in me la forte curiosità trasfrormatasi in passione inestimnguibile per la musica classica.

Ascolto strano, una cosa curiososa.., l'interpretaqzione  di Karajan mi ha lasciato insoddisfatto: solito stile legato,  grande attenzione per l'esteriore per le levigatezze sonoe, la precisione formale, in un'espressione più piccola di quanto possa apparire se ci si ferma soltanto alle rotondità estetizzanti che ripetono sempre in Karajan in qualsiasi repertorio.

Deluso, ho dovuto rifarmi ascoltando il CD della vigorosa, bellissima interpretazione di Ferenc Fricsay sempre con i Berliner. Mi si è spalancato davanti un altro mondo musicale e immaginifico. 

 

Cmq, questo è quanto...

 

 

 

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Gaetanoalberto

Comincio la passeggiata nei dischi che compongono il box "Round Trip" di Ornette Coleman.

Il primo, suonato in trio a Stoccolma al Gyllene Cirkeln il 24 novembre del 1965.

Goduria per le orecchie, nell'ascoltare una musica universale che ha avuto un'enorme influenza nel determinare il passaggio del jazz a lidi per allora ancora nuovi e poco esplorati, superando il bebop e quanto suonato dallo stesso Coleman pochi anni prima.

Roba che non tutti i contemporanei digerivano, e qualità non da tutti comprese.

Per questo il giudizio dei contemporanei è sempre da filtrare con attenzione, perché molti non sono pronti, pur in buona fede, a riconoscere la grandezza ed a superare i propri limiti culturali e generazionali.

Grande ed innovatore purenil contributo del  contrabbassista David Izenzon: il disco trova i momenti più belli nel dialogo tra Ornette e David.

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  • Melius 1
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analogico_09
17 ore fa, Gaetanoalberto ha scritto:

Comincio la passeggiata nei dischi che compongono il box "Round Trip" di Ornette Coleman.

Il primo, suonato in trio a Stoccolma al Gyllene Cirkeln il 24 novembre del 1965.

Goduria per le orecchie, nell'ascoltare una musica universale che ha avuto un'enorme influenza nel determinare il passaggio del jazz a lidi per allora ancora nuovi e poco esplorati, superando il bebop e quanto suonato dallo stesso Coleman pochi anni prima.

Roba che non tutti i contemporanei digerivano, e qualità non da tutti comprese.

Per questo il giudizio dei contemporanei è sempre da filtrare con attenzione, perché molti non sono pronti, pur in buona fede, a riconoscere la grandezza ed a superare i propri limiti culturali e generazionali.

Grande ed innovatore purenil contributo del  contrabbassista David Izenzon: il disco trova i momenti più belli nel dialogo tra Ornette e David.

 
Mi stavo chiedendo se i non contemporanei possano invece capire tutto oppure di più e meglio delle musiche del passato superando i propri limiti culturali e generazionali con maggiore facilità. Personalmente ne dubito. Non è questione, credo,  di quando si ascolti, ma di quanto, di come si ascolti e di quali strumenti della conoscenza si abbiano a disposizione per un ascolto il più possibile "informato", approfondito e consapevole. Specialmente a fronte di musiche oggettivamente "impegnative", non ascoltabili come sottofondo e magari quando si fa altro distraente. Non credo noltre che le specificità culturali e generazionali debbano sommariamente rappresentare un limite quando non vi sia chiusura intellettuale e sentimentale verso ciò che sia diverso da noi, erroneamente ritenute non compatibili e interagibili con le nostre caratteristiche.
Questa bobilissima "Roba" (Moretti santo subito!) resta ancora oggi per molti ascoltatori in "differita", a distanza di tanti anni, se non anche più che pria, molto ostica e di difficile assimilazione all'ascolto superficiale e "distratto" da altri fattori quali l'attenzione volta più al disco blasonato come oggetto, alla prestazione audiofila, etc. Penso che sia un falso problema creare spaccature concettuali così nette ed innecessarie, a mio modesto avviso.
L'Ornette Coleman del jazz "nordico innevato" non supera se stesso, non supera il free jazz in tutte le sue forme al quale da e pure prende, le quali riconducono ad un unico ideale musicale; non "supera" il bebop che nel 1965 da mo' che era passato, avendo tuttavia lasciato in eredità al  jazz a seguire fino ed oltre le "avant-garde" jazz le sue persistenti e inlienabili "linee guida", la sua umanità, la sua negritudine, la sua orgogliosa ribellione al razzismo in tutte le sue forme e ricadute.
Ornette Coleman opera invece una sorta di summa musicale estetica, poetica e ideale, valoriale, ridefinisce le ricorsività essenziali ed identitarie, sansisce l'integrazione tra tutte le musiche di prima e di dopo, delle origini e degli ultimi dolenti "sospiri"; esprime la ribellione, la rabbia, il sorriso e la gioia di cento e più anni di musica jazz meravigliosa che volge a ternime accettando serenemente lassù, nell'alto dei cieli, la sua fine (che è solo un inizio...).

 

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Gaetanoalberto

Ogni tanto mi piace far notare che nei commenti riporto spesso le note di presentazione del disco, predisposte da un critico e dalla casa discografica in accordo con gli artisti.

Mi fa piacere però che si possa correggere quel che gli artisti dicono di sé stessi, ed ampliare gli orizzonti.

  • Melius 2
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one4seven

Imho, uno tra i migliori album (R&B) degli anni 80. Prodotto (e suonato) da Phil Collins, Chinese Wall, è i terzo lavoro solista di Philip Bailey, ex "lead singers" Earth, Wind & Fire, dalle capacità canore da brividi. Il disco sarà naturalmente un successo... Con diverse nomination ai Grammy.

.

Meravigliosa la track portante "Walking on the Chinese Wall", uno dei miei pezzi preferiti di quel decennio. Ma è l'intero disco a non mostrare particolari punti deboli.

.

 

.

 

 

 

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  • Melius 2
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4 ore fa, floyder ha scritto:

PER ME … il più bello dei Genesis, peccato abbiano fatto solo cinque album ….

Al netto dell'errore di stumpa :classic_sad: anche a me è quello che piace di più. Senza nulla togliere a Foxtrot e a Selling England... che comunque reputo molto belli. 

Un discorso a parte merita The Lamb...


Ciao 

Andy

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analogico_09
Il 12/01/2025 at 20:08, Gaetanoalberto ha scritto:

Ogni tanto mi piace far notare che nei commenti riporto spesso le note di presentazione del disco, predisposte da un critico e dalla casa discografica in accordo con gli artisti.

Mi fa piacere però che si possa correggere quel che gli artisti dicono di sé stessi, ed ampliare gli orizzonti.

 

Io penso che in tale caso bisognerebbe rendere chiaro il fatto che si stiano scrivendo frasi mutuate da altre fonti che andrebbero opportunamente citate riportando quando scritto esattamente dagli autori. Così in genere funzionano le "citazioni". I riassunti sono altra cosa. Ciò premesso, nessuno ha pretesa di "corregge" i critici che approntano le note di copertina, men che meno i musicisti stessi che parlano delle loro musiche. Semmai, previo lettura delle frasi degli stessi integrali e non "interpretate" da chi le riporta senza citare, non è dato sapere in che modo non avendo a disposizione gli originali, anche il semplice ascoltarore che abbia frequentato assiduamente ed approfonditamente il jazz nel corso di numerosi decenni potrà dire la sua in disaccordo con il critico, motivando la sua opinione - a sua volta opinabile, condivisibile o meno -  il quale pur nella sua indiscussa autorevolezza non è pur sempre il vangelo indiscutibile della critica musicale.

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