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Melius Club

Lo Stato Del Vinile [Parte Seconda...]


Messaggi raccomandati

Inviato

Classic Records ristampò anche Gettin' Into Somethin' se non sbaglio.

Inviato

Boh... Mi sembrava di averlo visto da qualche parte ma non ricordo dove.

Vabè, in ogni caso... Sono buonissimi ascolti. 

  • 2 settimane dopo...
Inviato

 

Eartha Kitt – Bad But Bautiful – Verve (1962) – AAA (quasi certamente…) - Verve By Request (2023)
Recensione alla veloce per chi proprio non mi sopporta: un’altra occasione mancata di questa serie Verve By Request. Peccato perché la Kitt è bravissima.
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Mi ero ripromesso di non acquistare più uscite della serie Verve By Request, dopo aver ascoltato The Awakening di Hamad Jamal, un disco da quasi dieci di voto artistico ma stampato con i piedi.
Siccome mi piace Eartha Kitt ho fatto un’eccezione. Gli ho dato la classica seconda possibilità però questa è l’ultima, giuro.
Due anni prima del momento in cui Hampton Hawes ascoltò Eartha Kitt alla radio, non avendone mai sentito parlare, nel ritornare a casa dopo aver trascorso un anno in carcere (vedi il thread “Un Legnetto In Una Cascata: Hampton Hawes"), la cantante, attrice e show-girl Eartha Mae Keith si imponeva all’attenzione del pubblico americano, cantando nello Leonard Sillman’s New Faces, che spopolava a Broadway.
Il Verve in questione si intitola Bad But Beautiful e mai titolo fu più azzeccato: “Cattiva Ma Bellissima”. In effetti la splendida Eartha aveva uno sguardo mefistofelico, forse per questo fu scelta per interpretare la parte di Catwoman nel Batman televisivo.
Ma la cosa più notevole di Eartha era senza dubbio la voce. Capace di un’estensione da cantante lirica, mobilissima, con un timbro torrido e sensuale, la Kitt era incline alla recitazione, per cui spesso modificava il tono in quello di una bambina o di un altro personaggio inventato lì per lì. Questa sua capacità camaleontica di alterare la voce le valse il ruolo di doppiatrice in alcune produzioni animate Disney. Lo stile canoro derivava da quello francese; in lei vi era una chanteuse sempre in agguato, sia che cantasse in Francese che in Inglese (la Kitt parlava anche il tedesco e lo spagnolo).
Bad But Beautiful è un lavoro notevolissimo, in cui le doti canore e teatrali della nostra bellla chanteuse raggiungono il loro culmine. Benissimo realizzati gli arrangiamenti, a comporre dei classici del genere Swing e Latino. Accanto ad una formazione più prettamente jazzistica, con fiati, pianoforte, basso e batteria, vi è l’intervento in taluni brani degli archi e dell’arpa, sebbene in maniera discreta e sempre coerente. L’apice si raggiunge con la notissima Diamonds Are A Girl’s Best Friends, declinata in stile Swing. Peccato duri soltanto due minuti.
Ottima la registrazione di Val Valentin, storico ingegnere del suono Verve, un autentico fuoriclasse, poi passato alla Pablo (diotiringrazio!). Voce avanti con un pizzico di riverbero e tutto il resto alle sue spalle. Bilanciamento da manuale, trasparenza e dinamica come nelle migliori famiglie audiofile.
Lo consiglierei volentieri, perché si ascolta che è una favola, se non fosse che la qualità della stampa vinilica è al di sotto dei miei standard.
A parte l’eccessivo rumore di fondo, che un profondo lavaggio ha solo in parte risolto, l’ultimo brano del lato B, che non è nemmeno inciso troppo vicino all’etichetta (il che poteva eventualmente servire da scusante) distorce in maniera oscena. Anche in Diamond’s Are A Girl’s Best Friends ci sono disturbi strani. Non so se le distorsioni siano presenti nel nastro master (mi sa di no…), certo è che il vinile rumoreggia un po’ troppo, esattamente come quello di The Awakening. Copertina semplice, in cartoncino sottile.
Se lo volete comperare cercate di pagarlo il meno possibile.
A me è costato 20 Euro su IBS, ma complessivamente non li vale.
Voto artistico: 10
Voto tecnico: 9 +
Voto alla confezione ed alla stampa vinilica: non ci siamo.
Alberto.

 

  • 2 settimane dopo...
Inviato

 

Bud Powell – The Amazing Bud Powell Vol.1 - Blue Note (1952) – AAA Blue Note Classic (2024)
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Recensione alla veloce per chi legge solo il titolo e poi va d’intuizione: non lo consiglierei come primo disco del grande Powell.
Se c’è un pianista che amo in modo particolare è Bud Powell, del quale possiedo parecchi dischi, e che ha contribuito in maniera determinante alla formazione di quel modo jazzistico chiamato Be-Bop. Quindi al Jazz.
The Amazing Volume 1 contiene registrazioni monofoniche, originariamente incise su acetati, risalenti agli anni 1949 e 1951 e va preso in considerazione come completamento della propria discoteca dedicata al grande pianista.
Non che suoni male, anzi. Il rumore degli acetati è molto attenuato, non ci sono distorsioni evidenti e considerata l’età del master l’ascolto offre un’esperienza sonora di tutto rispetto, trasparente, compatta e sorprendentemente dettagliata.
Ad affiancare il pianista vi sono varie star come Sonny Rollins, Max Roach, Roy Haynes e Fats Navarro. Si va dall’esibizione in puro stile Jam Session al Hard-Bop ante-literam.
Il disco apre con ben tre versioni di un brano scritto da Powell, Un Poco Loco. Le tre riprese diminuiscono in complessità, con la prima più moderna e l’ultima (quella chiamiamola così: “Ufficiale”) più classica.
Sono strettamente collegate fra loro e formano una specie di lunghissima suite (che occupa più della metà del lato A), con variazioni Bop, Latino e Hard Bop (nel 1951!) dello stesso (semplice) tema. Ci tengo a quest’ultima notazione, poiché in alcuni pezzi si ascolta con quindici anni anticipo ciò che sarà il Bud Powell degli anni ’60, già formato e definitivo. Voglio dire che nel 1951 Powell aveva già sviluppato a pieno il suo stie ed anzi era parecchio in anticipo sui tempi. Forse il disco include troppi brani (ben 12, incluso un brevissimo pezzo per piano solo); probabilmente è per questo motivo che Parisian Thoroughfare, che chiude il Lato B, s’interrompe bruscamente e senza la minima logica durante l’assolo del bassista Curly Russel. In The Amazing Vol.1 troviamo il Be-Bop da jam session in stile parkeriano; è un disco che consiglio soltanto a chi ha già altri lavori, più maturi (e meglio suonanti) del grande pianista, come The Scene Changes, Time Waits, Bud!, ecc.
Non che The Amazing Vol.1 non meriti il massimo dei voti, stiamo sempre parlando di uno dei più grandi pianisti della storia del Jazz, ma dovendo comporre una scala di priorità non si colloca ai primi posti.
Pagato su 24 Euro su Amazon.de.
Voto artistico: 10.
Voto tecnico: 8.

 

Gaetanoalberto
Inviato

@OTREBLA Io mi sono confuso al decimo rigo e sono saltato al melius per l'impegno.

In questo forum servirebbe una sezione per gli acefali.

Inviato

E' un forum per audiofili, pertanto la sezione specifica è inutile.

Mi diviene inutile, mi diviene...

Alberto.

 

Inviato

Melius perché finalmente ti leggo recensire dischi posteriori al 1950. Di artisti non solo ancora in vita.... ma addirittura giovanissimi in piena carriera.

Ora... la prossima volta mi aspetto che i dischi del 2024, o del 2023, li segnali anche nell'apposito 3d "i migliori....".

Lo so... Forse è una richiesta eccessiva.

Però...

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PS.

La ragazza è molto brava.

Inviato

 

Seconda Domenica dedicata alla terna delle “Voci Del Destino”.
Si va in Spagna con un disco che non so neppure se sia ancora disponibile. 
Rita Payés e Elisabeth Roma – Imagina DAA - Vinile autoprodotto (2022)
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Recensione alla veloce per chi ne ha già piene le scatole di me e delle mie recensioni alla veloce: e brave le catalane, madre e figlia.
Sono arrivato un po’ tardi; non sapevo che dopo Como La Piel, Rita Payés nel 2022 fosse uscita con un altro album, della cui esistenza mi sono accorto soltanto poche settimane fa, visitando il sito della cantante. L’ho quindi acquistato direttamente dal sito medesimo, pagandolo 24 Euro con spedizione; ne ho presi due, uno per me e uno per il mio portinaio, che faceva le pulizie alla Spectre (poi l’han mandato via perché dice che rubava…); questo signore ha messo su un business di sotto dei sottovasi artistici (che siano artistici è una sua opinione…), che realizza proprio con i dischi in vinile. Il sotto del sottovaso è quell’affare che uno mette sotto ad un sottovaso. Quindi ci va il vaso (con la pianta) il sottovaso (con l’acqua) ed il sotto del sottovaso. Ecco, lui i sotto dei sottovasi li fa “artistici”, utilizzando i dischi in vinile.
Spero di essermi spiegato.
Imagina è un disco che non poteva che essere autoprodotto. Chitarra e voce…chi diamine te lo produce un disco per sole chitarra e voce?
Tra l’altro è una bella sfida perché diciamocelo, se vuoi che la chitarra sia sostenuta dalla voce (non è mai il contrario, a differenza di ciò che si potrebbe pensare) ci vuole una voce piena di armoniche, strumentale per così dire; alla Chet Baker o Ella Fitzgerald. Una voce che diviene essa stessa strumento musicale. Insomma ci vuole un bel coraggio.
Inoltre è necessario che il chitarrista sia perlomeno…quantomeno dico…un fuoriclasse!
Eh be’…vuoi fare chitarra e voce, chiama Joao Gilberto, come minimo.
Altrimenti non funziona.
La mamma di Rita Payés, al secolo Elisabeth Roma, come se la cava alla chitarra? Se la cava alla grandissima. Non sarà Joe Pass, non sarà Josè Feliciano, però ragazzi questa donna suona…e gliele suona…
Aggiungeteci un pizzico di trombone, qualche percussione buttata qua e là, un intervento fugace alla tromba, e Imagina finisce per convincere anche me, che di solito mi tengo ben alla larga dai dischi in duo.
Merito certo di mamma Payés, ma soprattutto è merito della seconda voce della mia terna; di spessore, fresca e avvolgente come le onde di un mare caraibico a pochi metri dal bagnasciuga. La giovane catalana fa letteralmente per tre, arricchendo di armoniche e dinamiche gli arpeggi della madre. Motivi della tradizione brasiliana (Jobim, Buarque, Pixinguinha) ed iberica, più lo standard If The Moon Turns Green (portato al successo da Billie Holiday) sono i piatti del menù.
Un album crepuscolare, questo Imagina, col suo lento procedere, improntato sulla forma della ballata popolare.
Da un vinile autoprodotto non ci si aspetterebbe granché sotto il profilo sonico; invece Imagina è registrato benissimo, meglio di Como La Piel, che pure non è registrato male; la bella voce di Rita si staglia in primo piano, completa e naturale; chitarra, trombone, tromba e tamburo ripresi altrettanto bene. Vinile con qualche rumorino sparso ma pazienza.
Confezione essenziale e spartana che più essenziale e spartana non si può. Perlomeno c’è la busta foderata all’interno.
Senz’altro consigliato.

By the way, la ragazza è da poco uscita col suo nuovo album De Camino Al Camino.
Voto artistico: 9 +
Voto tecnico: è digitale…quindi…9 +.
Alberto.

 

  • Melius 1
  • 2 settimane dopo...
Inviato

Leggere da te una recensione di Samara Joy non ha prezzo! :classic_biggrin: 

Hai ascoltato anche l'ultimo, Portrait? 

Gaetanoalberto
Inviato
1 ora fa, OTREBLA ha scritto:

com'è?

Carino. Voto artistico 8 e 1/2, Voto  tecnico 8++.

Ti si aspetta con gli improperi ne "ai confini del jazz"

  • 2 settimane dopo...
Inviato

 

Harold Vick – Steppin’ Out – Blue Note 1963 – AAA Blue Note Tone Poet (2024)
Recensione alla veloce per chi è già stanco di leggere: mancherebbe un niente per dargli 10.
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Harold Vick nacque nella stessa città che diede i natali a Thelonious Monk: Rocky Mountain in Nord Carolina.
E’ lo zio Prince Robinson, apprezzato sassofonista, a regalargli un clarinetto quando Harold compie 13 anni. Tre anni dopo il giovane Vick passa al sassofono tenore, siccome però non si fida delle possibilità di fare carriera nel mondo della musica, terminate le scuole superiori pensa bene di costruirsi un’alternativa e si laurea in psicologia.
Durante gli anni all’università ottiene il suo primo ingaggio da Rick Henderson, che dirige l’orchestra stabile del teatro Howard di Washington. L’esperienza di una big band lo rende più preparato e sicuro di sé, confermandolo nella decisione di dedicarsi esclusivamente alla musica. Dopo alcune collaborazioni in gruppi rhythm-and-blues, entra nell’orchestra del cantante Lloyd Price, la quale include l’organista John Patton, che all’epoca suonava il pianoforte. In seguito Vick si unisce al gruppo dell’organista Jack McDuff e conosce Grant Green.
E proprio a questo periodo che risale Steppin’ Out, che include oltre a Grant Green (alla chitarra), Blue Mitchell alla tromba, Ben Dixon alla batteria ed infine colui che divide il merito dell’ottima riuscita del lavoro, assieme alle composizioni ed agli arrangiamenti dello stesso Vick. In effetti in Steppin’ Out i due elementi vincenti sono le notevoli qualità del Vick autore (cinque brani su sei sono suoi) nonché la verve e il costante tappeto armonico dell’organista John Patton, col quale Vick aveva già collaborato nell’eccellente Along Came John (Blue Note BST84130 ), registrato solo un mese prima di Steppin’ Out. Il sassofono di Harold Vick è chiaro, alla Coltrane, con le tipiche note allungate del suo stile, sebbene il tocco sia più morbido, dolce e blues. Grant Green interviene con dosati ma efficaci assoli di chitarra, così come fa la tromba di Blue Mitchell, e Ben Dixon assicura una solida ritmica. Le composizioni, a parte lo standard Laura, variano da soul-funk con accenti Rock, al Bop, alla ballad su due tempi, al Blues. Si tratta di motivi graziosi e ben arrangiati.
Tutti lavorano comodamente sopra uno spesso mantello di note che sorregge l’intera esibizione, come gli stralli d’acciaio sorreggono un ponte, impedendo qualunque cedimento: mi riferisco al lavoro dell’organista John Patton, onnipresente; Patton pompa inesauribile benzina armonica e ritmica dal suo organo Hammond, rivelandosi indispensabile per l’eccellente risultato d’insieme.
Il contributo dell’organista è in questo caso determinante.
Ottima la registrazione che tiene anche a volumi non proprio da condominio. L’organo, difficile da riprendere nella sua completezza, emerge benissimo, inclusa la pedaliera che di solito viene resa un po’ impastata. Immagine avanzata, ottima la trasparenza di sax, tromba e batteria, giusto il bilanciamento. Ho percepito un accenno di distorsione, poca roba, sull’ultimo brano. Il vinile RTI è silenzioso al 90%.
Manca giusto quel quid a renderlo assolutamente perfetto ma ci si avvicina molto.
Pagato 34 Euro su Amazon.it.
Voto artistico: 9 1/2
Voto tecnico: 9 1/2

Alberto.

 

Inviato
Il 27/10/2024 at 13:51, OTREBLA ha scritto:

nel 1951 Powell aveva già sviluppato a pieno il suo stie ed anzi era parecchio in anticipo sui tempi. Forse il disco include troppi brani (ben 12, incluso un brevissimo pezzo per piano solo); probabilmente è per questo motivo che Parisian Thoroughfare, che chiude il Lato B, s’interrompe bruscamente e senza la minima logica durante l’assolo del bassista Curly Russel. In The Amazing Vol.1 troviamo il Be-Bop da jam session in stile parkeriano; è un disco che consiglio soltanto a chi ha già altri lavori, più maturi (e meglio suonanti) del grande pianista, come The Scene Changes, Time Waits, Bud!, ecc.
Non che The Amazing Vol.1 non meriti il massimo dei voti, stiamo sempre parlando di uno dei più grandi pianisti della storia del Jazz, ma dovendo comporre una scala di priorità non si colloca ai primi posti.
Pagato su 24 Euro su Amazon.de.
Voto artistico: 10.
Voto tecnico: 8.

 

Le scale di priorità assolute od univoche riguardano in genere le competizioni sportive, in campo artistico non si gareggia, non v'è podi primi, secondi e terzi o più da riempire. Capitavo per caso attratto dal nome di Bud Powell che mi è tanto caro e vorrei semplicemente ipotizzare che il poderoso album "The Amazing Vol. 1" non vada disgiunto dalle altre registrazioni "Amazing Bud Powell" le quali tutte insieme organicamente, in stretta continuità,  occupano lo stesso gradino situato ai livelli più alti della scala del jazz "moderno". Assegnargli un 10 punti di valore artistico diventa obbligatorio se non anche limitate poichè  potrebbe forse valerne 10 + 10, tot. 20: l'arte riserva molte sorprese, allergica alle etichette con i prezzi imposti, si presta più volentieri alle molteplici valutazioni argomentative di merito critico non già "numerico".

Con il The Amazing Vol. 1 , idem con gli altri dischi della serie, forte della rivoluzionaria esperienza del be bop di cui fu indiscusso co-protagonista creatore, Bud Powell non si limita a ricalcare lo stile e gli "schemi" delle jam session parkeriane che il pianista invero supera ed in una riafferma nel processo evolutivo della sua personale maturità musicale tesa inoltre a conferire maggiore universalità di respiro, di forma e di espressione, al "genere"

Per tale ragione ritengo che The Amazing Vol. 1 sia un disco fondamentale e inaliebabile ai fini della conoscenza del "nostro", adatto a tutti i conoscitori appassionati di jazz che abbiano altri dischi del pianista o che non ne abbiano, un passaggio discografico obbligato per chi voglia iniziare a conoscere, ad approfondire meglio l'opera di uno dei più grandi musicisti, pianista e compositore, del jazz e dell'altra musica novecentesca.

La qualità fonica del disco è un particolare secondario e comunque più che appropriato ai fini di un soddisfacente e pieno ascolto musicale. Mias pèersonalòe opinione, i voti non possono rappresentare nulla.

 

The Amazing B.P. vol. 1

The Amazing B.P. vol. 2

The Amazing B.P. vol. 3 - Bud!

The Amazing B.P. vol. 4 - Time Waits

The Amazing B.P. vol. 5 - The Scene Changes

 

 

 

Inviato

 

Herbie Nichols Trio (Blue Note 1961) – AAA Blue Note Tone Poet (2024)
Recensione alla veloce per chi va di fretta perché il tempo è denaro (infatti io non ho una Lira): Thelonious Monk a questo gli avrebbe dovuto fare la denuncia per plagio…
O no?
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Per prima cosa vi devo dire che l’ho pagato 11 Euro su IBS.
Con lo sconto fedeltà, cliente platino e diamanti?
Manco per niente. Era proprio in vendita a 11 Euro, per tutti (si fa per dire, c’era una copia sola…).
Vai a sapere per quale cavolo di motivo.
Vedete un po’ voi se dovevo lasciarlo lì.
Anche perché, se vi devo dire la verità...non compero più i Tone Poet. D’altra parte continuano ad uscire cose stupende del genere che io prediligo, il Jazz tra i ‘50 ed i primi ‘60, per le serie OJC Craft, Analogue Productions ed Acoustic Sounds. Non da ultimo i prezzi dei Tone Poet si sono alzati parecchio ed io non posso comperare tutto. Se devo sborsare 38 Euro (con lo sconto), preferisco orientarmi verso altro. In definitiva delle uscite 2024 ho acquistato due sole ristampe Tone Poet, tra cui appunto il disco in esame.
Detto ciò, qui c’è gente che scopiazza.
Ho ritrovato lo stesso Herbie Nichols del Blue Note Classic The Prophetic, (Blue Note Classic 2023). Anzi forse pure migliore di quello (che ho in ogni caso apprezzato). Ho ritrovato la stessa sfacciata derivazione monkiana.
Nelle note di copertina è lo stesso Herbie Nichols, all’epoca trentasettenne, a tracciare una sua breve biografia. A nove anni inizia lo studio del pianoforte classico ed è durante le scuole medie che scopre il Jazz. Nichols cita molti grandi della musica ai quali dice di dovere l’ispirazione: Bach, Chopin, Villa Lobos, Bartòk, Art Atum e Duke Ellington, e naturalmente Thelonious Monk. In effetti appena si appoggia la puntina sul disco compare dal nulla una grande scritta luminosa sopra al giradischi, che inizia a fluttuare per la stanza: “Thelonious Monk Trademark”.
Nelle composizioni di Herbie Nichols c’è proprio il medesimo tipo di ricerca della dissonanza e passo ritmico del genio di Rocky Mountain. Ma Mister Nichols è abbastanza scaltro e capace da proporsi in maniera comunque diversa, poiché ricava la melodia da una tradizione di vecchia Broadway, di vecchio standard, che rende le sue composizioni molto meno complesse di quelle di Monk, caratterizzandole in maniera differente, più immediata e facile. Inoltre Nichols torna spesso sul tema: improvvisa e torna sul tema, nuova improvvisazione e nuovo ritorno sul tema, e così via.
Questa continua scansione improvvisazione-tema, veloce e reiterata, diventa una sorta di forma ritmica.
Molti brani si chiudono in maniera netta ed improvvisa, quasi che il tecnico del suono si sia divertito a tagliare il nastro con la forbice. In realtà si tratta di una scelta stilistica, la firma del pianista. Il quale è il protagonista assoluto del disco, mentre Al McKibbon al contrabbasso (o Teddy Kotick in alcuni brani) e Max Roach alla batteria si limitano ad accompagnare (molto bene).
Lo stile improvvisativo di Nichols deriva da Bud Powell, lo stile compositivo da Monk, lo stile complessivo è qualcosa che si stacca da entrambi. E’ Musical moderno.
Ogni composizione viene precisamente illustrata dallo stesso Nichols. Ad esempio Wildflower, terzo pezzo del Lato B, racconta la storia di una ballerina alle prime armi, un diamante grezzo, che nel passare per strada accanto ad uomini in estasi, sprigiona la promessa presente e futura di tutto il suo fascino. Terpsichore (musa della danza) è dedicata a Teddy Hale, famoso ballerino di Tip Tap, e difatti il brano richiama esattamente quel tipo di ballo. Spinning Song, che apre il lato B, racconta le vite di tutti noi, tra alti e bassi, sogni di gloria e Blues.
Herbie Nichols Trio coinvolge, si fa ascoltare senza fatica e con molto piacere.
Registrazione monofonica, tipo cioccolatino alla nocciola, caratteristica degli anni ’50, sebbene a conti fatti il risultato sonoro non paia risalire al 1956. Forse soltanto il contrabbasso risulta un po’ impastato, mentre pianoforte e batteria emergono con nitidezza e pulizia. Un veloce confronto con The Prophetic, registrato un anno prima, mi fa preferire quest’ultimo, per maggiore completezza armonica. E questo è paradossale. Comunque la registrazione di Herbie Nichols Trio, per via della veneranda età, vale per quanto mi riguarda il massimo dei voti e poi a me ‘ste registrazioni anni ’50, col loro portato di morbidezza e tepore, piacciono da matti.
Voto artistico: 9 +
Voto tecnico: 10

 

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