OTREBLA Posted March 25, 2021 Share Posted March 25, 2021 Arieccoce... Con grande rammarico riapro questo mio thread del precedente Forum, andato in fumo, e ricomincio da capo a segnalare dischi in vinile di nuova produzione e meritevoli di attenzione sotto l’aspetto della registrazione ma non solo. O per meglio dire “Ricomincerei” se avessi vinile da segnalare. Non volendo però lasciare vuoto il thread, ho deciso di parlare di due uscite abbastanza recenti, anche se non sono proprio da Stato Del Vinile...visti i tempi di magra ci dobbiamo accontentare. Si è tanto discusso nel forum del fenomeno Greta Van Fleet, non mi sembra però siano mai stati recensiti i vinile dei fratelli Kiszka. From The Fires è il secondo album del gruppo, pubblicato nel Novembre 2017; oltre ai quattro brani originali, contiene le quattro tracce dell’album d’esordio, Black Smoke Rising, pubblicato pochi mesi prima, nell’Aprile 2017; cosicché comperando From The Fires vi viene dato in omaggio anche Black Smoke Rising. Entrambi gli album sono definiti Extended Play, per via della ridotta durata (sebbene From The Fires, includendo le quattro tracce di Black Smoke Rising, finisca per durare quanto un album normale). From The Fires è stato stampato su vinile nel 2018 dall’etichetta newyorchese Republic Records. La copia in mio possesso è una stampa americana, ignoro se esistano stampe di provenienza diversa. L’ho pagata 22 Euro su Dodax.fr. . . . Circa la confezione, si tratta di una tipica produzione corrente, complessivamente basica. Basica la copertina singola, basico e triste l’inserto interno (che però almeno c’è), basica la qualità della stampa vinilica, senza infamia o particolare lode. Busta interna bianca non foderata...quindi basica anche lei. Il vinile leggermente imbarcato e non silenziosissimo pesa 143 grammi. Registrazione eseguita in Michigan (di dove sono originari i Greta Van Fleet), presso i Rust Belt Studios di Royal Oak, tecnico del suono Al Sutton, missaggio di Marlon Young. Il master digitale è stato riversato da Joe Nino-Hernes degli studi Sterling Sound di New York. E questa è un’ottima notizia. Mi aspettavo il solito suono compresso, da file digitale...prendi quello lì...Quale? ce n’è una pila qua...Quello che ti pare, uno di quelli lì...Dici questo dove c’è scritto a penna “Capelloni Che Rifanno I Led Zeppelin?”...Massiiì uno qualunque, anche quello sotto tanto è uguale, capirai ci devono stampare il vinile...Vorresti dirmi che 'sti quattro capelloni pubblicano pure in vinile?...Pare di sì...’Mazza che megalomani... E invece no, il disco suona bene, abbastanza dinamico e definito. Una bella timbrica, ambrata, tutto sommato niente male. . E veniamo ad Anthem Of The Peaceful Army (L’Inno Della Pacifica Armata) – Republic Records - 2018; . . . Terzo disco ad uscire sul mercato, e primo album ufficiale della band, pagato 15 Euro su Dodax.fr. Il vinile è leggermente più pesante, attestandosi sui 167 grammi. La stampa europea risulta molto silenziosa e ben piatta. Ancora una volta l’Europa batte gli Stati Uniti uno a zero. La busta interna bianca è foderata col polietilene. Inserto a foglio unico come nel disco precedente. Tutto uguale sotto il profilo tecnico: Al Sutton registra, Marlon Young mixa, e Ryan Smith dello studio Sterling Sound riversa su lacca. Il Lato A suona molto più costretto e ovattato del Lato B, evidentemente si tratta di due registrazioni diverse. Comunque nel complesso direi che From The Fires e Anthem Of The Paceful Army meritano entrambi attenzione. Tutte le canzoni sono state scritte dai fratelli Kiszka, tranne due. A me sono piaciute e trovo che questi ragazzi siano parecchio bravi, compreso il batterista Danny Wagner, l’unico a non far parte della famiglia Kiszka. Voto artistico 7 1/2 Voto tecnico 7 + Avrei finito, ma non sono soddisfatto. Una segnalazione nello Stato Del Vinile dovrebbe essere più di sostanza delle due precedenti. Pazienza...è andata così. Alberto. 1 Link to comment Share on other sites More sharing options...
OTREBLA Posted March 25, 2021 Author Share Posted March 25, 2021 Momento! Mi dicono dalla regia che in effetti qualcosa ci sarebbe. Perché solitamente quelli della regia dormono, ma ogni tanto si svegliano e mi mandano giù qualcosa. Qualcosa cosa? Qualcosa di affascinante. Qualcosa di stonato. Qualcosa di canadese. E’ lei è non è lei? Cerrrrrrrrrto che è lei! E’ TORNATA LA BIONDONAAAA! . . . . . Diana Krall – This Dream Of You – Verve - 2020 Pagato 23 Euro su Amazon.it. Che vi devo dire… Due dischi 180 grammi, stampati nella caverna di Batman, perché sono assolutamente perfetti. Ascoltando il lato A ho pensato che mi avessero dato una fregatura, e sono andato a controllare se la versione in mio possesso fosse davvero quella vinilica, o una qualche diavoleria di CD imitazione vinile. Perché non fa un crick nemmeno se lo preghi in ginocchio. Fortunatamente sugli altri lati qualche tic sporadico si è sentito e mi sono tranquillizzato. Copertina doppia non laminata e niente inserti all’interno (non sarebbe proprio da Stato Del Vinile eh 'sta copertina...però dai, passiamogliela...). Credo che i due padelloni siano di provenienza Optimal, per via delle buste bianche foderate col polietilene, un po’ flosce, tipo mutanda con l'elastico andato, tagliate agli angoli, tipiche di questa stamperia. Il lavoro è molto ben realizzato e si ascolta che è un piacere. Alterna ballads a brani più mossi, nel solito Jazz d’atmosfera della Krall, con la sua solita voce da crooner; tanti ospiti (Russel Malone, Christian McBride, John Clayton, Marc Ribot…) più un’orchestra d’archi (molto discreta, pressoché invisibile). Le canzoni sono arrangiate in maniera superba. Circa la registrazione, che devo dire? Azz…! Intendiamoci, i dischi della Krall sono sempre stati registrati bene, quindi nulla di nuovo, però This Dream Of You è proprio un esercizio di bravura in quanto a presa del suono. E’ fantastico. Una ripresa audiophile, probabilmente digitale, di prima classe. Sentirete che resa, il corpo sonoro, la timbrica, la dinamica. E poi la biondona è la biondona. Voto artistico 8 + Voto tecnico 9 1 1 Link to comment Share on other sites More sharing options...
OTREBLA Posted May 3, 2021 Author Share Posted May 3, 2021 Zàz zarà zàz Zàz zarà zàz Zàz zara zaràz zàz zara zàz Ogni volta mi salta alla mente sempre la stessa canzone di Paolo Conte, qui nella versione jannaccesca: . https://www.youtube.com/watch?v=XRJKLkkxO8s&ab_channel=AlaBiancaGroupsrl . Ma in questo caso Bartali non c’entra niente. Nella mia ricerca compulsiva di vinile, ogni tanto m’imbatto in gente che prima di quel momento mi era del tutto sconosciuta, e scatta il colpo di fulmine. Perché io sono un romantico della vecchia scuola (e d’altronde trovatemi una scuola in Italia che non sia vecchia). Un po’ è il vinile che c’ha quella sorta di stregoneria...che non so spiegare...una specie di fascino incantatore...di potenze e cabale misteriose, arcane e…. argatto. Ma sto divagando, come sempre. Non è colpa mia, è che da piccolo, come diceva Totò, c’ho avuto la meningite. Per giunta sono nato in un anno bisestile, quindi…sono bisestitico. So che mi capite e non proseguo oltre. Signori cari, per l'État Du Vinyle nuovo corso (dopo l’abbruciamento del server), ovvero sotto tono e con poche pretese, stavolta si va dai cugini d’oltralpe e si fa la conoscenza Isabelle Geffroy, classe 1980, in arte: ZAZ. Cantautrice, polistrumentista, corista, diplomatasi al conservatorio di Tours, sua città natale, all’età di ventuno anni ZAZ fa il suo debutto sulla ribalta jazzistica d’oltralpe e nove anni dopo, nel 2010, pubblica il primo disco omonimo che la proietta immediatamente sulla scena musicale internazionale. Lo stile accattivante, impasto di pop, funk, tradizione francese e Jazz Manouche, seduce un pubblico parecchio trasversale, grazie anche alla particolare voce dal timbro caldo e sabbiato, che evoca il sole della Costa Azzurra. ZAZ in effetti ha un voce stupenda ed è per questo motivo che mi ha conquistato; assomiglia, alla lontana, alla quella della cantante italiana Siria, con un fondo graffiato ma dolce. Qui di seguito potete vedere fotografati nell’ordine: ZAZ 2010 (EAN 0190295589578) pagato 22 Euro su Discogs. RECTO VERSO 2013 versione nera (EAN 5099901969214), pagato 32 Euro su Discogs. Ne esiste anche un’edizione limitata con i due vinile di colore rosso e blu (EAN 888837339810). Infine ne esiste un'inutile () versione chiamata Deluxe, con DVD, CD ed LP (nero, codice EAN 88883723362). EFFET MIROIR 2018 edizione limitata con i due vinile di colore turchese (EAN 0190295580858), pagato 32 Euro su Discogs. Ne esiste anche una con doppio vinile nero (EAN 0190295548834). Notate che su Recto Verso il titolo del disco non compare da nessuna parte. . . . . . . . . . . Molto belle le etichette di Recto Verso. Tutti i dischi sono stati stampati su vinile 180 grammi per la Warner Music. Stampe pulite ed abbastanza silenziose. Il lato C/D di Recto Verso è leggermente ondulato (putt...), ma ciò non inficia l’ascolto. C’è un’ampia varietà di studi di registrazione citati tra le note tecniche dei vari lavori, ben otto diversi studi in Recto Verso ed Effet Miroir. A dispetto di ciò la qualità generale è elevata. I dischi di ZAZ sono registrati inaspettatamente bene, come mi piacerebbe fossero sempre registrate le cantanti di talento. Quindi se vi piace la ragazza mi sento di consigliarvela anche dal punto di vista tecnico. Volendo prendere un solo disco consiglio Recto Verso. Qua sotto ZAZ canta un classico di Brassens in coppia con Jeanne Cherhal, altra esponente del cantautorato francese contemporaneo. Viva i pazzi audiofili. Alberto. . 1 Link to comment Share on other sites More sharing options...
Popular Post OTREBLA Posted May 27, 2021 Author Popular Post Share Posted May 27, 2021 Benritrovati! Per Lo Stato Del Vinile mi sono ripromesso di segnalare soltanto dischi non audiophile, di conseguenza i due dischi che seguono sarebbero totalmente abusivi. Anzi, togliamo pure il condizionale: sono totalmente abusivi. Siccome però la parola audiophile sui dischi non compare da nessuna parte, faccio finta che non lo siano e ve ne parlo, giusto per divagarci un po’ (so che vi piacciono le mie divagazioni, anche se non lo ammettete apertamente perché siete dei timidoni!), e per introdurre una casa discografica abbastanza sconosciuta ai più. Esercizio del tutto inutile, poiché credo che detta etichetta sia inevitabilmente destinata a ricoprire un ruolo molto marginale nel mercato discografico; più di nicchia del solito, parlando di stampe di qualità. Diciamo la nicchia della nicchia. Dunque procediamo, premettendo la premessa. Il cinquantanovenne direttore d’orchestra, diplomato sassofonista ma dedito preferibilmente al contrabbasso, nonché barcellonese Joan Chamorro, fondatore della Sant Andreu Jazz Band, è noto per essere stato il pigmalione della stellina dell’attuale scena Jazz europea, la cantante e trombettista Andrea Motis. Nondimeno l’opera di Chamorro si è spinta oltre la bella e brava Motis, e dalla sua Sant Andreu Jazz Band sono uscite la cantante e trombettista Alba Armengou (votata particolarmente al repertorio brasiliano) e la trombonista e cantautrice Rita Payés, che quanto a scelte artistiche si colloca a mezza via tra la Motis e l’Armengou. Para la buena suerte la ventiduenne (è nata nel 1999) catalana Rita Payés, a differenza delle colleghe, ha scelto di affidarsi per i primi due suoi album ad una casa discografica “no compromise”, ed io non mi potevo esimere dall’impossessarmi dei suddetti vinile, anche se ciò ha comportato l’esborso di una certa cifretta, che si è rivelata più alta che bassa, sfiorando i 116 Euro per soli due 33 giri, senza nemmeno un omaggio accluso: che so una bottiglia d’olio di quello buono, una candela profumata o un set di lenzuola matrimoniali...niente. Azz… A’ ri-...azz… E me lo dico da solo. Perdonatemi perché ho peccato! Dopo tanto professare moderazione nelle spese viniliche, ho mancato ai miei sacri principi. Voglio essere punito! Invoco le leggi suntuarie (questa per i più colti)! 116 Euro! Non potevo evitare? Certo che potevo. Con 116 sacchi comperavo tre Tone Poet di quelli che mi mancano, o cinque Lp normali. E allora che accidenti mi è passato per la testa (vuota)? Dottore, non ero io! La mia famiglia non mi ha riconosciuto! Non so cosa mi sia successo dottore! Io e il mio medico stiamo indagando! Io sto indagando su me stesso dottore! (cit. Cotticelli, l’ex commissario alla sanità della regione Calabria). Tornando alla Payés, ho acquistato i due suoi 33 giri di produzione giapponese, pubblicati dalla Venus Records. Ecco lo sapevo! Quando ci sono di mezzo i giapponesi agli audiofili tocca pagare otto volte il normale! Non capisco cos’hanno, quale maledizione grava su ‘sti vinile giapponesi, che bisogna rovinarsi per averne uno! Che poi chi ci capisce qualcosa, è tutto scritto in giapponese! Antico! Porcadiquellaputt...! E scusate il giapponesismo! Vorrei invitarvi a sottoscrivere un petizione da depositare presso l’ambasciata giapponese in Roma, che rechi i sensi del più vivo disappunto della comunità audiofila italiana (oddìo, comunità...), verso l’industria vinilica del sol levante, che ci mette i bastoni di tra le ruote. E sottolineo di. Adesso qualcuno mi spieghi per quale ragione non possiamo avere in Italia vinile giapponesi a volontà. Importiamo tonnellate di carabattole dal Giappone, per quale motivo non possiamo importare in massa anche i vinile? Io lo chiedo a voi che siete più intelligenti di me. Perché diciamocelo, uno che spende 116 Euro per due 33 giri tutto si può dire meno che sia intelligente. E come dicono gli spagnoli, se non sei intelligente…nunca vas a comprender (non capirai mai). Ma insomma, com’è ‘sta Rita Payés ventiduenne? E’ molto brava. Coadiuvata da eccellenti musicisti, la Rita seduce con una voce da bimba imbronciata e le improvvisazioni al trombone. Voce abbastanza singolare quella di Rita Payés (manco a dirlo); non è particolarmente potente, però affascina. La trombonista neppure è tutto ‘sto portento, tuttavia continua ad incantare. A questo proposito avverto lorsignori che trattasi di Jazz per audiofili, vale a dire piuttosto classico. This is my thing, come dicono gli anglosassoni: questo è pane per i miei denti. Proprio perché molto classico è il genere di Jazz che se non ci profondi mestiere e chirugica attenzione, il banale ed il scontato ti aspettano dietro l’angolo (oddìo scontato, 116 Euro! Scontato il caz...! Dottore, non mi sono riconosciuto da me stesso! Sembravo la mia controfigura dottore!). Per dovere di cronaca proprio a causa di questa scelta marcatamente ortodossa, l’etichetta si è attirata le critiche di alcuni commentatori sui Forum internazionali, che le rimproverano per sovrappiù l’imitazione sfacciata del suono Blue Note, grasso e caldo. E non hanno tutti i torti...i criticoni! Ve li consiglio ‘sti padelloni? Con quello che costano? Ma siete matti! (eh, 116 Euro! L’ho detto che li ho pagati 116 Euro?). Siii sono belliii, siii sono simpaticiii, siii c’hanno la copertina tipo Stoughton (singola), siii suonano da Dio, però diamine, è quasi ‘na piotta e un quarto! Ma parliamo un po’ della Venus Records, fondata nel 1992 dall’ex tecnico del suono e produttore in forza alla RCA Tetsuo Hara, il quale si vanta di possedere un sistema di masterizzazione chiamato in maniera pomposa: Hyper Magnun Sound. Nientemeno. A questo Buzz Lightyear gli fa ‘na pippa! Verso l’ypermagnumsound e oltreee! Glielo dico io o glielo dite voi? Glielo dico io? Glielo dite voi? Va be’, glielo dico io: A’ FANATICOOO! O per meglio dire: A’狂信者! Tetsuo Hara uscito dalla RCA passa per qualche anno al colosso della fotografia Agfa ed un bel giorno, a New York, avviene l’incontro con Tod Barkan, mitico produttore discografico e titolare del jazz club Keystone Korner. Tod Barkan ha prodotto dischi per etichette quali Fantasy, Milestone, Concord oltre che per diverse altre etichette giapponesi. I due fanno amicizia e dopo un po’ di tempo ne nasce una felice collaborazione che porta alla creazione della Venus Records. I vinile della Venus Records si dividono in due gruppi, quelli che sulla fascia laterale (detta “Obi”) riportano la scritta 24 bit Mastering e quelli che sulla stessa fascia riportano la dicitura Direct Mix. I due in esame sono del tipo Direct Mix. Posto che il 24 bit Mastering non ha bisogno di spiegazioni, sorge tuttavia una domanda: cosa diavolo è il Direct Mix? Non è stato per niente facile scoprirlo, visto che sul sito della Venus Records non c’è alcuna mail per i contatti. Ho aggirato il problema scrivendo ai Riverside Studio di Torino (ove è stato registrato My Ideal), e grazie al paziente e gentilissimo responsabile ho ricevuto la seguente informazione: le tracce degli strumenti e della voce sono state registrate su file separati ed inviate in Giappone a Tetsuo San, il quale poi ha provveduto al missaggio. Pertanto anche i vinile Direct Mix sono ricavati da fonte digitale. Ma come Alberto, ce la meni ogni due minuti col Full Analogue, e poi spendi una barca di soldi per un riversamento digitale? Anzi due? Ssssè… Allora sei proprio pirla, scusa eh Alberto... Ehm...sssè... E mi tocca pure dargli 8 e 1/2 come voto tecnico (perché sono una carogna, meriterebbero di più). I due vinile mi sono stati recapitati non sigillati, contenuti in una semplice custodia di plastica trasparente da due lire masticate (forse riuscite a vederla in una delle fotografie). Presumo quindi che già dalla fabbrica partano senza alcuna sigillatura…male Hara-san, molto male, con quello che li fai pagare almeno sigillali! All’interno un semplice inserto stampato su di un solo lato, in giapponese stretto, ed una busta di carta con fodera in polietilene del tipo “volante”, che credo sia un brevetto di Hara-san. Il polietilene non è incollato sul margine interno della busta, come avviene di solito, ma è semplicemente inserito dentro la busta; alla carlona. L’ho fissato io con un po’ di biadesivo. Va bene il naif, ma qua si esagera... Ecco il primo dei due LP: . . . . Rita Payes My Ideal – Venus Records 2019. Registrato al Riverside Studio di Torino nel Dicembre 2018 da Alessandro Taricco; missato e masterizzato da Tetsuo Hara. Sette brani, tra standard americani e classici brasiliani. Acquistato per 56 Euro (spedito) su JPC.de. Disco numero due: . . . . Rita Payés In New York – Venus Records 2018. Acquistato su Discogs da venditore giapponese per 60 Euro inclusa spedizione (sono stato fortunato, il pacco ha passato indenne la dogana! Yuppiiii!). Registrato presso i Tedesco Studios di New York. Parliamo di stampe 180 grammi...giapponesi...il che vuol dire la sezione aurea della stampa vinilica. Come suonano? Eh ragazzi...Rita Payés...lì davanti. Ma proprio lì davanti. Un po’ indietro, ma lì davanti. Meraviglioso. Hanno ragione i criticoni, in questo modo di registrare (anzi, di mixare) c’è pieno il lascito di Rudy Van Gelder. Tetsuo Hara pubblica tutto il Jazz che piace a lui, per sua stessa ammissione, ed è il caso vuole che sia lo stesso Jazz che piace a me; Hara racconta di essere cresciuto ascoltando i 78 giri dei gruppi swing americani, di cui i suoi genitori erano appassionati. L’unico difetto dei vinile Venus Records è che costano parecchio: provate a cercarli in rete e vedrete che non c’è alcuna possibilità di spendere poco. Nel caso dei due vinile in esame ho deciso di scialare soprattutto in omaggio a Rita Payés; amo le succitate donne di Chamorro ed appena appreso che la Payés aveva registrato con Hara-san ho deliberato la spesa all’istante. Ancora mi mangio le mani per aver esitato anni fa (che cogl…!), quando voltai le spalle ad una coppia di Venus Records di un giovanissimo Stefano Bollani, in offerta al Top Audio. Dischi ormai introvabili a meno di non cedere un rene. Ora possiedo tutte le versioni dell’Hara pensiero, il riversamento 24 bit (Nicki Parrott Moon River) ed il Direct Mix. Sapevo cosa aspettarmi sotto il profilo tecnico e difatti non sono stato deluso. Anche dal punto di vista artistico non è umanamente possibile sollevare la minima critica. Rimane il prezzo, obbiettivamente alto per un singolo 33 giri. Tre indizi fanno una prova ed io da oggi in poi ne ho a disposizione quattro (possiedo anche la ristampa de Les Liaisons Dangereuses di Duke Jordan), che m’inducono a concludere che Tetuso Hara non è un parvenue e nemmeno uno stupido: sa cosa bisogna fare e lo fa. Punto. Ne risulta un prodotto di stra-nicchia, come ripeto, ma d’altronde bisogna essere di nicchia per i prodotti di nicchia, e se non sei di nicchia…nunca vas a comprender. E se non sei un audiofilo, vale a dire un po’ matto...nunca vas a comprender… Insomma, nunca vas a comprender... . . Voto artistico: 9 per entrambi. Voto tecnico: 8 1/2 per entrambi. La musica è una gran bella cosa. 2 1 Link to comment Share on other sites More sharing options...
Popular Post OTREBLA Posted August 17, 2021 Author Popular Post Share Posted August 17, 2021 Odiooo l’Estateee… No, io non odio l’Estate, anzi...ma così cantava Bruno Martino, quando ancora c’erano le canzoni..Estateee, che ha dato il suo profumo ad ogni fioreee...l’Estate che ha creato il nostro amoreee… Eccetera. Bellissima canzone. Aaah che caldo! Va be’, facciamo uno Stato Del Vinile agostano? E facciamolo, visto che insistete. Indovinate dove è stato realizzato questo lllppppe’? . . Come dite? In Giappone? No, in Inghilterra. E comunque qua bisogna innanzitutto stabilire chi è Butcher Brown. A me lo chiedete? E io cosa ne so? Ho acquistato Cadmen Session (2021) un po’ a caso, facendomi ingolosire dall’aspetto tecnico. Poi ho scoperto che per Butcher Brown non si deve intendere uno che si chiama così, ma l’omonima band costituitasi nel 2012 su iniziativa di cinque musicisti: il bassista Andrew Randazzo, il chitarrista Morgan Burrs, il tenor-sassofonista nonché splendido trombettista Marcus Tenney, ed il batterista Corey Fonville; cui si aggiunge DJ Harrison, produttore, DJ, tastierista del gruppo ed autore di tre dei quattro brani di cui si compone il disco; i predetti signori sono tutti originari di Richmond, Virginia, Stati Uniti. Butcher Brown, tradotto letteralmente significa Macellaio Maròn (...sento crescere tutta l’estraneità, di due messi lì, in un brutto tinello maròn...no, non sto farneticando, non più del solito perlomeno, cito Paolo Conte). I Butcher Brown fanno una musica un po’ così, con quella faccia un po’ così (sempre Conte), miezz’ jazz, miezz’ funk, miezz’ rock e miezz’almare...dove dovremmo essere tutti...co' sto caldo... Il vinile 180 grammi che gli appassionati di storia dell’arte come me saranno interessati a sapere che è di colore nero, è stato prodotto dalla Gearbox Records, il cui nome dovrebbe essere ormai ampiamente noto ai vinilofili di un certo...livello. Copertina singola con bella finitura satinata e busta interna nera foderata col polietilene; anche se in fotografia non si vede. Il disco viene recapitato non sigillato e contenuto all’interno di una busta di plastica di quelle richiudibili. Pagato 28 Euro su Dodax.de. Assieme a Cadmen Session ho trovato un buono sconto del 10% valido fino alla fine di Settembre 2021 su tutti gli articoli venduti dai dodaxari. Brava Dodax, mandamelo anche le prossime volte, visto che ormai compero soltanto da te. . . . Io no ho abbastanza esperienza di ascolto di questo Jazz crossover, un po’ contaminato, per darne un giudizio da esperto, però a me il disco è piaciuto. Sicuramente loro sono molto bravi, attingendo in buona parte al Jazz anche piuttosto classico e contornandolo di Funk e Rock. Direi comunque che un 8 se lo merita senz’altro. Passiamo quindi al voto tecnico: ...MAREMMA INCATENATA! Dicevo, il voto tecnico è: ...MAREMMA BONA! Il che tradotto sarebbe a dire: il meglio del digitale col meglio dell’analogico. Eh be’ sì. L’ho comperato per quello ed un po’ lo sospettavo. Te credo, è stato registrato direttamente su lacca (nel Novembre 2017), con il solo impianto a valvole della Gearbox tra i microfoni e la testina d’incisione. Un Direct Cut Disc, Full Analogue, realizzato senza aggiunte e compressioni di sorta, come suona secondo voi? Guardate, qua si tratta di capire quanto coraggio avrete con la manopola del volume. Dipende da voi, più alzate e più l’effetto “sto lì insieme a loro” aumenta. Il mio impianto non ce la fa, questo è certo. Camden Session appartiene al novero dei dischi con i quali il mio impianto non è abbastanza. Beati quelli che gli abbasta. A me non mi abbasta. Pertanto ad un certo punto ho dovuto fermarmi col volume, ma fin dove sono arrivato ho ballato per mezzora. Perché si balla ragazzi. Ahsssè...si straballa! Non vi passi neppure per l’anticamera del cervello di farne un ascolto preventivo su Youtube: credete a me, che ci sono passato prima di voi, l’ascolto in Rete stavolta non è indicativo di nulla. Bravo una volta ancora al patron della Gearbox Records Caspar Sutton-Jones che ha tagliato la lacca da virtuoso, ed al tecnico del suono Tony Platt che ha scelto un’immagine spostata in avanti con molto effetto Live, come ripeto. E’ evidente che Cadmen Session dei Butcher Brown è pensato per il mercato giapponese tuttavia, essendo prodotto in Europa, per una volta ci si porta a casa un vinile giapponese ad una cifra ragionevole. Sarei curioso di capire dove è stato stampato. E’ assolutamente perfetto, con il famoso effetto bobina, che per un disco tagliato direttamente dai microfoni è un bel paradosso. La busta non è del tipo in uso alla Optimal. Magari è una stampa Optimal, ma non ne sono sicuro. Comunque è assolutamente perfetta. Immagino la scena: - Oh guarda che questi vanno i Giappone… - E chi se frega non ce lo mettiamo? - Sì sì, fai il cretino, se ci rimandano indietro le casse li paghi tu...non conosci i giapponesi…ci sono già passato fidati... - Be’? E cosa dovrei fare? - Quello lì con l’ombra, ad esempio... - Che ombra? - Guardaci bene, guardalo di sbieco, c’è un’ombra che echeggia... - Ma tu hai le allucinazioni, non c’è nessuna ombra…è il tuo cervello casomai che echeggia... - Scartato, quello lì con l’ombra è senz'altro scartato... - Non c’è nessuna ombra ti dico! E’ perfetto! E’ la perfezione vinilica benedetta e santificata davanti ai cori celesti! - Sì, il coro di Belfagor! Ricordati che con i giapponesi bisogna andare ben oltre la perfezione...quello con l’ombra, scartato, senz'altro scartato... - Va be’, se lo dici tu...questo qua c’ha l’ombra, cosa dici? - Fai vedere...'spetta che chiudo gli occhi...presentiscooo...c'ho la visione...vedooo...vedooo...un che...sì...non mi sbaglio...un indizio di ombra...un presagio…in lontananza... - Ma tu sei pazzo...tu e i giapponesi celesti... - Scarta, scarta, dammi retta...non ti devi preoccupare, tanto con quelli scartati ci facciamo l’edizione speciale per il mercato italiano…limitata, coi numeri a caso, così i mangiaspaghetti sono contenti... - Ah perché gli italiani non vedono le ombre? - Ma cosa vuoi che vedano! A malapena distinguono il Lato A dal lato...B... 2 1 Link to comment Share on other sites More sharing options...
angeloklipsch Posted August 17, 2021 Share Posted August 17, 2021 @OTREBLA Grande recensione. Perdonami una domanda, su dodax.de ho trovato solo una versione in vinile e dalla foto non è giapponese come quella che hai tu. Immagino sia la stessa invece? Fammi sapere grazie Link to comment Share on other sites More sharing options...
OTREBLA Posted August 17, 2021 Author Share Posted August 17, 2021 Ah già, ho dimenticato di mettere il codice EAN: 4571524500087. Se il codice corrisponde, ignora le foto; peraltro non mi risulta ci siano più versioni. Alberto. 1 Link to comment Share on other sites More sharing options...
angeloklipsch Posted August 17, 2021 Share Posted August 17, 2021 @OTREBLA Su Amazon.it c'è questo vinile ma il codice Ean è diverso.stesso prezzo però. Puoi controllare gentilmente? Grazie Link to comment Share on other sites More sharing options...
OTREBLA Posted August 17, 2021 Author Share Posted August 17, 2021 Accidenti hai ragione! E' saltata fuori un'altra versione con codice EAN 5065001717758. Boh...ne so quanto te. Alberto. Link to comment Share on other sites More sharing options...
angeloklipsch Posted August 17, 2021 Share Posted August 17, 2021 @OTREBLA per essere sicuri meglio andare su dodax? Anche se quella Amazon parebbe identica. Sempre Gearbox è... Boooooo Link to comment Share on other sites More sharing options...
OTREBLA Posted August 17, 2021 Author Share Posted August 17, 2021 Io per non rischiare andrei su Dodax.de, col codice Ean giusto: https://www.dodax.de/de-de/filme-musik-gaming/sonstiges/butcher-brown-camden-session-dpRKIEVTTCSVF/ E costa pure 2 Euro in meno di Amazon.it. Alberto. 1 1 Link to comment Share on other sites More sharing options...
angeloklipsch Posted August 18, 2021 Share Posted August 18, 2021 @OTREBLA Preso!!! Se non sona bene come dici te lo lancio 🤣🤣🤣🤣😜😜 Link to comment Share on other sites More sharing options...
OTREBLA Posted August 18, 2021 Author Share Posted August 18, 2021 Nel frattempo è leggermente aumentato di prezzo...ha messo su peso... Link to comment Share on other sites More sharing options...
angeloklipsch Posted August 18, 2021 Share Posted August 18, 2021 @OTREBLA Io l'ho preso a 30 euro spedito e tutto... Fiuuuuu. Link to comment Share on other sites More sharing options...
OTREBLA Posted April 19 Author Share Posted April 19 Più che un nuovo contributo allo Stato Del Vinile, questa volta si tratta di un aggiornamento…triplo, avendo per argomento i nuovi lavori di tre artiste di cui mi sono già occupato, ovvero Gillian Welch, Rita Payés e ZAZ. Ve lo anticipo sin da subito: tre perle. Della ditta Gillian Welch/Dave Rawlings, rispetto a ciò che ho scritto in passato (sul forum andato in fumo) ho poco da aggiungere; i due artisti hanno acquistato e restaurato un tornio di incisione, nonché allestito uno studio di registrazione in house (letteralmente), corredandolo di registratore a nastro. A completamento dell’opera hanno fondato la loro casa discografica, la magnifica Acony Records. Il risultato, parlando di vinile, è qualcosa di unico, spettacolare e particolarmente raro (di ‘sti tempi dominati dal digitale); una volta di più lo è con All The Good Times (Acony Records – 2021). Voto tecnico, mi devo ripetere: 10 e lode. Non stiamo nemmeno qua a discuterne. Per sovrammercato con All The Good Times i due musicisti si sono aggiudicati il Grammy Folk 2021; premio meritatissimo. Voto artistico: 9. Un Folk malinconico, essenzialmente acustico e minimalista (accompagnato dalle sole chitarre) che richiede al massimo due ascolti per conquistare chiunque sia minimamente sensibile al genere. Peccato la copertina Stounghton (con leggera finitura tessuto) singola e non bella doppia come per le passate uscite. Abbiamo un po’ taccagnato stavolta eh Acony? Stampa Quality Records su vinile 180 grammi, in luogo dei consueti 150 grammi. Il disco presenta strani aloni, esteticamente orribili, ma fortunatamente è silenziosissimo (ed è ciò che conta). Su Dodax.de lo trovate a 28 Euro circa. Li vale? Li vale li vale. . . Ridiscendo a quote più terrene e vi racconto che per 19 Euro ho acquistato, su Amazon.it, il primo lavoro destinato ai “comuni mortali” della spagnola Rita Payés Roma, dopo i due titoli giapponesi d’esordio di cui ho trattato più sopra (a trovarli...). Tra musica brasiliana e tradizione iberica, brani cantati e pezzi strumentali, la Payés torna a convincermi pienamente circa le doti di interprete, cantautrice (bellissimi i pezzi originali) e strumentista Jazz.Como La Piel (2021) , realizzato in collaborazione con la (brava) chitarrista Elisabeth Roma, la quale credo sia in qualche modo imparentata con la Payés (forse è la madre?), è registrato molto bene e penso sia stato riversato da file Hi-Res. Ottimo il bilanciamento, eccellente la ripresa della voce, buona la dinamica. Di qualità la stampa vinilica 150 grammi, quasi del tutto priva di rumore. Copertina singola, semplice, molto “Crowfounding”, disco venduto non sigillato e contenuto in una busta trasparente, del tipo con striscia adesiva apri e chiudi. Busta interna bianca, foderata col polietilene. La confezione è in effetti piuttosto basica ma credo che questo vinile sia stato auto-prodotto, poiché non vedo citata da nessuna parte la casa discografica. Voto artistico 8 ½, tecnico 8 1/2. Per curiosità l’ho confrontato con uno dei due Venus: era meglio non farlo. Tetsuo Hara sa il fatto suo, lo sapevamo, e sbanca su tutta linea in fatto di naturalezza, scena sonora, timbrica ecc. Se li fa pagare i vinile eh, però… Pensare che gli ho dato 8 ½ di voto tecnico…che Caino (solo perché non sono AAA)…Per salvare in qualche modo la faccia specificherò che l’8 1/2 dei due Venus è formulato tenuto conto della severissima scala “Audiophile” (che mi sono inventato adesso), mentre l’8 1/2 di Como La Piel è assegnato considerando la più benevola scala “Roba Senza Velleità Audiophile”. In ogni caso Como La Piel rappresenta la benvenuta occasione di ascoltare la talentuosa Rita Payés (Roma) su vinile di più che buona qualità, tenuto conto che non riuscirete mai a trovare i succitati Venus, a meno di non comperarli direttamente da me e pagarli 600 Euro l’uno (spedizione inclusa. Perché sono un apostolo della bontà!). Se siete interessati muovetevi prima che aumenti di prezzo (a mio avviso non resterà molto a 19 Euro). . . Termino con ISA (Parlophone - 2021) il nuovo doppio LP della francesina ZAZ, al secolo Isabelle Geffroy. . . Registrato in maniera davvero eccellente, con la voce della cantante che si staglia in bella evidenza, vivida e carnosa, e gli strumenti ben bilanciati tutt’intorno. Stampato in Germania su due vinile leggeri (130 grammi) molto silenziosi, perlomeno fino agli ultimi solchi di ogni facciata, dove improvvisamente si sente qualche scoppiettio di troppo. Copertina esterna in cartoncino più sottile del solito, difatti l’ho trovata lacerata sulla costa, per via del peso dei due padelloni (tipico). Che strazio queste produzioni di massa! Noi dello Stato Del Vinile vogliamo solo roba millesimata! ISA è l’ennesimo goal della chanteuse di Tours, questa volta con un lavoro leggermente più Pop, ma di un Pop estremamente raffinato e personale. Tredici belle canzoni, in forma di 13 ballate, arrangiate con pianoforte, organo Hammond, Mellotron, sintetizzatori vintage, chitarre, basso e batteria, nonché con l’utilizzo di archi e legni. Lo definirei POP internazionale, di quello che di solito si usa, anche in Italia, a commento dei titoli di coda o della scena finale prima dei titoli di coda, in certe pellicole d’autore. ISA (diminutivo di Isabelle) mi è piaciuto moltissimo e la particolarissima voce di ZAZ, un po’ rotta e sabbiata, mi ha letteralmente stregato; più del solito. E’ un album dolce e potente al tempo stesso, ricchissimo in fatto di arrangiamenti, molto curato sotto questo profilo, ed interpretato con piglio sicuro da un’artista che probabilmente, se non fosse legata alla sua lingua madre, avrebbe furoreggiato sul mercato statunitense già da mo’. Voto Artistico: 9 Voto Tecnico: 8 1/2 1 Link to comment Share on other sites More sharing options...
cricchio Posted April 19 Share Posted April 19 Grazie Alberto delle al solito interessantissime recensioni. All The Good Times si trova su Amazon a 24,59 https://www.amazon.it/Times-Gillian-Rawlings-David-Welch/dp/B09HFTQGVC/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=ÅMÅŽÕÑ&crid=2CNRMTQU2JI8D&keywords=All+The+Good+Times+vinile&qid=1650381154&sprefix=all+the+good+times+vinile%2Caps%2C163&sr=8-1 Non un prezzaccio ma sta calando e non è detto che cali ancora Link to comment Share on other sites More sharing options...
OTREBLA Posted April 19 Author Share Posted April 19 Ottimo! Vediamo se riuscite a pagarlo quanto l'ho pagato io su Amazon.es: 19 Euro. Alberto. Link to comment Share on other sites More sharing options...
gorillone Posted April 21 Share Posted April 21 Welch/Rawlings l’ho preso anch’io, insieme al nuovo Kurt Vile … che ho pagato caro, ahimè. Gillian Welch è bravissima … e lui pure! The harrow and the harvest del 2011 era veramente favoloso, anche per neofiti o non amanti del genere. Grazie Alberto Link to comment Share on other sites More sharing options...
OTREBLA Posted April 21 Author Share Posted April 21 Tra l'altro di The Harrow And The Harvest è uscita recentemente la terza ristampa. Ci camperanno molto con quel disco alla Acony. Alberto. Link to comment Share on other sites More sharing options...
OTREBLA Posted June 5 Author Share Posted June 5 Per lo Stato Del Vinile si continua con un altro aggiornamento, questa volta però non molto aggiornato. Infatti il disco di cui parlerò è del 2018, quindi arrivo un po’ in ritardo, ma io l’ho acquistato solo pochi giorni fa.Stefano Bollani – Que Bom – (Alobar Records – 2018) . . Torno quindi a trattare della nostra gloria tricolore in ambito jazzistico, l’unico jazzista italiano ad avere una fama davvero internazionale. Que Bom esce esattamente a 10 anni di distanza da Carioca, che avevo presentato nello Stato Del Vinile andato in fumo. Carioca è il primo lavoro di Stefano Bollani dedicato a ciò che per quanto mi riguarda è patrimonio dell’umanità: la MPB, vale a dire la Musica Popolare Brasiliana. Mentre nel 2008 Bollani rivisitava la musica brasiliana dei brasiliani (Chico Buarque, Zequinha De Abreu, Nelson Cavaquinho, ecc.), nel 2018 il pianista presenta la propria visione di musica brasiliana, dei 15 brani presenti in Que Bom firmandone ben 13. Sarà riuscito ad eguagliare il notevole Carioca? No, ma ci è andato vicino. Que Bom è certamente un gran bel disco, e le musiche uscite dalla penna di Bollani sono da me quasi tutte promosse, per ritmo, melodia e vena malinconica, la quale vena è più italiana che brasiliana, e potrei definirla saudade italo-brasiliana. Ho scritto “quasi tutte” perché per Uomini e Polli ho qualche dubbio, trovando detto pezzo un po’ ripetitivo e poco incisivo. Ma non ho finito con i complimenti; rispetto al vinile singolo Made In Eu di Carioca, stampato discretamente bene, la stampa tedesca dei due 180 grammi di Que Bom è eccellente, ed i dischi non fanno quasi alcun rumore. Pallas? Optimal? Secondo me la seconda che ho detto. Anche la registrazione merita un voto alto, risultando meno in avanti e più ambrata rispetto a quella di Carioca (che in ogni caso è un’ottima registrazione). Tipico è lo stile di Bollani in Que Bom, stile rapido e luminoso, con i frequenti stop-and-go che sono un po’ il suo marchio di fabbrica. Non ho ravvisato quella tendenza a giocare con le note, un po’ fine a se stessa, ascoltata talvolta dal vivo. Anzi, in Que Bom, il pianista dosa con attenzione ed eleganza ogni intervento. Vi è spazio infine per la voce di due ospiti d’eccezione: Caetano Veloso e João Bosco. Bollani, come dieci anni or sono, si mette nelle mani di musicisti, studio di registrazione e tecnici brasiliani, che quando si parla di musica brasiliana è la scelta più intelligente. La confezione, ovvero copertina doppia dalla finitura rugosa, dominata dai colori pastello, e buste interne di colore nero, foderate col polietilene, mette KO quella di Carioca, invero molto basica. . . Devo però evidenziare un errore nell’elenco dei brani sul retro della copertina: . . L’errore consiste in questo: i brani indicati come lato B, si trovano in realtà sul lato C e viceversa. Cosa dite, glielo perdoniamo? Massiiiii... Voto artistico: 8 ½ Voto tecnico: 8 ½ Alberto. Link to comment Share on other sites More sharing options...
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