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Oltre la filologia? La Nouvelle Vague di Bach al pianoforte


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Inviato

@my2cents Grazie delle risponte alle mie domande. Ora capisco meglio il tuo punto di vista. Ovviamente l'estetica storicista applicata all'interpretazione delle opere barocche solleva dubbi e interrogativi di non poco conto. Dubbi riguardo all'identità degli stili, alle forme dell'espressività, alla possibilità di integrare in una interpretazione "storicamente autentica" la varietà di contesti che determinavano i contenuti originari, come pure dubbi riguardo la legittimità dell'atto stesso che mira all'autenticità. Ma sono questioni su cui non ti voglio annoiare. Da parte mia, ho una certa diffidenza per l'approccio storicista, nelle sue diverse forme. A prescindere dai problemi appena ricordati, mi sembra rischi di trasformare il nostro rapporto con la musica barocca in qualcosa di simile al rapporto che un collezionista, un antiquario o un archeologo hanno con gli oggetti del passato. Come scriveva Harnoncourt, mediante l'esecuzione della musica Barocca l'interprete non deve cercare il "vero" ed evitare il "falso", deve piuttosto generare un dialogo tra presente e passato, in modo da far passare la musica "sotto la pelle" dell'ascoltatore contemporaneo, fargliela sentire sua. E se il pianoforte può essere funzionale a questo obbiettivo, ben venga, per quanto mi riguarda, così come ben venga l'uso degli strumenti originali.

Non considero poi il pianoforte superiore al clavicembalo. A me piace più il primo, ma questo non ha nulla a che fare col valore estetico della musica suonata con l'uno o con l'altro.  Né penso che il timbro pianistico abbia delle possibilità bene note, già esplorate e preconfezionate. Le potenzialità timbriche degli strumenti acustici sono infinite, per fortuna. E le partiture che un musicista frequenta modellano la sua ricerca timbrica. Ogni musicista-interprete alla fine trova il "suo" timbro, vale a dire la propria identità musicale, diversa da quella di ogni altro, attraverso i compositori che frequenta e grazie ad essi. Se è Bach a stimolare in un pianista la ricerca della propria identità, che sola gli consente di "parlare" al cuore degli ascoltatori, non vedo perché questo gesto dovrebbe essere considerato inautentico 😉.

  • Melius 2
Inviato
13 ore fa, Grancolauro ha scritto:

Dubbi riguardo all'identità degli stili, alle forme dell'espressività, alla possibilità di integrare in una interpretazione "storicamente autentica" la varietà di contesti che determinavano i contenuti originari

Certo, viviamo nel tempo. Nessuno di noi potrà essere uno spettatore del settecento e nessun musicista potrà essere un musicista del settecento, cresciuto in quella società là e in quella cultura là.
Però, con tutti i limiti connessi (che conosciamo benissimo) proviamo a ricreare un evento di quel periodo al meglio possibile.
Poi, siccome siamo poliedrici, generiamo "un dialogo tra presente e passato" anche in altri modi: suonando Bach al pianoforte o ritmando con la batteria la "Nuovo mondo". Tutto lecito, a volte bello, a volte no (anche la filologia).
Quello che però è indiscutibile è che quei brani del settecento NON sono stati scritti per pianoforte, né la "Nuovo mondo" è stata ritmata con la batteria.

  • Melius 1
Inviato
15 ore fa, Grancolauro ha scritto:

Ovviamente l'estetica storicista applicata all'interpretazione delle opere barocche solleva dubbi e interrogativi di non poco conto. Dubbi riguardo all'identità degli stili, alle forme dell'espressività, alla possibilità di integrare in una interpretazione "storicamente autentica" la varietà di contesti che determinavano i contenuti originari, come pure dubbi riguardo la legittimità dell'atto stesso che mira all'autenticità. Ma sono questioni su cui non ti voglio annoiare. Da parte mia, ho una certa diffidenza per l'approccio storicista, nelle sue diverse forme. A prescindere dai problemi appena ricordati, mi sembra rischi di trasformare il nostro rapporto con la musica barocca in qualcosa di simile al rapporto che un collezionista, un antiquario o un archeologo hanno con gli oggetti del passato. Come scriveva Harnoncourt, mediante l'esecuzione della musica Barocca l'interprete non deve cercare il "vero" ed evitare il "falso", deve piuttosto generare un dialogo tra presente e passato, in modo da far passare la musica "sotto la pelle" dell'ascoltatore contemporaneo, fargliela sentire sua. E se il pianoforte può essere funzionale a questo obbiettivo, ben venga, per quanto mi riguarda, così come ben venga l'uso degli strumenti originali.

 

 

Mi permetto di rispondere io, mi scuserà @my2cents se anticipo qualche sservazione.

 

Ciaascuno ovviamente ha le proprie preferenze, Damiano, tu ami di più il piano che il clavicembalo; io amo entrambi gli strumenti ma a condizione di poterli ascolòtare ciascuno a casa sua... Ma non si può dire unilateralmente della filologia ciò che la filologia non è, dove nessuno di noi del forum appassionati di filologia, ancor prima di musica.., ha mai detto chiaramente o lasciato intendere implicitamente le cose da te sostenute che sono l'esatto contrario di ciò che è la filologia.
Credo che se non si sgombra infine il campi dai pregiudizi e dalle prevenzioni che purtroppo affliggono la filologia, attaccata da sempre dagli establishment accademico-conservatoriali di discendenza ottocentesca (anch'esso un secolo di opere musicali e delle arti tutteche potremmo tacciare di "antiquariato", peggio di "archeologico?" ... giammai, diremmo una solenne castroneria) diventa difficile trovare dei punti di intesa, di giusto "compromesso". Meglio lasciar perdere gli "slogan".

Innanzitutto la filologia non ha la pretesa di definirsi "storicamente autentica", non nutre una tale presunzione, bensì "soricamente informata" sulle prassi esecutive d'epoca, dove il giusto termine fa l'enorme differenza: chi è informato di una cosa è segno che ha dovuto studiare, ricercare per acquisire informazioni in grado di avvicinarsi il più possibile alla cosa stessa. Ed esiste una grande quantità di letteratura musicale d'epoca e non solo d'epoca tutta una "trattatistica", una manualistica metodologica, ecc, redatta il larga misura dagli stessi compositori.., le cui partiture non solo "suonano", ma anche "parlano" chiaramente, attraverso la quale è assolutamente possibile avvicinarsi in modo abbastanza soddisfacente a quelle che erano le "archeologiche" (sic!) prassi esecutive, interpretative, strumentali, vocali, ecc...

Per di più, un antiquario, un aercheologo, un collezionasta, ecc. guarda l'oggetto della sua "scoperta" con piacere e godimento ma da "lontano", l'oggetto resta immutato, cristallizzato nella sua seducente bellezza che è di tutti e di nessuno di quelli che ammirano l'oggetto, il quale appartine solo a se stesso, alla "storia", un monile in più da aggiungere nelle teche "museali" che contengono le testimonianze del "bello" di ogni secolo, di ogni epoca.


Mentre il filologo scopre, osserva, trascrive, interpreta, suona l'oggetto musicale della sua ricerca, del suo studio, della sua passione.., ed ecco che interprete e musica diventano una sola cosa, la musica vive nell'interprete, l'interprete nella musica.., dove tra i due si colloca inalienabilmente la "volontà" del compositore, dell'Autore supremo. Molti pianisti "bachiani" moderni giocano da soli.., non riconoascono la squadra".., solo il loto vieto metodo.
Questo vale sia per l'approccio musicale filologico, sia per quello "tradizionale".

Harnoncourt, pionieri della filologia, per lunghi anni dedito a questa pratica interpretativa lasciando una quantità di preziosissime registrazioni musicali dei grandi del barocco e di prima e dopo il barocco, ha poi ha deciso di abbandonare questa "filosofia", questo "metodo" musicale per tornare al tradizionale con risultati non di meno eccellenti, anche grazie alla grande esperienza acquista durante gli anni della filologia che si rifletta nelle interpretazioni del nuovo corso interpretativo. .Giusto ciò che dice Harno sull'interprete che non deve cercare  il "vero" e il "falso", un pensiero da interpretare correttamente, suppongo, perchè se si sommarizza e generalizza lo stessompensiero si trasformerebbe in diceria, in sogan, in pregiudizio, in fraintendimento, qualcosa che non può essere attribuito alla filologia che invece è studio e ricerca di una "chiave" interpretativa in grado di avvicinare l'interprete ricercatore  il più possibile alle "fonti" interpretative ed esecutive originarie, non con lo spirito dell'archeologo o dell'antiquario.., e torniamo a ciò che dicevo sopra. 

Per quanto riguarda il dialogo tra presente e passato, cosa auspicabilissima, necessaria.., lo stesso non dovrebbe tuttavia avvenire con lo snaturamente di nessuno dei due diversi ma non opposti mondi musicali, al netto di ogni tentativo di prevaricazione. Inoltre il dialogo invero esiste, già in uso da molti decenni, da un secolo forse; spesso nelle nostre chiacchierate ricordo come tra la musica antica e barocca, e la "moderna", novecentesca, contemporanea, innovativa, "rivoluzionaria", ecc,  vi siano elementi linguistici, stilistici, estetici, comuni.., il "nuovo" che prende dall"antico" che possedeva in sè le semenze della modernità, dove l'arte è ora e per sempre, senza tempo e senza rigide "geografie". L'ascoltatore contemporaneo è ben servito.., ha già tutto per soddisfare e nutrire la sua curiosità estetica, il suo bisogno di estetic, la sua psiche di uomo moderno, non serve riscrivere nulla, non si riscrive la musica antica come non si ridipinge e si riscrive la pittura e la letteratura "antica"... gli resta solo di appizzare meglio le orecchie e studiare di più quello che gli sfugge, che non conosce e che, ciò nonostante si lancia in giudizi del tutto sfocati rispetto al terreno d'indagine...

 

Il pianoforte a mio avviso non è funzionale a questo obiettivo, perchè, meraviglioso nelle letterature musicali che gli sono proprie, per esso e con esso create, si rivela molto ingombrante e prevaricatore con i repertoti musicali antichi e barocchi che il piano mistifica e soffoca, sostituendosi al clavicembalo, e soprattutto per per via delle  prassi esecutive improprie che usano i pianisti di estrazione accademico-conservatoriale, alle prese con le musiche per tastiera di Bach che hanno come strumento d'elezione il clavicembalo per il quale e col quale venivano composte tali opere.
Il pianoforte dovrebbe a mio avviso "dialogare", direi "ricongiungersi" con la musica barocca e prendere da essa gli elementi estetici, linguistici, tecnici e stilistici al fine di creare nuovi paesaggi musicali, nuove composizioni del tutto nuove tuttavia recanti la inalienabile esperianze musicale del passato, lo spirito del passato, evitando di fare dello stesso una "caricatura". Caricature dello spirito e della forma, d'alto bordo.., ma sempre di "iqualificabile tradimento" (cit) si tratta... a meno che l'intento parodico, o trascrittivo, il rifacimento, il tratto da..., non sia dichiarato, anzi consapevole e non presunzione...

Detto in soldoni,  il miglior modo di immegersi nel mondo musicale di Bach, se l'amore per Bach fosse autentico, rispettoso, non speculativo, non finalizzato al soddisfacimento del proprio ego, bisogherebbe avere l'umile lungimiranza interpretativa che porterebbe a rinunciare alla "caricatura" di Bach, prendendo da Bach quanto di meglio sia possibile prendere dalla sua arte per poterlo "tradire".., in maniera però  qualificata... e qualificabile (non mi sto quindi contraddicendo con il "paradosso"), in modo "coraggioso", autenticamente creativo.

Suonare Bach alla romantica non ha nulla di creativo, nulla di quel "nuovo" tanto sbandierato da alcuni interpreti che cercano il nuovo mandando in macerie il "vecchio" per il semplice e grave fatto che non lo hanno mai approfonditamente ricercato, nè studiato, come si conviene.

 

Inviato
Il 16/2/2022 at 11:49, analogico_09 ha scritto:

Il metronomo...la musicalità

Hai ragione: Lipatti è stato uno tra i primi ad adottare un'interpretazione "positivista" della musica di Bach al pianoforte. Valer a dire: l'interprete deve eseguire fedelmente il testo originale, senza aggiungere o togliere nulla. Bach non si interpreta, si esegue. Al tempo si trattava di un atteggiamento polemico e di rottura nei confronti dell'approccio neo-romantico ed espressivista, che pure ha continuato ad esistere (basta ascoltare il Bach di Arrau). Il positivismo interpretativo con riguardo a Bach ha avuto grande fortuna anche in Italia, diventando l'atteggiamento prevalente tra i pianisti nostrani fino agli anni '80 del secolo scorso. I suoi esponenti più influenti sono stati Maria Tipo e Bruno Canino, con risultati a volte decisamente apprezzabili. Se le trovo posterò le Goldberg di Canino, ingiustamente poco note. Non so se il CD si trovi ancora ma merita un ascolto. L'approccio positivista si ritrova anche in alcuni pianisti contemporanei di grido. Il caso più imblematico mi sembra quello di Igor Levitt, le cui registrazioni di Bach sono tuttavia piatte, espressivamente povere (per l'appunto), e alla fine assai poco originali. Molto meglio il Beethoven di Levitt, sotto questo profilo.

Quello che la Nouvelle Vague bachiana tenta di fare è invece recuperare l'aspetto espressivo della musica di Bach, grazie alle conoscenze fornite dalla filologia, innovando il modo di suonare il pianoforte. Ripeto, lo si può considerare un tentativo felice o infelice, non è questo il punto per quanto mi riguarda. Mi sembra interessante, in qualsiasi caso, esplorarlo per conoscerlo meglio.

Per capire quello di cui sto parlando, è utile tornare alla prima Partita eseguita da Lipatti. La riposto per comodità:

Ascoltiamo invece lo stesso pezzo eseguito da Sokolov

Le differenze mi sembrano eclatanti. Sokolov è un maestro cesellatore del tocco, e usa questa sua capacità per costruire architetture timbriche e ritmiche che hanno una grande forza espressiva a mio modo di vedere. Il suo mi sembra un risultato decisamente felice.

Se si ascolta invece Lang Lang il panorama cambia radicalmente:

Anche Lang è alla ricerca di una forte espressività non riducibile ai canoni pianistici del passato, neo-romantici o espressivisti che siano.  Tuttavia, a mio modo di vedere, non c'è una visione artistica d'insieme della Partita, né un progetto coerente ed originale dietro la sua interpretazione. E' come se Lang accostasse idee interpretative diverse l'una all'altra così come viene, ad istinto quasi. Questo mi sembra un risultato infelice.

Diverso ancora è il caso di Blechaz, che è una sorta di ponte tra vecchio e nuovo nell'interpretazione pianistica di Bach. O forse addirittura un ritorno al passato:

 

Blechaz ha attenzione per alcuni aspetti stilistici appresi dalla filologia, soprattuto con riguardo agli abbellimenti e alle variazioni nelle ripetizioni. Ma nel timbro e nel fraseggio non innova. Il suo è certo un suono tondo e rifinito; tuttavia il risultato è scontato, pianisticamente parlando. Tutto sommato, una interpretazione assai poco interessante. Neo-romantica, potremmo dire? In questo caso probabilmente sì.

 

Quale tra queste interpretazioni vi piace di più?

 

p.s. @analogico_09 Sulla filologia ti rispondo nella prossima pausa pranzo, porta pazienza 🙂 

 

 

 

 

Inviato
4 ore fa, faber_57 ha scritto:

Quello che però è indiscutibile è che quei brani del settecento NON sono stati scritti per pianoforte, né la "Nuovo mondo" è stata ritmata con la batteria.

una delle operazioni piu' orride : Pictures at an Exhibition degli Emerson Lake and Palmer. Certo ha fatto avvicinare qualche mio coetaneo alla musica classica ma non credo sia questo il modo (infatti si allontanarono quasi subito)

Inviato
20 minuti fa, Grancolauro ha scritto:

Le differenze mi sembrano eclatanti. Sokolov è un maestro cesellatore del tocco, e usa questa sua capacità per costruire architetture timbriche e ritmiche che hanno una grande forza espressiva a mio modo di vedere. Il suo mi sembra un risultato decisamente felice.

il cesello timbrico pero' e' solo e solamente dominio di sokolov, che bach non pensava al timbro (bella comunque l'esecuzione di sokolov)

Inviato
21 ore fa, Grancolauro ha scritto:

Quale tra queste interpretazioni vi piace di più?

Mi piace quella di Sokolov

Inviato
Il 18/2/2022 at 11:18, faber_57 ha scritto:

Quello che però è indiscutibile è che quei brani del settecento NON sono stati scritti per pianoforte, né la "Nuovo mondo" è stata ritmata con la batteria.

Sì certo, questo è indiscutibile. Sempre ragionando in termini storici, uno potrebbe osservare che fino alla metà del '700 e anche oltre un brano non veniva scritto per uno specifico strumento o per uno specifico organico. Gli strumenti erano spesso intercambiabili tra loro: il violino col flauto, il violino con l'oboe, il violoncello col fagotto, ecc. Quindi un abbinamento rigido tra brano e strumento non era neppure concepibile. Certo è che il pianoforte è stato introdotto dopo, questo è indiscutibile. E in effetti chi oggi suona Bach col pianoforte non tenta di ricreare una immagine sonora la più vicina possibile a quella che, in base alle nostre ricostruzioni storiche, ipotizziamo fosse l'originale. Cerca di creare un'immagine sonora nuova dello strumento, attraverso agli stimoli provenienti dal passato.

Il 18/2/2022 at 15:33, stanzani ha scritto:

l cesello timbrico pero' e' solo e solamente dominio di sokolov, che bach non pensava al timbro

Sokolov in effetti è un caso a sé. Ma Sokolov ha costruito negli anni quel suo modo di suonare proprio studiando le partiture barocche, quelle Rameau e Bach in primis. Questo vale la pena ricordarlo. Per me Sokolov è il modello più alto della Nouvelle Vague bachiana, perché poi ha esteso le sue ricerche sul tocco (frutto del suo attraversomento della musica barocca) all'intero repertorio pianistico, diventando uno dei pianisti più innovativi e originali viventi.

Sul fatto poi che Bach non pensasse al timbro ho forti dubbi. Anche nelle opere clavicembalistiche il timbro è importante. I clavicembali al tempo di Bach erano strumenti complessi, solitamente a due manuali e tre registri, mediante i quali si poteva modifica il timbro in modo simile a quello che succede nell'organo. E anche il tocco è importante nel clavicembalo per la resa sonora finale.

3 ore fa, garmax1 ha scritto:

Mi piace quella di Sokolov

Anche a me 🙂

 

Il 16/2/2022 at 23:06, Alpine71 ha scritto:

ho apprezzato le note del libretto: due pagine bianche con la scritta “Silenzio”

Bellissimo! Mi sembra geniale. La sparo probabilmente grossa, ma secondo me proprio il silenzio costituisce la cifra interpretativa delle nuove Goldberg di Rondeau. Questo dilatare fino all'estremo i tempi mi sembra fatto apposta per far risaltare lo spazio che c'è tra una nota e l'altra, per assecondare il tempo di decadimento del suono del clavicembalo in modo che ciascuna nota si stagli in uno spazio libero, compiendo il suo ciclo armonico naturale entro un vuoto fatto di silenzio. Ma sto delirando, porta pazienza 😂

  • Melius 1
Inviato

La musica è anche un rito a cui bisogna sottostare. Rito è ispirazione, metodo e strumento. Rispettato il rito la musica diventa un evento sincronico tra l'ispirazione, il compositore, l'esecutore, e il pubblico che diventando un'unica amalgama tutti compartecipi di una magia. Ogni ingranaggio ha la sua funzione in questo motore 'immobile'. Oggi come allora io posso essere compartecipe di questa magia, di questo atto che essendo sincronico è sempre presente e attuale. Questo ci dà l'estetica. Mi spingo oltre e dico che l'estetica precede anche la musica, anzi questa diventa la sua voce. Per questo a mio avviso ci vorrebbe un rispetto e una consapevolezza che deve diventare parte di noi oltre il nostro io emozionale schiavo del gusto. Se ancora riuscissi tornerei a suonare Bach alla chitarra, come momento personale di diletto e di piacere, ma poi nell'ascolto cedo il passo all'impersonale per partecipare a "un gusto superiore"
Scusatemi ma non trovo proprio 'partita' tra Scott Ross e Sokolov. In Sokolv non trovo stratificazione armonica che concede il clavicembalo e il metodo di Ross.  Non trovo la stessa prospettiva barocca, con illimitati punti di fuga. Tutto mi pare ovattato, monodirezionale e pesante come una architettura romanica. Sono sempre più convinto che idea, ispirazione, intuito e psiche, siano il fodamento della materia e il pianoforte non essendo 'materia' del barocco non riesce a ricreare il 'rito' e l'evocazione che necessita a manifestare lo spirito autentico. Insomma per ri-dirla più semplice, o medianicamente, una fanciulla non può ospitare lo spirito di un orso e viceversa...a ogni spirito compete il relativo corpo, nervi sangue e muscoli affinché possa librarsi per quel che deve

 

Inviato

E non poteva che essere Scarlatti al clavicembalo (nella sua natura...me pare quasi strano sottolinearlo) a sottolineare questa metafora 😄 😉

 

 

  • Haha 1
Inviato
5 ore fa, Grancolauro ha scritto:

Gli strumenti erano spesso intercambiabili tra loro: il violino col flauto, il violino con l'oboe, il violoncello col fagotto, ecc.

  Ne abbiano parlato un'infinità di volte, anche di questo: erano strumenti coevi.., "compatibili", naturalmente "intercambiabili... Il pianoforte moderno non era coevo del clavicembalo.., strumento principe, imperatore e pure papa di quelle epoche!! Le opere composte espressamente per tastiera da Bach erano per cembalo, quale strumento d'elezione; Bach conobbe i primi modelli di strumenti a tastiera "martellanti" antenati del pianoforte ma non li apprezzo'... Neppure l'"imperatore" risucì ad imporglielo.., se non forse occasionalmente durante la vista a corte del Kantor per compiacere Federico, del quale apprezzava invece la "collezione" di organi.  Anche su questo abbiamo dato.., è storia.
Se Bach avesse inteso comporre espressamente per l"antenato" dello Steanway lo avrebbe espressamente specificato..., figuriamoci, sarebbe stata una novità di grido!! 
Bach infatti compose le Suite "dichiarando" lo strumento di destinazione: il violoncello, per evitare che si suonassero con la viola da gamba, strumento ancora in auge,  molto più del cello emergente che in seguitò oscurerà la viola...

Bach scelse il cello per questo motivo, perchè era già di nuova "moda", ad incontrare una certa popolarità e perchè decise di comporre delle musiche non ricordo ora per quale celebre violoncellista che godeva di altro prestigio...

Ci sono musicologi che sostengo come le particolarità scritturali di dette Suite riconducessero più al carattere musicale, tecnico organologico ed espressivo della viola da gamba piuttosto che a quello del violoncello. In ogni caso la storia di queste Suite ha dei tratti controversi.

L'eccellente violsta da gamba Paolo Pandolfo ha registrato un magnifico disco dell Suite suonate con la viola da gamba. I risultati sono straordinari sul piano della musicaltà e sembrano dare ragione all'ipotesi suddetta.

Però Bach ha inteso affidare le sue sue composizioni al violoncello e quindi violoncello (anche) sia.., non c'è problema.., anzi, essenso il cello e la viola strumenti coevi, l'alternanza si fa maggior ricchezza aggiunta.., purche il cello sia violoncello barocco suonato da musicisti del calibro del purtroppo compianto Anner Bjlsma, ad esempio.., le interpretazioni dei violoncellisti "moderni" con i vibratoni e gli "spaesamenti" ottocenteschi pieni e "post" le diamo al gatto... 😉

 

 

Inviato

Il Bach “pandolfiano” è veramente splendido. Ricordo che lessi una critica interessante, credo sulla Domenica del Sole,e corsi ad acquistare i cd. 
non vorrei rinfocolare la diatriba affermando che, al violoncello, le Suites interpretate da Tortelier e Fournier a me sembrano eccelse.

@analogico_09 dell’interpretazione di Brunello cosa ne pensi?

Scusate l’ot

Inviato
2 ore fa, my2cents ha scritto:

Scusatemi ma non trovo proprio 'partita' tra Scott Ross e Sokolov.

 

 

Ma certo.., due mondi incompatic bili.., però Scott nella stessa sonata di Scarlatti lo avevo già citato a confronto con Lupatti... potevi paragonare  con un altro grande del cembalo, che so'.., con l'interpretazione di Leohnardt di cui ci ho l'integrale dell'opera in vinile registrazione Basf che tra l'altro si sente audiofigamente bene che levati... 😉

 

D'accordo comunque che l'interpretazione di Sokolov, pianista che apprezzo miltissimo in altri repertori, non ha corrispondenza con il mondo musicale, poetico, iconico-immaginifico di Bach, idem dicansi per le altre interpretazioni pianistiche condivise.., anzi mi sembra che più i pianisti cercano di "imitare" il cembalo per cercare di avvicinarsi di più al cembalo, più danno prova di voler cercare di essere più "degni" della musica di Bach.., e che quindi siano coascienti che il vero Bach è altrove, in altro strumento e in altro modo di intendere la frase, la musicalità, lo stile, la forma, il linguaggio, l'estetica, ecc... A quel punto perchè sforzarsi con le imitazioni che hanno le ... "gambe corte" mentre si potrebbe passare direttamente a "studiare" e approfondire la meraviglia musicale di bach e del suo clavicembalo calati nella loro epoca, se davvero si ama Bach per quello che è e non preso quasi a pretesto per dare ancora più nutrimento al proprio "ego" interpretativo autoreferfernziale, e maggior "potere" al pianoforte imperante, ingombrante, onnipotente, il quale ha la sua magnifica letteratura, che non finisce mai, a cui dedicarsi.



 

 

Inviato
4 minuti fa, Alpine71 ha scritto:

Tortelier e Fournier a me sembrano eccelse.

@analogico_09 dell’interpretazione di Brunello cosa ne pensi? Scusate l’ot

 

 

Non credo che tu sia OT, cambia lo strumento ma la questione resta la stessa.., ovvero se, aldilà di ciò che ogni interprete mette di suo durante l'interpretazione di opere create da altri, ciascuno secondo la propria sensibilità, il proprio stile, la propria immaginazione, si possa radicalmente "tradire" l'autorevole intenzione autoriale, lo spirito musicale in tutte le sue declinazioni durante il quale la creazione musicale ha maturato ed elargito come una grazia i suoi sacrali frutti.

In assoluto i violoncellisti che citi vengono convenzionalmente ritenute delle eccellenze musicali, ma nulla è così assoluto, si va da caso a caso, credo che tutto dipenda dall'immaginifico estetico nel quale ciascuno si è formato, attraverso il quale riesce a percepire e comprendere la "realtà" che lo circonda, realtà estetica, sociale, civile, "politica", ecc...

La mia "realtà" relativa mi porta a distanziarmi dai musicisti che citi che tuttavia rispetto e che in assoluto ritengo che ... magari fossi capace di suonare come suonano loro.., ne approfitterei per "sfruttare" quella tecnica prodigiosa per ottenere un'espressione di altro tipo... 🙂

 

 

 

 

  • Thanks 1
Inviato
Il 18/2/2022 at 15:29, stanzani ha scritto:

Una delle operazioni piu' orride :Pictures at an Exhibition degli Emerson Lake and Palmer. Certo ha fatto avvicinare qualche mio coetaneo alla musica classica ma non credo sia questo il modo (infatti si allontanarono quasi subito)

 

Però quella degli ELP è un rifacimento "rokkeggiato" dichiarato.., non ha pretese di appaiarsi alla composizione originale.
Anche Ravel trascrive per orchestra, con risultati imparagonabili all'operazione di ELP, il geniale parto di Mussorgksy per pianoforte che personalmente non paragono proprio alla pur nobile versione orchestrata del compositore francese. 

 

Verissimo, ho avuto modo anch'io di verificare che chi si avvicina alla classica attraverso queste "scorciatorie", quasi sempre, dopo aver soddisfatto l'epidermica curiosità, torna indietro.

 

 

  • Melius 1
Inviato

@my2cents si ma in un film un poco sporcaccione ...  😁

 

ma credo che l'argomento non fosse la solita diatriba (per me priva di soluzione - ne scrissi parecchio prima del rogo) ma piuttosto la conseguenza di quella diatriba

 

consiglio sempre questi lavori (al pianoforte) anche se ascolto volentieri anche il clavicembalo

 

 spacer.png

 

 

madame - mi piace molto (ascoltai alla sala verdi la sua arte delle fuga)

 

spacer.png

  • Melius 2
Inviato

Grazie davvero a @analogico_09, @my2cents, @Alpine71 e @stanzani per le loro osservazioni, tutte interessanti. Confesso che trovo un po' sorprendente, tuttavia, che la discussione vada a parare su un confronto tra esecuzioni di Bach al clavicembalo ed esecuzioni di Bach al pianoforte. Ovviamente nulla vieta di farlo. Per me tuttavia è un po' strano e, ritengo alla fine, scorretto.  Questo perché si tratta di due mondi radicalmente diversi, come un molti hanno osservato, forse addirittura incommensurabili sotto il profilo estetico, oltre che dal punto di vista pratico-esecutivo. Insomma, si tratta di due riti diversi. Se così è, trovo più naturale e pertinente confrontare tra loro diverse interpretazioni della Partita di Bach di cui si parlava suonata con lo stesso strumento. Così a me, ad esempio, piaciono molto di più le Partite di Bach al clavicembalo nell'interpretazione di Leonardt piuttosto che in quella di Ross, perché più aderenti alla poetica barocca. Ross (che pure apprezzo molto, specie nelle Godberg) è per certi versi più "modernista". Leonardt, invece, fa propria una concezione retorica dell'interpretazione, quella che Harnoncourt chiamava la "musica eloquente": l'interprete deve articolare il fraseggio musicale come nell'orazione classica, come se stesse declamando in versi di fronte al pubblico. (Del rapporto tra musica, parola e azione nel Barocco avrete parlato mille volte, mi scuso per l'ennesima ripetizione...). Basta confrontare il Ross di prima con questo video per cogliere immediatamente la differenza nell'articolazione retorica del fraseggio:

Quando si tratta invece di confrontare esecuzioni pianistiche di Bach, entrano in gioco criteri diversi, a mio modo di vedere, di stampo più squisitamente pianistico, appunto, seppur filtrati oggi dalle conoscenze filologiche. Bach al pianoforte è il risultato alla fine di una ibridazione; una ibridazione, tuttavia, non frutto della genialata del momento (come nel caso di Emerson Lake & Palmer) ma risultato di un processo storico che ha sue precise ragioni, che ha dato vita a una tradizione interpretativa durata almeno 2 secoli, e che non si può dunque ridurre a un gesto gratuito e quasi impertinente.

Mi sorprendono poi le osservazioni un po' "risentite" di @analogico_09 con riguardo al concetto di "autenticità" nell'approccio filologico alla musica barocca (scherzo ovviamente Peppe). In realtà, da quanto ricordo almeno, il tema dell'autenticità storico-interpretativa è stato al centro per molto tempo del dibattito sulla filologia barocca. Su questo hanno scritto molti musicologi ed esponenti influenti di questa scuola, sostenendo tesi spesso in conflitto tra loro. Per scrupolo, ho ripreso in mano i vecchi appunti dell'università (pensa cosa mi fate fare 😂) e hanno scritto saggi su questo Nattiez,  Taruskin, Dreyfus, Nicholas Kenyon, e lo stesso Harnoncourt ne parla a lungo nei suoi due libri pubblicati negli anni ottanta. Insomma, non mi sembra di aver messo in bocca alla filologia ciò di cui la filologia non ha mai parlato. Che poi nel forum nessuno pensi che la filologia aspira all'autenticità, la cosa non può che farmi piacere 🙂 .

 

 

 

     

  • Melius 1
Inviato

@Grancolaurograzie a te per gli spunti così interessanti che ci proponi e che, almeno per me profano, sono fonte di stimolo ad una conoscenza sempre più approfondita delle interpretazioni pianistiche, bachiane e non.

Grazie anche a tutti gli altri e in particolare ad @analogico_09 che mi fa scoprire sempre nuovi brani, e soprattutto nuovi punti di vista che, per la mia formazione, sono non convenzionali ed interessantissimi 

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