Questo è un messaggio popolare. OTREBLA Inviato 22 Gennaio 2023 Autore Questo è un messaggio popolare. Inviato 22 Gennaio 2023 Eccoci qua con un nuovo disco del gruppetto di cui ad inizio thread. Charles Mingus Oh Yeah. L’album è stato pubblicato nel 1962 e registrato nel 1961. . . Con i lavori di Charles Mingus, nonostante lo sforzo di voltarli e rivoltarli per ogni verso, mi ritrovo immancabilmente a trarre le medesime conclusioni. Ed io detesto ripetermi. Quindi facciamo che mi limito a dirvi cosa mi è piaciuto di ‘sta meraviglia assoluta, anche perché dare un voto a dischi come Oh Yeah mi pare un grave peccato di presunzione. Ciò non di meno vi posso assicurare che, se vi piace il Jazz, rimarrete incantati dall’ascolto di Oh Yeah. Il quale Oh Yeah ripropone la consueta vorticosa giostra mingusiana, ebbra d’incensanti cambi di scena; sembra di ascoltare qualcosa di assimilabile al Vaudeville, o al teatro musicale di Brecht, non si fa nemmeno in tempo a farci l’abitudine che si viene teletrasportati in una chiesa battista, la cui austera architettura è rallegrata dai canti dei cori gospel, che di lì a qualche istante si smaterializzeranno per far posto ad una allucinata orchestrina dixieland, con il canto di Mingus che arricchisce di ulteriore pathos il caos organizzato, vociante di un blues ora allegro ora più sofferto, polpa melodica e ritmica al cui impasto concorrono i vari musicisti coinvolti, vale a dire lo stesso Mingus al pianoforte, uno spiritato Roland Kirk alle ance, un poderoso Booker Ervin al sassofono tenore, il bravissimo Doug Watkins al contrabbasso, che governa il tempo come un pausario sulle galere romane, Jimmy Knepper al trombone e Donnie Richmond alla batteria; tutti assolutamente assoggettati al verbo trascendente del loro maestro e duce. Niente sperimentazioni pseudo-moderniste o provocazioni infantili: soltanto della gran musica. Almeno fino all’ultimo brano, Passion Of A Man, che chiude il disco ed è un vero e proprio pezzo recitato, cadenzato e commentato da una debole linea musicale, molto astratta e dissonante. Il tutto un po’ pazzoide. Be’ ma io faccio finta che il Oh Yeah finisca con il bellissimo Eat That Chicken. E poi c’è questo rombo che incombe, monta, smonta e rimonta, cresce e si trasforma, ed è melodico e ritmato, gioioso e triste , selvaggio e compito, mistico e demoniaco. Che disco meraviglioso. Vogliamo parlare della registrazione? Eccellente. Turgida e di polso come deve essere, ampia, profonda, grassa di dinamiche, policroma nelle sfumature timbriche. Veritiera nella riproposizione della scena sonora. Direi che la Atlantic si merita un bel 9. Non c’è storia. Altro? Ah sì, un substrato umoristico che permea molti dei brani in scaletta e che alleggerisce l’atmosfera. A me Mingus da l’idea di quello che al posto di esclamare: “Mi è venuta un’idea per un nuovo lavoro”, esclamasse: “Mi sono venute quarantacinque idee per un nuovo lavoro!”. La musica di Mingus è magmatica e limacciosa e Oh Yeah non fa eccezione: ti avviluppa nelle sabbie mobili del brodo sonoro primordiale. Ed è sempre uno spettacolo. La ristampa Speakers Corner è perfetta. Difetti: zero. Non fate che non lo comperate, perché in ogni caso altri lo compreranno al posto vostro e voi resterete senza. Alberto. 3
gorillone Inviato 23 Gennaio 2023 Inviato 23 Gennaio 2023 @OTREBLA Come mai recensisci una cosa che dovrebbe uscire tra una quindicina di giorni? 🤭
analogico_09 Inviato 24 Gennaio 2023 Inviato 24 Gennaio 2023 Il 22/1/2023 at 21:23, OTREBLA ha scritto: Niente sperimentazioni pseudo-moderniste o provocazioni infantili: soltanto della gran musica. Almeno fino all’ultimo brano, Passion Of A Man, che chiude il disco ed è un vero e proprio pezzo recitato, cadenzato e commentato da una debole linea musicale, molto astratta e dissonante. Il tutto un po’ pazzoide. Perchè risulta forse che Mingus con altri progetti sia invece dedito a fare queste cose? Pazzoide 😒 Dopo la vita dura e la tragica morte che gli toccò in sorte, insieme alle grandi gioie che regalò a se stesso e al suo pubblico con la sua formidabile musica, perchè far sempre riginare nella tomba il vecchio buon Charlie. Fintanto che si parla di dischi.., ma le esegesi critiche improvvisate, per me male assimilate, non incontrano il favore di chi ama veramente la musica e il jazz, e non i simulacri discografici
analogico_09 Inviato 24 Gennaio 2023 Inviato 24 Gennaio 2023 Il 23/1/2023 at 10:07, gorillone ha scritto: Come mai recensisci una cosa che dovrebbe uscire tra una quindicina di giorni? 🤭 Hai ragione.., per i tempi quelle "cose" eranomolto più avanti.., sono effettivame cose che devono ancora uscire.., neppure questo "ogg" così levigato e controverso è in grado di capirne la portata...
giorgiovinyl Inviato 24 Gennaio 2023 Inviato 24 Gennaio 2023 Il 23/1/2023 at 10:07, gorillone ha scritto: Come mai recensisci una cosa che dovrebbe uscire tra una quindicina di giorni? 🤭 E già uscito ma era andato sold out. La data che vedi sul sito SC si riferisce alla nuova ristampa. Ne sono sicuro perchè ce l'ho Tornando a Mingus tutte le ristampe SC che ho sono fantastiche, tagliate da Kevin Gray https://www.speakerscornerrecords.com/?freetext=mingus&label=&sort=release-date|desc&display=grid Mi manca solo The Clown ma provvederò al più presto. Sono titoli tra i più belli di Mingus 1
OTREBLA Inviato 24 Gennaio 2023 Autore Inviato 24 Gennaio 2023 Ma dove la vedi la nuova data di uscita? C'è scritto 9 Febbraio 2022. E' la data di un anno fa, quando è stato pubblicato la prima (e unica) volta. Alberto.
giorgiovinyl Inviato 24 Gennaio 2023 Inviato 24 Gennaio 2023 @OTREBLA Vero, però mi ha indotto in errore @gorillone
OTREBLA Inviato 24 Gennaio 2023 Autore Inviato 24 Gennaio 2023 Infatti io non capivo di che cosa stesse parlando, per questo ho risposto con i punti di domanda. Alberto.
gorillone Inviato 25 Gennaio 2023 Inviato 25 Gennaio 2023 Ho letto male anch’io. Scusate. Avevo inteso 9.2.23
Questo è un messaggio popolare. OTREBLA Inviato 8 Marzo 2023 Autore Questo è un messaggio popolare. Inviato 8 Marzo 2023 Una cosa che ho dimenticato di dire a proposito di Key Seeman è che il presidente della Speakers Corner deve poter far affidamento su di un certo occhio musicale, diversamente su consulenti artistici di ottimo livello. Se così non fosse non si spiegherebbe il fatto che nel catalogo dell’etichetta, sin dagli esordi, Seeman ha incluso dischi forse non notissimi che però una volta piazzati sul giradischi si rivelano lavori di livello ben superiore alla media. L’elenco di tali perle sarebbe lungo da redigere e non può che includere anche il vinile in fotografia: . . Abbiamo il batterista Elvin Jones (celebre per la sua partecipazione al quartetto di John Coltrane), suo fratello Thad alla tromba (semplicemente fantastico), un irriconoscibile Hank Mobley al sax tenore (insolitamente morbido), Dollar Brand al pianoforte, Steve James al pianoforte elettrico, Donald Moore al contrabbasso (fondamentale) e George Abend alle percussioni, per una registrazione Atlantic datata 1966 ed intitolata Midnight Walk. Ho l’impressione che la Atlantic Records, sotto il profilo tecnico, non sia sufficientemente considerata dagli audiofili. Più ascolto ristampe Atlantic e più mi rendo conto che Tom Dowd, tecnico del suono dell’etichetta newyorchese, sapeva fare molto bene il suo mestiere; il suono Atlantic è spesso eccellente, come in questo caso. Elvin Jones, pur essendo il protagonista e leader del gruppo, ovvero colui che imprime il tono generale alla musica, suona senza strafare e dare di matto; ciò costituisce un prezioso lascito per i batteristi jazz contemporanei, i quali hanno la tendenza a fare troppo le prime donne. Il suo apporto è determinante, perché è chiaro che la batteria in Midnight Walk è preminente ed ha un ruolo centrale, tuttavia detto ruolo è svolto in modo intelligente e non autoreferenziale. Gli altri musicisti splendono assieme al batterista e risultano cruciali per generare un meccanismo moderno, musicalissimo e coinvolgente. C’è un po’ di funk e hard-bop in Midnight Walk. Il podio viene assegnato (dal sottoscritto) al bellissimo Lycra Too? composizione di tal Stephen James (che non so chi sia), caratterizzato da un ipnotico ostinato di contrabbasso da parte dell’eccellente Donald Moore. Vale un ascolto anche soltanto in Rete. Il disco si fa ascoltare che è un piacere, ma i primi tre brani, Midnight Walk, il citato Lycra Too? e Tintiyana formano la sua punta di diamante. Come ho detto registrazione sorprendente, con la batteria presentissima, in generale un’ottima immagine complessiva, ben bilanciata, i fiati perfettamente ripresi e dinamica piuttosto esplosiva. Su lato A gli ultimi solchi arrivano troppo vicini all’etichetta. A mio parere questa registrazione meriterebbe una versione su doppio 45 giri. Peccato la copertina anonima come una monodose di detersivo liquido alla lavanderia automatica. Pagato 27 Euro su IBS. Voto artistico: 9 Voto tecnico: 9 2 1
OTREBLA Inviato 26 Marzo 2023 Autore Inviato 26 Marzo 2023 . Miles Davis Live In Berlin (CBS-Columbia 1967). E' un mistero il motivo per cui ho acquistato questo lavoro, non essendo un fan gran che sfegatato di Miles Davis. L’ho sempre trovato troppo impostato, cerebrale e talvolta freddo per i miei gusti. Dalla svolta prima modale poi commerciale, rock, elettrica e funk, l’ho semplicemente ignorato. Forse non sono la persona più adatta a recensirne i lavori. E’ certo che preferisco il Davis del periodo Prestige, quello più Bop e Swing. Buona la registrazione di Live In Berlin, per essere un disco dal vivo. Gli applausi del pubblico non infastidiscono minimamente, limitandosi a far capolino tra un brano e l’altro. Il gruppo è costituito da Wayne Shorter, Herbie Hancock, Ron Carter e Tony Williams alla batteria. L'insieme è abbastanza definito, con la tromba in primo piano ed i vari strumenti ben bilanciati tra di loro. Le riprese Live del passato non sono mai perfette, ma Miles In Berlin sotto certi aspetti è persino migliore di tante registrazioni Columbia-CBS coeve, che soffrono di una certa piattezza. Miles In Berlin è un compendio del Jazz di quegli anni: Modale nel brano Milestones, Swing-Bop nel bellissimo Autumn Leaves, una versione minimalista e destrutturata, con la sordina di Davis dolce e suadente che a me piace da pazzi, ed infine Hard Bop ultima maniera, quello più spigoloso ed elaborato, dei classici So What e Walkin’. Bravissimi i comprimari, ma insomma da Shorter, Hancock e Carter non è che ci si possa aspettare una performance al risparmio. C’è poco da aggiungere se non che Miles In Berlin è un lavoro molto rappresentativo dello stile e della visione musicale del famoso trombettista afroamericano, perlomeno di quel periodo della sua vita artistica. Agli appassionati di Miles Davis piacerà da matti. La ristampa Speakers Corner è priva di difetti. Voto Artistico: 8 + Voto Tecnico Live: 8 + Pagato 28 Euro spedito, su IBS.
OTREBLA Inviato 27 Marzo 2023 Autore Inviato 27 Marzo 2023 Bello, ma hai attaccato l'etichetta sulla copertina? Alberto.
OTREBLA Inviato 3 Aprile 2023 Autore Inviato 3 Aprile 2023 Charles Mingus The Clown - Atlantic 1957 - Ristampa Speakers Corner Stavolta davvero mi devo ripetere. . . Anzi non mi ripeto e passo direttamente a The Clown. Mi riferisco all’ultimo brano in scaletta (durata di 12 minuti) nel quale la musica è inframezzata agli interventi della voce narrante di Jean Parker Shepherd, che sul tema musicale improvvisa una storia. Pertanto abbiamo improvvisazione musicale ed improvvisazione letteraria. Inventare storie sul momento, andando avanti anche per delle mezzore, era la specialità dello Shepherd e lo rese famoso come intrattenitore radiofonico negli anni ‘50 e ‘60. Un clown non riesce a far ridere il pubblico; si esibisce in minuscoli paesi di provincia, ma la gente è sempre fredda e le poche risate paiono alquanto di circostanza. Il clown desidera soltanto divertire il pubblico ed il fatto di non riuscirci lo deprime moltissimo. Divide il palcoscenico con una simpatica foca, che lo insegue su per una scala. Una sera la foca si sente male e sporca il palco...improvvisamente il pubblico manifesta agitazione; pare divertito. Ciò fa riflettere il clown. Qualche sera dopo, nel solito sperduto paesucolo di provincia, in Iowa, gli capita un incidente ben più grave: a fine spettacolo, congedandosi dal pubblico, inciampa uscendo dal proscenio, cade a terra di faccia e si rompe il naso; tutti scoppiano a ridere. Questo fatto lo fa ulteriormente riflettere, decide quindi di smettere il costume variopinto che usa di solito, per passare ad uno grigio e blu scuro. Col suo nuovo aspetto si fa rovesciare da una giovane assistente, collocata a cinque metri di altezza, un sacco di farina da 3 chilogrammi sulla testa. Ogni sera la medesima scena e finalmente il pubblico ride; è il successo e con esso giungono gli ingaggi dalle città più grandi. Ma una sera a Pittsburgh, una corda di quelle per tenere sollevate le scenografie si spezza e cade proprio sul collo del clown, che cade a terra tramortito. Di lì a qualche momento si riprende, tenta di sollevarsi ma sente un forte dolore che lo morde da dentro; si accascia ancora. Finalmente ha capito come divertire il pubblico, che infatti non si tiene più dal ridere. Un fragore di risate proviene persino dal ridotto. E’ la sua ultima esibizione, poco dopo il clown spira. Nei giorni seguenti l'impresario del clown è sommerso dalle richieste dei più importanti teatri nazionali, ma ormai è troppo tardi. Durante le prove che fecero a casa di Mingus il contrabbassista racconta che Shepherd modificava ogni volta la storia. The Clown a parte, che è un gran bel brano, il resto del disco è una ME-RA-VI-GLIA assoluta. Offre del Blues, prove d’orchestra, folk, una ballad in ricordo di Charlie Parker, tanta bellissima e geniale musica e le capacità ben sopra alla media di un contrabbassista straordinariamente bravo. Parliamo della registrazione dai, così gli troviamo almeno un difetto: monofonica, risalente al 1954-55. Per essere così anziana si difende abbastanza bene. Non è trasparentissima, è un po’ limitata in frequenza, il bilanciamento a tratti è un po’ ballerino, tuttavia ne esce complessivamente benone. Qua e là c’è qualche saturazione sui picchi dei fiati, in particolare del trombone, ma niente di drammatico. Comunque la registrazione in questo caso non conta assolutamente niente, giacché The Clown è da avere per forza, essendo un opus mirabilis. Penso proprio che lo consumerò a forza di ascoltarlo. Voto artistico: eh be’, bello alto, fate conto tra 142 e 157. Voto tecnico: 7 + Alberto.
ontherun Inviato 5 Aprile 2023 Inviato 5 Aprile 2023 @OTREBLA Di Eye in the Sky in realtà esiste anche un master analogico, quando lo registrarono lo fecero sia in modalità digitale che appunto analogica. Difficile dire perchè SC non sia riuscita ad ottenere il master analogico. The Alan Parsons Project – Eye In The Sky – Production Master (30 IPS AES) The excitment is that when this particular album was made, it was transferred digitally, albeit with errors, at source. The statements pronounced that an analogue parallel master was made at the same time. This is of real note as, we on this forum have suggested, that the Hi-Res digital copies released as analogue, were in fact digital Sony Umatic-1630 transfers. Well this “Production Master” is the analogue copy, perhaps the only one that we know in existence that was from the analogue source. We know the provenance. The fact is, we know this is analogue. I also know this was one of the only “Production Masters” transferred without Pro-Tools inhibiting the transfer to 24/44 in a 96KHz container [...] nb: la fonte è un forum privato per questo non è possibile pubblicare il link (non si avrebbe l'accesso comunque)... è parte delle regole. Può anche darsi che nel Web si possano trovare notizie in merito ma non saprei di preciso.
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