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Melius Club

Musica classica indiana


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analogico_09
Inviato

Non poteva mancare Don Cherry con il suonatore di tabla indiano Latif Kahn co-presenti nel disco registrato a Parigi nel 1978 ... anche qui, un mix di rag e minimalismo nel brano più "indiano" dell'ottimo disco, l'ultimo, "Sangam" ... fusion/jazz gli altri brani, ci sono tutti. 

 

 


 

analogico_09
Inviato

Ancora un brano "Manusha Raga Kamboji" dallo stupefacente album di Don Cherry, Organic Music Society, eseguito da Hans Isgrenj all'altro strumento ad arco fondamentale, lo Sarangi... 

 


"Sidhartha"

 

 

"Resa"

 

Tabla – Bengt Berger

Tambura – Moki

Voice, Harmonium – Don Cherry

 

 

 

Inviato

Vorrei ricordare che il primo jazzista a inglobare suoni indo-arabi è stato il grande e purtroppo dimenticato Yusef Lateef, anni prima di Coltrane.*

Riguardo alle musiche extra Europa occidentale-nord America sono conscio delle mie limitazioni culturali: quando ascolto non so distinguere bene se il "prodotto" è genuino oppure una cartolina per turisti.

Ad esempio ho ben chiara la differenza tra NCCP e Orchestra Italiana di Arbore perché conosco il substrato  culturale, ma tra opere culturalmente lontane non sarei altrettanto certo. 

 

*Prima ancora Sidney Bechet, ma in maniera più superficiale.

giorgiovinyl
Inviato

Ecco quello che ho trovato ad una prima ricerca in casino della mia collezione cd. 
Ho di sicuro almeno un altro cd Nimbus con Imrat Khan al sitar 

IMG_6861.jpeg

analogico_09
Inviato
1 ora fa, densenpf ha scritto:

Alla fine ascoltare una Messa di Bach o un Mantra, cambia poco, se non lo stile che ha solo carattere superficiale, ma l'atteggiamento interiore  e' sovrapponibile , visto che e' l'Anima che parla.

 

 

Assolutamente! E anche l'approccio ascoltatoriale dovrebbe essere di natura "mistica". La traiettoria "circolare" del Kyrie, Christe, Kyrie, della Messa in si minore di Bach, la "sfinente" retitera(invoca)zione che dura circa 20 minuti è "sorella" delle voci mantriche, tantriche, raga dell'India, dell'oriente, delle voci "certosine" remote ed eterne. E il gregoriano, come dicevo, e il "Magnificat" di Monteverdi. lo "Psalms" di John Coltrane. Per dirne qualcuna a caso.
Idem le parti più trascendentali della settima sinfonia di Bruckner - specialmente nella direzione di Celibidache, un interprete "zen" che coglie l'essenza della spiritualità musicale, disinteressato allo "stile" alla bella e levigata forma - le quali si ripetono variabilmente, non è un ossimoro, come in rosario recitato dalle beghine che "cantano" il latino stentato ma "intonato", musicale, interminabile...

Tutto ciò che scrivi - concordo in toto -  merita attenzione e riflessione.

 

  • Thanks 1
Inviato

A Torino c’era (forse per pochi giorni c’è ancora poi chiuderà ) un negozio di dischi chiamato Onde. Li operavano Elisabetta Sermenghi e Renzo Pognant. Persone di grande e variegata cultura musicale. Entrambi avevano una passione per l’India e quindi per la musica di quella terra. Pognant in particolare e a questa univa anche una frequentazione credo anche professionale con personaggi come Charlemagne Palestine, La Monte Young, Steve Reich etc. Adesso il negozio chiuderà e quindi quello che era comunque un patrimonio sarà di più difficile fruizione. Aggiungo qualche foto, non per esibire la mia discoteca ma perché questi dischi sono quelli che, quando il negozio chiuse una prima volta, Pognant e Sermenghi scelsero alla mia richiesta(confesso di non essere un appassionato) di fornirmi una mini antologia di musica indiana. Purtroppo per @Alexis temo non sia facilissimo reperire vinili, ma non si sa mai. Aggiungo che l’etichetta che entrambi seguivano (Felmay) potrebbe avere qualche titolo di interesse.

  • Melius 1
Inviato

Non riesco a ridurre le dimensioni delle foto. Quindi aggiornerò più tardi…

 

 

Inviato

Una domenica mattina, quando l’ingresso costava 12 euro e anche un impiegatuccio come me poteva usufruirne regolarmente con la signora senza erodere troppo il bilancio familiare, andiamo all’auditorium di Roma per sentire Ramjn Bahrami, pianista iraniano naturalizzato italiano. Sul palco gli domandarono, lui che apparteneva alla tradizione orientale (che bel paese deve essere, da un punto di  vista culturale, quello che una volta si chiamava Persia) si fosse specializzato in Bach e comunque nella musica “colta” occidentale. La risposta mi diede molto da pensare: in Occidente saremmo stati capaci di metabolizzare anche le altre culture, una forma di sincretismo di cui non era stata capace, e qui l’ha citata direttamente, un’altra grande tradizione come quella indiana. Mi viene da pensare che una certa fatica di ascolto di quelle musiche stia tutta lì: non abbiamo le chiavi per apprezzarle (una notte su Battiti illustrarono l’enorme differenza fra le scale tonali Indiana e occidentale, io capii solo che in oriente ne hanno molte di più e durano molto di meno), non ci sono abbastanza esempi di musicisti indiani che si siano bagnati nei fiumi della musica occidentale. Per un musicista iraniano guardare a occidente significa allargare i propri orizzonti e accedere a una bellezza inclusiva, porgere lo sguardo a oriente rinchiudersi in una bellissima gabbia dorata. Tutto questo per dire che riesco a godere delle produzioni miste, ma davvero faccio fatica con la musica indiana pura, é come ascoltare poesie in una lingua del tutto sconosciuta. m2c, post ad alta probabilità di belinate

Inviato
3 ore fa, lormar ha scritto:

A Torino c’era (forse per pochi giorni c’è ancora poi chiuderà ) un negozio di dischi chiamato Onde. Li operavano Elisabetta Sermenghi e Renzo Pognant.

Li ho conosciuti, belle persone e molto appassionate e competenti, la loro opera di divulgazione anche attraverso l'etichetta Felmay è meritoria e ammirevole.

Quando capitavo a Torino il negozio era una sosta fissa. Mi dispiacerà davvero moltissimo se chiuderà, del resto capisco che sia un mercato di ultra-nicchia, non so come facesse a sopravvivere.

  • 3 settimane dopo...
Stefano1911
Inviato

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Conosco molto poco di quanto citato nei commenti precedenti, ma qualche anno fa mi ero imbattuto in questo CD a cui non ho resistito per la mia passione onnivora del repertorio sinfonico, di tutte le epoche e di tutti i continenti. Si trova tranquillamente sulle piu' comuni piattaforme di ascolto e acquisto. Decisamente consigliato.

analogico_09
Inviato
Il 20/6/2024 at 07:26, campaz ha scritto:

Per un musicista iraniano guardare a occidente significa allargare i propri orizzonti e accedere a una bellezza inclusiva, porgere lo sguardo a oriente rinchiudersi in una bellissima gabbia dorata.

 

 Però, ne ho parlato un po' nei primi post, la musica occidentale inizia a prendere forma, già dal gregoriano, dalle musiche "orientali", già dai romani che prendevano dai greci più "esotici" molte cose anche i modi musicali ancora in uso nei popoli ad est dell'occidente, nel nordafrica. Dalle crociate imparammo a conoscere e ad importare i "modi" e gli strumenti musicali, ovviamente rialaborati, dall'islam, nel nostro medioevo. Praticamente tutti i nostri strumenti, di ogni famiglia erano d'"importation".., ovviamente asistiamo ad elaborazioni di questo materiale musica e strumentale, ma non abbiamo in fondo perso qui in occidente la forte impronta "orientalista", nordafricanista che sopravvisse anche con Puccini, Debussy, Ravel, etc, etc.... Diciamo che le più rimarchevoli "emancipazioni" delle nostre musiche da quelle "esotiche" iniziarono nel '700, in piena "rivoluzione" barocca, già dal primo barocco, tardo rinascimento, con i Monteverdi, Frescobaldi, Bach e tanti altri.

Le forme musicali orientali hanno trovato minori evoluzioni ma ancora oggi, molto più aperte di ieri a quelle occidentali: musicisti interpreti e compositori (un po' meno questi ultimi) cinesi, giapponesi, coreani, indiani, etc, stanno facendo seria concorrenza ai colleghi più abituati da sempre ad osservare i tramondi del sole che sorge ad "est", e non già come dicevano quelli del duce, liberio e giocondo sui colli di Roma... Se in oriente non vi è stato sincretismo con le musiche d'occidente, non è stato per mancanza di capacità, ma credo per cultura "filosofica", psichica, religiosa, trascendente.., nella loro cultura non c'è il senso dello "spettacolo" come lo intendiamo noi in modo spesso "esteriore. Le musiche indiane, coreane, mongole, cinesi, sufi, berbere, zen, ecc , emanazioni di civiltà antichissime ed estremamente colte e potenti, affatto complesse e ricche di suoni ed umori mutevoli e di rapinosi coinvolgimenti emotivi e intellettuali, contro le apparenze, mirano alla spiritualità che si può ottenere in modo non di meno profondo con un semplice flauto di canna rispetto a quello che sarà stato il fulgore musicale alla prima del Don Carlos di Verdi Il 27 ottobre 1867 diretta a Bologna dal grande direttore d'orchestra Angelo Mariani, mi pare il primo, o tra i primi, a salire sul podio per inaugurare il nuovo corso "accademico" della direzione orchestrale intesa in senso "moderno", più "autoritaria" la quale , con tutti cambiamenti del caso, facendosi a volte anche "ingombrante", dura ancora oggi.

Ciò che dice Ramjn Bahrami sul mancato sincretismo della muaica indiana, più bravo a "opinionare" che a suonare Bach in modo assa assai "modesto"... sono approssimazioni.., capisco che voglia "emanciparsi" da uno stato così autoritario qual è l'Iran le cui musiche popolari e "classiche" sono tuttavia meraviglose, di grande raffinatezza compositiva, esecutiva, improvvisativa. (non r tirerò fuori il jazz che invece si imbeve di queste caratteristiche.., nell'assorbire e nel rilasciarle...) quanto ve ne sia nelle nostre musiche basta ascoltare.., e dovrebbe essere proprio il pianistra a promuoverle a far conoscere le grandi musiche della sua cultura a noi "infedeli".., non che non si possa promuovera anche Chopin o  Bach da musicisti non occidentali, ci mancherebbe,  ma a costoro ci pensano da secoli e con enorme risonaza in occidente... dove ci stiamo sempre più aprendo all'"esotico".., si spera.  :classic_wink:
 

 

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