claudiofera Inviato 13 Febbraio Inviato 13 Febbraio Sarà per via che ci sono nato,dipenderà dal fatto che questo dialetto l'ho sentito parlare "duro " da mio padre,dai suoi amici e dagli amatissimi personaggi di Pasolini---ma il romanesco mi sembrava imbattibile ,saggio e insieme spietato.Prima di imbattermi in Martin e nel suo fantastico veneto....All'altezza del 1988 rimasi "fulminato" da un sobrio litigio tra due giovani fidanzati in Trieste.La ragazza sembrava tenerci un pò meno rispetto al ragazzo,così al termine di un secco scambio lo licenziò ,adoperando un fulminante , mai sentito prima : "lasciami viva !" .Non ero solo,la mia compagna credo avesse le orecchie come me...e pochi anni dopo, divenni anch'io target per lo stesso,sbrigativo input. 1
analogico_09 Inviato 13 Febbraio Inviato 13 Febbraio Un'espressione romanesca molto colorita e sagace financo volgaretta che sentii dire da un mio collega di lavoro, er sor Aldo, già prossimo alla pensione quando in illo tempore, da pischello iniziai a lavorare Lui romano de roma sapeva tutto della città delle cose più insolite e segrete e particolari e molte me ne raccontò, anche delle battiute colorite d'altri tempi che andarono in disuso, come questa: "Aò, e mo' m'hai cac@to in soffitta" un modo "asciutto" per dire al fastidioso che non solo ha stufato ma che è andato anche oltre il consentito... violando il "sacro".., e d'altra parte le soffitte hanno qualcosa riservato, di mistico-misterioso da non profanare... Altra battuta in forma messaggio scitto in un biglietto che veniva lasciato tra il tergicristallo ed il vetro della macchina parcheggiata quasi attaccata alla vicina, tanto da impedire o rendere difficoltosa l'apertura dello sportello e l'entrata in vettura, e la cosa si ripeteva spessissimo parcheggiando in zona posto di lavoro, un altro collega burlone preparò tali biglietti con su scritto: "come li burini lassano i somari, tu hai lassato la machina"... Dare del burino a un romanaccio verace specialmente se d'altri tempi era peggio che dargli del figlio de 'na... peripatetica!
damiano Inviato 13 Febbraio Inviato 13 Febbraio Un mio amico di Reggiano mi raccontava che al suo paese, per definire uno sfigato, si usava una locuzione che diceva, andrebbe in romagnolo, "è così sfigato che se gli casca l'uccello gli rimbalza in cūlus" Ciao D.
analogico_09 Inviato 13 Febbraio Inviato 13 Febbraio Abruzzese, ma anche "internazionale": chi nasc(e) tunn n' po' murì quadr (tunn, tondo)
Panurge Inviato 13 Febbraio Inviato 13 Febbraio @damiano c'è una espressione napoletana parente di quella del tuo amico " Chi nasce puveriello e sfurtunato 'nce chiovono 'e cazze 'nculo pure si sta assettato."
Martin Inviato 13 Febbraio Inviato 13 Febbraio Dal militare: Durante una manovra il nocchiere a poppa, Triestino, doveva riferire la distanza dal molo. Accortosi dell'eccessivo abbrivio e del delay di attuazione dell'ordine di macchina concluse che saremmo andati a battere. Il dialogo si svolge tramite l'interfono: Dalla plancia: "...poppa: Distanza !..." E quello: "...Sèmo cagài..." (la pronuncia da applicare è quella della Botteri) 1
analogico_09 Inviato 13 Febbraio Inviato 13 Febbraio Questa forse la dissi inn un analogo topic tanto tempo fa. Abruzzo - Un celebre contadino scarpe grosse e cervello fine, sagace, simpatico, benvoluto da tutti, malizioso ma non maligno, sempre con la battuta pronta, buon beone, allergico alle fatiche dei campi, usava anche scrivere poesie in dialetto tra cui, per dire di quanto non amasse la fatica... una intitolata La Zapp ( zappa) Veniva chiamato con il suo soprannome che era Zepp (zeppa) La Zapp Zep zapp quando la zappa diventa Zepp i s' la zappa n'diventa Zepp, Zepp n'zapp se magn la zupp i da n'cūlus a chi zappa.. Una pattuglia di carabinieri il giorno delle elezioni politiche trovò Zepp ubriaco che si aggirava ilare e felice per la piazza... Ma come fai ad essere ubriaco gli chiese l'appuntato se i locali sono chiusi per legge: lui rispose: è 'l ver c' stann chius ma la vott(a) della cantina me st'apert da mantiman... (è vero che sono chiusi ma la botte nella mia cantina è aperta da stamattina) Questa ha solcato gli oceani, fatto vero, raggiungendo tutti gli emigrati abruzzesi sparasai per il mondo.. Zepp era burlone, amava fare scherzi. Una donna un po' grifagna non ne gradì uno, innocuo, e offese il nostro contadino. Lui si girò verso di lei e pronunciò una sola ma secca parola: "Vacca" ... La cosa finì in tribunale. Il giudice dovette riconoscere la colpa di Zepp (che non aveva testimoni, la donna si) e condannarlo blandamente ricordandogli che l'insulto era vietato dalla legge, che non era consentito dare della vacca ad una signora. Al che Zepp senza scomodarsi chiese al giudice se la legge proibiva anche dare della signora ad una vacca. Il giudice gongolante rispose che che nessuna legge lo vietava. Allora Zepp dal banco degli imputati si gira verso la donna e con un sorriso d'arcangelo vendicativo pronuncia con gesto deferente e voce ben intonata e sifulina una sola parola: "Signooora"... Il tribunale, pieno di gente che faceva il tifo per Zepp esplose in una risata corale e fragorosa la cui eco rimbalzò per tutte le piazze, valli, pascoli e montagne d'Abruzzo... 😂 2
Martin Inviato 13 Febbraio Inviato 13 Febbraio Sicuramente conoscete quella del leone che ogni mattina deve correre per afferrare una gazzella altrimenti muore di fame, e quindi la gazzella che ogni mattina deve correre altrimenti viene mangiata. Ai corsi aziendali la raccontano dicendo che non importa se sei leone o gazzella, l'importante è correre. Noi timbratores la leggevamo applicando il lateral thinking (altro corso aziendale): Dato che non sei leone e non sei gazzella, catso corri a ffa? Un ottima sintesi triestina, quasi musicale direi, è: Còsa ‘còri che te còri, co no ‘còri che te còri? (tra correre e occorrere tutto si gioca sul grado di apertura della O, da aperto a apertissimo e sull'intensità della C iniziale che viene impercettibilmnete coperta dalla ghost-O iniziale di 'còri , il detto per questo potrebbe fungere da shibboleth) 1
Martin Inviato 13 Febbraio Inviato 13 Febbraio Questo detto veneziano si usa, purtroppo sempre meno, quando si è al cospetto di persona non-fulminea nell'attenzione e nell'azione per presumibile eccesso di libagioni della sera prima (postumi o hangover che dir si voglia) In questo caso si dirà all'aria, ma badando di farsi sentire dall'interessato e da tutti i presenti: "...eeeh...kalò krasì, kakò kefalì...dise el grego..." (vino buono, testa cattiva ... dice il greco) il detto ci riporta a tempi antichi quando fortissime erano le relazioni con le terre greghe. 1
analogico_09 Inviato 13 Febbraio Inviato 13 Febbraio Mia nonna mi faceva, quando diventavo supponente: tu adà parlà n'ann(o) sci y n'ann(o) no y jann(o) che t(e) tocc(a) parlà tadà sta zitt! - Tu devi parlare un anno si e un anno no e l'anno che ti tocca devi tacere ... 😂 come m'incacchiavo ma come m'incacchiavo... 1
analogico_09 Inviato 13 Febbraio Inviato 13 Febbraio 4 minuti fa, Martin ha scritto: "...eeeh...kalò krasì, kakò kefalì...dise el grego..." (vino buono, testa cattiva ... dice il greco) il detto ci riporta a tempi antichi quando fortissime erano le relazioni con le terre greghe. Beh, questo è proprio un parlar grego.... come si dice... 1
Martin Inviato 13 Febbraio Inviato 13 Febbraio "Ti me fa rivàr in goga-e-magoga" oppure "El xe -ndà star in goga-e-magoga" Spiegone: Le antiche cartografie risolvevano il problema della rappresentazione delle porzioni inesplorate disegnandovi i due demoni biblici (ma anche coranici) Gog e Magog. Una località lontana per chilometraggio, tempo, ma anche pre prestigio sociale contrapposto a quello della città serenissima era quindi detta "Goga-e-Magoga" "Ti me fa rivàr in goga-e-magoga" (mi stai mandando in un posto lontanissimo e/o scomodo) "El xe 'ndà star in goga-e-magoga" (è andato ad abitare ai margini della civiltà, e pure un po' fuori dalla linea di demarcazione. Tipicamente si usava per quelli che si trasferivano in terraferma in luoghi non prossimi alle prime due fermate di autobus dopo il ponte) Altra espressione dai riferimenti più pratici: "El stà do-dei fora dea carta"
claudiofera Inviato 13 Febbraio Inviato 13 Febbraio Alias lo sprofonno.."ma n'dove abbiti,allo sprofonno?"...(ma dove abiti,allo sprofondo ? sprofonno = un posto simile a una grotta,buia e lontana)
Martin Inviato 13 Febbraio Inviato 13 Febbraio Usatissimo ancora oggi "i glèbani" o "grèbani" per dire nella campagna sperduta. Credo abbia a che fare con la gleba e relativa servitù della gleba.
Guru Inviato 14 Febbraio Inviato 14 Febbraio 14 ore fa, Martin ha scritto: Spiegone: Le antiche cartografie risolvevano il problema della rappresentazione delle porzioni inesplorate disegnandovi i due demoni biblici (ma anche coranici) Gog e Magog. Una località lontana per chilometraggio, tempo, ma anche pre prestigio sociale contrapposto a quello della città serenissima era quindi detta "Goga-e-Magoga" "Ti me fa rivàr in goga-e-magoga" (mi stai mandando in un posto lontanissimo e/o scomodo) "El xe 'ndà star in goga-e-magoga" (è andato ad abitare ai margini della civiltà, e pure un po' fuori dalla linea di demarcazione Mio padre, che è sostanzialmente un misto tra mantovano e ferrarese, ha sempre usato "l'andare in voga magoga" per intendere qualcuno o qualcosa che è andato fuori dai binari, soprattutto un'attività che è andata a rotoli.
Guru Inviato 14 Febbraio Inviato 14 Febbraio "Puvrèt mèndìc" lo usa a volte mia madre per definire qualcuno così povero da essere ridotto come un mendicante. - I miei genitori furono i primi a costruire la casa in un terreno agricolo appena reso edificabile. Per accedervi inizialmente vi era una sola stradina più in terra battuta che ghiaiata. Una collega di mia madre le diceva che era andata ad abitare "In dì saplòn". Il "sapél" è soprattutto lo sporco a terra che si crea con le scarpe infangate, o anche se si rovescia un piatto di minestra. In pratica le diceva che era andata a costruire la casa in mezzo ai fanghi perenni
Martin Inviato 14 Febbraio Inviato 14 Febbraio 34 minuti fa, Guru ha scritto: un'attività che è andata a rotoli. Le espressioni tipiche veneziane per il fallimento economico sono: "andar in balon" - situazione grave ma non gravissima, diciamo da concordato preventivo. "andar a Patrasso co'tuto" - rovina totale dell'impresa con perdita degli asset ('a roba) esposizione debitoria e gravi conseguenze sui titolari. Il fallimento d'impresa nella Città che più di ogni altra era fondata sul commercio era cosa gravissima, tant'è che l'anatema "va a Patrasso co'tuto" scagliato verso qualcuno è ancora oggi talmente grave da non essere utilizzato. Anche la forma attenuata "chissà che no ti gavessi d andar a Patrasso co'tuto" trova impiego rarissimo e prelude ad una rottura irreversibile dei rapporti commerciali. Es: "... ghe sboro, so qua che te domando 'na setimana de pasiensa, e ti me fa scriver dal avocato...Questa xe a contabile de quea casso de fatura, ciapa i to schei de m.rda, e chissà che no ti gavessi da 'ndar a Patrasso co'tuto, ti e chii cani dei to morti" 1
JureAR Inviato 14 Febbraio Inviato 14 Febbraio Da triestino sono rimasto shockato da un imprecazione rafforzativa di un trevigiano infastidito dal collega( riguardante la "scimmia", "Mona" in spagnolo), questa: " Ma va in contro Mona de tu mare!" A Trieste è in uso la stessa tipologia di imprecazione, senza "contro".
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