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Chopin: Ballata in sol minore op. 23


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analogico_09
16 ore fa, OTREBLA ha scritto:

Una Wang epica, notare come se la prende comoda:

 

Beato chi se può prendere comoda con lei... :classic_rolleyes: si scherza  :classic_biggrin:

 

La Wang non mi piace con Chopin, più che comoda qui se la piglia addormetata... Molto molto meglio con Tchaikowski.

Nessun interprete orientale mi piace con Chopin, a scanso di ogni bravura o virtuosismo 

  • Melius 1
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mozarteum

Basta un Magaloff o uno Shura Cherkassy per capire la differenza

E ovviamente nessuno degli orientali che io ricordi si cimenta con la bestia nera in assoluto del pianismo: Robert Schumann.

Quante vittime anche illustri Robert… e che bravo Demus ad esempio. Chi l’avrebbe detto?

Se non si “possiede” il pezzo, finisce a gragnuola di note sconclusionata

  • Melius 2
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analogico_09
11 minuti fa, mozarteum ha scritto:

Wang e’ una macchina da guerra ma vi sarete chiesti perche’ si tiene lontana da Beethoven Brahms e Schubert….

e senza questi dove vai…

 

 

Mi hai anticipato di un attimo, scrivevo al buio sono d'accordo e aggiungo Chopin dal quale non si tiene lontana ma con risultati molto opiniabili... Per certi autori bisogna avere una cromosomica musical, culturale e psichioca ultra secolare, come per noi occidentali suonare il sitar o lo shakuhachi credendo di suonare uno strumento musicale che non segni e sancisca la strada della trascendenza.

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Grancolauro
3 ore fa, analogico_09 ha scritto:

Credo che la misura sia, anche ed ancora, in interpreti del calibro di Milosz Magin

Ascoltato Magin: bella interpretazione, grazie Peppe! Non priva di qualche esitazione e languore romantico, a dire il vero, ma con un evidente tratto "virile". Ecco, questo mi sembra un profilo interessante su cui riflette, fosse solo perché ogni interpretazione è inevitabilmente figlia del proprio tempo. Dove sta andando l'interpretazione pianistica oggi? Mi sembra stiamo vivendo un periodo piuttosto creativo, di ridiscussione di molte certezze del passato che i giovani musicisti tendono a percepire come stereotipate. Mi sembra che la Tysman, nel suo piccolo, si inserisca in questa linea, perlomeno ascoltando la sua versione della prima Ballata. Siamo sicuri che quando la scrittura musicale si fa virile, nobile, fiera, questa non sia altro che una finzione che nasconde il suo opposto, ovverosia la fragilità della natura umana? Perché allora non esplorare questa fragilità dove meno ti aspetti di trovarla, ad esempio nella Coda della Ballaata in sol minore di Chopin? Mi sembra un'idea interessante da esplorare. Lacan ne sarebbe entusiasta :)

Ma solo suggestioni, ovviamente.

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2 ore fa, mozarteum ha scritto:

Wang e’ una macchina da guerra ma vi sarete chiesti perche’ si tiene lontana da Beethoven Brahms e Schubert….

Io non capisco a che pro scrivere queste cose quando non ci vuole niente a cercare su Youtube la smentita:
.

.

Ti bastano i primi trenta secondi per capire che cosa può fare la Wang con qualunque partitura per pianoforte.

Qui c'è la bestia nera dei pianisti (ma quando mai...):
.

.

La Wang fa quello che vuole perché può fare quello che vuole.
Concordo che è un vero peccato che non si dedichi a Schubert, a parte qualche raro bis (peraltro sublime).

Ecco il buon Johannes:

.

.
Notare l'aplomb tipico dei giganti. Tutto arrosto e niente fumo.

Alberto.

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3 ore fa, Grancolauro ha scritto:

Se per "punto di vista tecnico" intendiamo la capacità di eseguire più note nel minor tempo possibile senza sbagliare un colpo, sono d'accordo con te.

Casomai questo lo intendi tu. Fosse così semplice padroneggiare la tecnica. Sai quanti ne ho ascoltati di collaudatori di pianoforti che galoppavano come missili senza la più pallida idea di quel che stavano facendo? Un numero incalcolabile. 
In realtà cosa sia il valore tecnico ce lo spiega, a suo modo, Heinrich Neuhaus, che quanto a come si debba suonare il pianoforte direi che ha scritto pagine definitive. Il miglior pianista, tanto per cominciare, è colui che in un tempo dato suona più note, con la dinamica maggiore e con il più rigido staccato.
Poi Neuhaus aggiunge: peccato che non sia possibile. O suoni tanti note, o suoni forte, o suoni staccato, le tre cose assieme non si possono fare.
E questo per iniziare, poi il c'è il resto. 
Quando insegnava al giovane Sviatoslav Richter, seduto al suo fianco, e gli spiegava minuziosamente tutta la parte tecnica (diceva che il pianista è come un atleta) alla fine concludeva: adesso fallo tu perché io non sono capace.

Nehuaus...
Yuja Wang non è praticamente la più importante pianista vivente perché va veloce e suona tante note...ma per favore...
Thelonious Monk diceva, a suonare veloci sono capaci tutti.

Alberto.

 

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Grancolauro
48 minuti fa, OTREBLA ha scritto:

In realtà cosa sia il valore tecnico ce lo spiega, a suo modo, Heinrich Neuhaus,

Beh, se conosci Neuhaus allora di certo ricorderai che per lui la tecnica pianistica non è mai fine a se stessa ma solo un mezzo per realizzare la "concezione  artistica" di un brano musicale. Di che cosa si tratta? Dell'unione di tre elementi: 1) comprensione intellettuale della partitura; 2) sensibilità emotiva; 3) visione poetica del brano e immaginazione. Ecco, a me sembra che la Wang manchi di visione poetica delle cose che suona, e che le faccia anche difetto un pizzico di sensibilità emotiva. Se questo capita, la tecnica rischia di diventare fine a se stessa, ci insegna Neuhaus. Non a caso di Beethoven la Wang ha in repertorio l'Hammerklavier, ovverosia un concentrato straordinario di difficoltà tecnico-meccaniche, e non la 109 o la 111, per capirci.  

  • Melius 1
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Perdonami ma se hai letto Nehuaus sai che il grande maestro sosteneva che quelle doti si raggiungono con la tecnica, mica con la benedizione dello Spirito Santo. L'interpretazione è tecnica. Nehuaus diceva che la grandezza di un pianista è inversamente proporzionale alle scene che fa seduto al pianoforte. Diceva che il pianista è troppo concentrato sui problemi tecnici per permettersi di fare altro, incluso il teatro.
Perché va bene la poetica e l'immaginazione ma alla fine, scrive Neuhaus, il pianoforte è tasti e pedali.
Alberto.
 

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analogico_09
12 minuti fa, Grancolauro ha scritto:

Beh, se conosci Neuhaus allora di certo ricorderai che per lui la tecnica pianistica non è mai fine a se stessa ma solo un mezzo per realizzare la "concezione  artistica" di un brano musicale. Di che cosa si tratta? Dell'unione di tre elementi: 1) comprensione intellettuale della partitura; 2) sensibilità emotiva; 3) visione poetica del brano e immaginazione.

 

 

Attraverso l'uniuone di tali elementi è possibile raggiunge lo stato di musicalità non ottenibile con la grande tecnica essenzialmente avvitata intorno a se stessa. E' possibile per converso da una piccola tecnica, financo toccata da qualche "errore" formale, raggiungere l'insigne musicalità. 

Ecco perchè il grande Thelonouous Monk che possedeva molta più musicalità che tecnica metteva in guardia gli atleti della velocità pianistica ricordando loro non con le parole bensì con l'esempio che chi va musicale va sano e va lontano anche con "poche" note e "due" accordi, "mezza" melodia  fatti fruttare come si deve espandendo l'universo del jazz e della musica tutta in senso lato.


 

 

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Lolparpit

Ho ascoltato gli Studi sinfonici sotto le mani della Wang. Poi l’algoritmo mi ha consigliato un allievo di Neuhaus, più volte citato:

 

Letture diametralmente lontane. Ammetto che riascoltando Gilels ho ritrovato quel tanto che ascoltando lo Schumann pieno di vitamine ed energizzanti della Wang. Poi de gustibus non disputandum est dicevano i saggi, e io qui taccio.

  • Thanks 1
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mozarteum

Che poi siamo sicuri che la bravura consista nel suonare piu’ note possibili nell’unita’ di tempo, staccandole? Mah

Horowitz nel dvd di Londra dice che questo e’ il pianoforte Tape machine mentre invece il piano deve “cantare”.

tot capita…

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@mozarteumRileggi ciò che ho scritto, Nehuaus sostiene che quello è solo l'inizio ed è pure un obbiettivo impossibile da raggiungere, perché o fai una cosa o fai l'altra. 

Poi c'è il resto, che è sempre un problema di tecnica pianistica. Il cantabile, l'espressione, le microdinamiche, il respiro, ecc.
Neuhuas amava dire ai suoi allievi, non è uno strumento, il pianoforte sono cento strumenti!

Il pianoforte è  una scatola meccanica, diceva, geniale, ma è comunque una scatola che per la sua piena efficacia richiede sforzi immensi.
Il pianista è pianista perché è in possesso della tecnica? No, è in possesso della tecnica perché è pianista, poiché in essa trova il contenuto poetico, le leggi e l'armonia. 

Ecco a cosa serve la tecnica, a rendere potente e chiara l'intenzione spirituale, scrive Neuhaus.

Basta ascoltare l'Hammerklavier della Wang per rendersi conto del fatto che questa pianista non ci sono confini, come per tutti i grandi virtuosi. 

Prego ascoltare il suo Mozart, sembra un'altra pianista. Cento strumenti e lei li padroneggia tutti e cento! Ma che problemi avrebbe ad incidere l'integrale? Nessuno!

.



Alberto.
 

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