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Melius Club

Ristampe in vinile Blue Note Tone Poet e Blue Note Classic


Messaggi raccomandati

Inviato

Se ci limitiamo alle edizioni Blue Note, solo quelli di Cecil Taylor lo sono

Inviato
19 ore fa, GioSim ha scritto:

Non so se è successo qualcosa al mio impianto, ma questo disco penso che lo metterò in cima a tutti i  miei Tone Poet e Classic per la sua risoluzione acustica….trasparenza, presenza, dettaglio, profondità e tutto quello che di buono si può dire di un incisione audiophila.

Come incisione è ottima, da questo punto di vista niente da dire…come qualità artistica direi così così, jazz ben suonato ma un po’ di maniera, qualcosa di già ascoltato…non entusiasmante…nel complesso, comunque, un buon disco

  • Melius 1
Inviato

I primi 6, facciamo 7, di Ornette sono da avere tutti perché ti portano per mano, da "something Else" ad Ornette!, dal 58 al 61 alla nuova cosa che è il free.

Ciao

D.

  • Thanks 1
Inviato

@damiano aggiungiamo a questi i due dischi At the Golden Circle Stockholm 1&2 del 65’ opera seminale di grande valore che ispirò più di un jazzista…

Inviato

Una domanda doverosa: chi diavolo è Larry Young?

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Ho acquistato questo disco parecchio tempo fa e mi sono dimenticato di ascoltarlo. L’ho aperto ed infilato nello scaffale dei dischi. Manco sapevo di preciso chi fosse Larry Young.
Larry Young - Into Somethin' - Blue Note 1965 - Ristampa AAA Blue Note Classic

Larry Young è morto giovanissimo, a soli 38 anni, forse di polmonite; non si è mai saputo di preciso cosa lo avesse colpito. Musicalmente si volse al Funk, Blues, Be-Bop e Jazz Modale.
L’organo debuttò nel Jazz con Fats Weller, il grande pianista stride, che registrò alcuni brani per organo solista già negli anni ’30 del secolo scorso.
In seguito il portentoso Jimmy Smith impastò il suono dell’organo col Be-Bop ed il Gospel, conferendo all’organo dignità di strumento principe.
A lui seguirono Baby Face Willette e Shirley Scott.
Ma il primo jazzista ad aprire all’organo le porte del Jazz moderno, segnatamente del Modale, del Funk e del Free, fu Larry Young, nato a Newark nel New Jersey il 7 Ottobre 1940.
Appena diciannovenne entrò per la prima volta in sala di incisione e quando scomparve aveva all’attivo importanti collaborazioni, tra cui spicca quella col Miles Davis del famoso Bitches Brew; nonché una quindicina di dischi a proprio nome.
Into Somethin’ risale al 1964; ne fanno parte Sam Rivers al sassofono tenore e uno straordinario Grant Green alla chitarra, che collabora anche con lo splendido Plaza De Toros, un pezzo spagnoleggiante che prende solo lui mezza facciata del Lato A ed è...maro'...un diamante.

Chiude il gruppo Elvin Jones alla batteria, il contributo del quale è come al solito a dir poco "epico".

Non conoscendo affatto Larry Young per me è stato come ascoltare un jazzista comparso ora sulla scena musicale. Cinque brani di cui la citata composizione di Grant Green e gli altri quattro a firma dello stesso Young, che curiosamente iniziano tutti con brevi e semplici melodie, abbastanza simili fra loro. Col suo amalgama di Funk, Be-Bop, Blues e Latino, Into Somethin’ mi ha pienamente convinto.
Un bel disco.
Omogenea, con buona dinamica, la registrazione evidenzia nitidezza al sax tenore di Sam Rivers e soprattutto offre un organo che emerge con ottimo equilibrio complessivo.

Voto artistico: 8 ½ (come al solito pecco d’avarizia).
Voto tecnico: 8 ½

Alberto.

  • Melius 1
giorgiovinyl
Inviato

Into Somethin’ e un gran bel disco, Unity, sempre di Larry Young, anch’esso uscito come Blue Note Classic, è un capolavoro, assolutamente da non perdere. 

Inviato
Il 1/4/2023 at 10:27, giorgiovinyl ha scritto:

Unity ... è un capolavoro

Sottoscrivo👍

 

  • 2 settimane dopo...
Inviato

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Horace Parlan Speakin' My Piece (1960) - Blue Note Classic

Con Speakin’ My Piece salgono a tre i dischi che ho in collezione a nome del pianista Horace Parlan.
Gli altri sono i doppi 45 giri che vedete in fotografia, della Analogue Productions e Music Masters.
Horace Parlan veniva da Pitsburgh in Pennsylvania, come Erroll Garner e Ahmad Jamal, col quale condivise lo stesso insegnante di pianoforte. All’età di cinque anni, a causa di un’infezione di poliomielite, rimase parzialmente paralizzato. I genitori, come percorso riabilitativo psico-fisico, lo spinsero a prendere lezioni di pianoforte e ciò lo aiutò a superare il trauma ed a recuperare per quanto possibile l’uso della mano destra. Sempre su desiderio dei suoi genitori fu avviato agli studi di legge, che ad un certo punto abbandonò per dedicarsi interamente al Jazz. Nel 1957 ci fu l’incontro con Charles Mingus, del cui gruppo fece parte fino al 1959, per poi passare al quartetto del sassofonista Lou Donaldson. Nel 1973, all’età di 42 anni, Parlan si trasferì in Danimarca ove visse fino alla morte, avvenuta nel 2017.
Lo stile di Horace Parlan assomiglia molto a quello che pare fosse il suo carattere, posato, sempre incline al sorriso.
Stile minimale, fatto di accordi ribattuti e misurati arpeggi, eseguiti con sole tre dita della mano destra. Una tecnica particolarissima che tuttavia produce ritmi martellanti di uno swing pulsante ed irresistibile.
Impossibile stare fermi ascoltando Horace Parlan.
Fanno parte del gruppo di Speakin’ My Piece i fratelli Turrentine, Stanley e Tommy, al sassofono tenore e alla tromba, George Tucker al contrabbasso ed il fido Al Harewood alla batteria, presente in tutti i dischi più importanti del pianista. Col suo Hard Bop dalla fortissima personalità, solidissimo, poderoso, raffinato e colto, Speakin’ My Piece non può che meritare un voto artistico pari a 9 e qualcosa. Lo consiglio senza riserve così come consiglio caldamente gli altri due titoli in fotografia, vale a dire Moovin’ & Groovin’ e Us Three.
Eccellente la registrazione, pulita, completa, dinamica, ottimamente bilanciata.
Anche per lei, un bel 9 di voto tecnico.
Il vinile della Optimal è perfetto (per una volta).
Se qualcuno si stesse domandando come ne esce questa ristampa AAA di Speakin’ My Piece dal confronto con gli altri due, che ripeto sono doppi 45 giri, gli levo immediatamente la curiosità: ne esce male. La cosa non mi sorprende. Personalmente applico due scale di merito, in quanto all’aspetto tecnico, una per i 33 giri e l’altra per i doppi 45 giri, poiché questi ultimi partono già avvantaggiati, e di tale vantaggio bisogna tenere obbligatoriamente conto. I doppi 45 giri sembrano tutti tecnicamente favolosi, meritevoli del massimo dei voti, ma non bisogna farsi ingannare: la maggiore velocità gioca un ruolo cruciale nella resa sonora.
Ed anche in questo caso non c’è partita, l’Analogue ed il Music Matters sono proprio un altro pianeta per immagine, timbrica, dinamica e naturalezza.

Alberto.

  • Melius 2
Inviato

Chet Baker Sings and Plays. 

Quasi 70 anni e non sentirli... 

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  • Melius 1
Inviato

Questo mi piacerebbe...ma costa un botto...

Inviato

@giorgiovinyl Ciao Giorgio, vedo (anche dalla tua segnalazione in altro thread) che ormai ci siamo adeguati a questi prezzi, visto che riteniamo un disco a 36 euro + spedizione una buona segnalazione. Secondo me stiamo andando oltre il limite (della passione), va bene infatti una volta ogni tanto, ma facendo parte questi dischi di una "serie", forse sbaglio, ma l'impressione è che stiamo dando l'ok a questo aumento spropositato dei vinili. Se poi qualcuno dice che è normale, mi spieghi come mai il vinile di Bud Powell - Time Waits (Blue Note - Classic Series), è stato proposto, per più tempo (e non per un errore dell'algoritmo) a meno di 10 euro ... ci avranno rimesso a venderlo a quel prezzo?

  • Melius 1
Inviato

Concordo, prezzi altissimi.

Non si spiega con l'aumento delle materie prime, ci stanno marciando.

Alberto.

Inviato
32 minuti fa, SerG ha scritto:

mi spieghi come mai il vinile di Bud Powell - Time Waits (Blue Note - Classic Series), è stato proposto, per più tempo (e non per un errore dell'algoritmo) a meno di 10 euro ...

Neanche suonasse male: all'inizio pensavo fosse una stampa venuta male, ma per quel prezzo valeva la pena rischiare (P.S.: preso a circa 8 Euro...).

 

12 minuti fa, OTREBLA ha scritto:

ci stanno marciando.

Esattooooooo!

Inviato
31 minuti fa, OTREBLA ha scritto:

ci stanno marciando

 

come tanti per non dire tutti i produttori...comunque powell è un caso di previsioni di vendita completamente errate e conseguente giacenza nei magazzini..riguardo ai tone poet non è che li regalassero anche ante fiammata inflattiva..a parte konitz, che ricade nella casistica powell, sotto i 30 spediti si trovava poco...credo che la media per quelli che ho sia sui 32-33 euro (e imho il delta costo dalla serie classic per qualità del vinile ci sta tutto)

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