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Melius Club

Fuga dall'Afghanistan: altri 20 anni sprecati in 40 anni di guerra


Messaggi raccomandati

Inviato
15 minuti fa, maurodg65 ha scritto:

Questo a quanto si legge, non sono li e quindi non posso parlare per esperienza diretta

Per fortuna nessuno di noi e' li. Certo che una mamma disposta a lasciare il proprio bambino forse per sempre fa un certo effetto. Mi sembra di rivedere la disperazione delle mamme ebree, quelle consapevoli del loro destino, ai tempi del nazismo. 

Vedo un Biden piuttosto in imbarazzo, i suoi borbottii fanno poca presa.

Mi ci taglio le braccia che questa non sarà l'ultima boiata americana.

Inviato

Ma i vestiti non v'è li stracciate per la Arabia Saudita dove vige un regime peggiore dei talebani?

Perché peggiore? Perché avvengono cose peggiori e per di più hanno pure lo sceicco.

Dimenticavo, sono amici nostri, ci danno il petrolio e ci prestano pure il suolo sacro per ospitare gli eserciti che servono ad abbattere un loro pericoloso vicino 

Io mi scandalizzo molto di più con chi fa finta di niente e intrattiene ottimi affari con regimi che parlare di umanità è quantomeno un eufemismo.

Inviato
13 ore fa, maurodg65 ha scritto:

realtà le mamme che gettavano i figli oltre le recinzioni e che in alcuni casi si sono impigliati nel filo spinato non venivano bastonate da nessuno,

Che venivano bastonate l'ho sentito al gr. Sul Corriere leggo che gli psicopatici sparavano sulla folla in quei momenti. Forse meglio le bastonate. Sinceramente non riesco a capire la pignoleria. E poi non penso che possa essere una paura irrazionale a portare a gesti di tale gravità, come quello di attaccarsi al carrello di un aereo in decollo. 

Succedeva durante i rastrellamenti nazisti che le mamme per sottrarre i figli alla deportazione li nascondevano consapevoli che non li avrebbero più rivisti. Molti afghani i talebani li hanno visti 20 anni fa o ne hanno sentito parlare. 

Inviato
44 minuti fa, wow ha scritto:

Sinceramente non riesco a capire la pignoleria.

Non è pignoleria Antonio, leggendo i resoconti dei giornalisti non veniva riportato da nessuna parte e l’ho sottolineato, più per sottolineare che in questa prima fase a farla da padrone è la paura, la stessa paura di chi si è attaccato al carrello dell’aereo che decollava e che poi è, ovviamente, precipitato al suolo, quegli afgani non stavano fuggendo da nessuno che li inseguiva, ma avevano paura di ciò che sarebbe successo di lì a pochi giorni ed hanno fatto qualcosa di irrazionale che li avrebbe portati a morte certa, secondo me per quelle donne è stato lo stesso, non c’era un pericolo imminente ma c’era in loro la consapevolezza di ciò che sarebbe diventato il paese con i Talebani, ma spero di sbagliarmi ovviamente.

Inviato
Il 18/8/2021 at 03:25, maurodg65 ha scritto:

soprattutto considerando che al tempo i cori di disapprovazione sull’intervento in Afghanistan erano unanimi ed oggi gli stessi che allora criticavano gli americani per l’invasione li criticano per l’abbandono del paese, perché lasciato in mano a coloro che al tempo avevano scacciato.

Esattamente.

Ora è il tempo della solidarietà, ecco l’Iban del PD: approfittatene!!! 😂😂😂

 

 

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Inviato

a proposito dei "buoni propositi" talebani

le menzogne fanno parte del bagagliaio "arabo" ,,,, per loro non è negatività ma indice di scaltrezza

certo che essere stati 20 anni in terra loro solo per alimentare arretratezza, corruzione, brigantaggio e inciviltà al potere . . .

certo che aver messo in piedi un esercito che quotidianamente si metteva al servizio dei talebani a cui passavano pure le mutande  

 

cosa faranno i talebani?

per indovinarlo basta pensare alla sorte della ITALIANA Ikram Nazih in un civilissimo, laicissimo e democraticissimo Morocco resasi colpevole (in terra europea) di un orrendo crimine, ovvero aver condiviso per pochi minuti la seguente frase: “In verità ti abbiamo dato il whiskey, e bevilo nel nome del tuo Signore, puro non mescolato con la Pepsi” 

https://www.google.com/search?q=Ikram+Nazih&rlz=1C1CHBF_itIT890IT890&oq=Ikram+Nazih&aqs=chrome..69i57j69i59j69i60l2&sourceid=chrome&ie=UTF-8

e i talibans  che non sono civili, laici e democratici . . . che faranno di meglio?

Inviato
3 ore fa, Collegatiper ha scritto:

Ora è il tempo della solidarietà, ecco l’Iban del PD: approfittatene!!! 😂😂😂

come metterli in un tombino, banconota per banconota.

Strano che non sia un IBAN del monte dei paschi... 

Inviato

@Jack arrivati a 49 mila, 490 mila, 4,9 milioni, 49 milioni etc bisogna stare attenti agli scippi... 😄

 

Inviato

@wow abbassate gli occhi o votanti PD che MPS è costato anch'esso 49... ma miliardi però...

-

"abbiamo una banca? ya badabaduuuuu..." è sempre lo stesso slogan

il popolo italiota ricapitalizza ancora e Unicredit si becca la polpa

Fìdati che di ste cose ne capisco, io 😉

Inviato

@Jack a parte che siamo fuori tema abbondantemente e che non conosco a fondo la vicenda, sappi che per me, nella vita di tutti i giorni, una cosa è essere progressista e democratico, un'altra è avallare le eventuali malefatte del PD.

Non ho tessere di alcun partito. 

Trovo semplicemente strano che si trovi sempre l'occasione di mettercelo dentro (il PD) specie in considerazione del fatto che dall'altra parte non mi sembrano dei santarellini. Appena hanno avuto modo hanno truffato, tipo ladri di galline, le liquidazioni dei vecchietti. 

Inviato

La tecnologia eventualmente interessante sarà già in Cina e/o Russia. 

Inviato

La tecnologia di armi sofisticate come elicotteri etc.da vendere a Russi e Cinesi è l'unica cosa interessante per i Talebani  : nessuno è in grado di far volare un aereo o un Apache senza tutta la catena logistica di supporto che i Talebani non hanno.

Senza un supporto tecnico e logistico adeguato quei cosi sono solo pezzi di ferro e plastica.

Diverso sarebbe stato se li avessero acquisiti eserciti strutturati e organizzati, come Russi e Cinesi.

A meno che Russi e Cinesi siano disposti a vendere materiali e istruire un reparto di supporto talebano... ma non credo lo faranno.

 

  • Melius 1
Inviato

 

 

Salvini e Meloni alla carica della “disastrosa gestione” di Biden del ritiro afghano. Ma non dicono che la scelta fu del loro idolo Trump. E non capiscono che esportare la libertà è una priorità dell’occidente

Il Foglio Quotidiano

19 Aug 2021

Esportare la democrazia o importare l’ipocrisia? Tra le reazioni più surreali registrate nelle ore successive alla riconquista di Kabul da parte dei talebani ce ne sono due che più delle altre hanno contribuito a far esplodere il rilevatore automatico di cialtronismo presente nel dibattito politico italiano. I protagonisti delle performance, come spesso accade quando i ragionamenti si spostano dal piano della sostanza a quello della demagogia, sono stati Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che in un’escalation di ipocrisie senza fine sono arrivati a criticare il presidente americano, Joe Biden, per la scelta di ritirare le truppe dall’afgha - nistan. Non ci sarebbe nulla di male a criticare Biden per il modo indegno in cui l’ameri - ca si è dileguata dall’afghanistan.

Ma Salvini e Meloni, da veri campioni olimpici nella disciplina della maratona dell’ipocri - sia, sono riusciti nella non semplice impresa di risultare a loro volta indifendibili pur attaccando l’indifendi - bile approccio scelto dal presidente americano sul caso afghano. La prima ipocrisia, persino interessante, è quella che arriva da Matteo Salvini, pieno di sdegno per la decisione americana di “lasciare le donne e i bambini nelle mani dei tagliagole islamici, dopo anni di battaglie e di sofferenze”. La seconda ipocrisia, altrettanto affascinante, è quella che arriva da Giorgia Meloni, piena di disgusto per la “disastrosa gestione del dossier Afghanistan da parte dell’amministrazione democratica Biden, che fomenterà gli integralisti e che avrà gravi ripercussioni anche per la nostra sicurezza”. Chiosa di Meloni: “Diamo il ben tornato alla cinica dottrina Obama- Clinton- Biden: ‘ Se non puoi vincere, crea caos’”. Le frasi di Meloni e Salvini rappresentano non solo un formidabile manifesto della falsità politica ma sono anche il riflesso di un fallimento strategico di una dottrina politica di cui i leader nazionalisti in questi anni sono stati portavoce. Non bisogna essere degli scienziati della politica per ricordare che il ritiro delle truppe americane è stato solo confermato da Biden ed è stato invece deciso nel febbraio del 2020 dallo stesso Donald Trump che i sovranisti all’amatriciana oggi dimenticano di citare ( e gli stessi repubblicani oggi molto indignati con Biden sono stati pizzicati martedì dal Washington Post mentre goffamente cancellavano una pagina dal sito ufficiale del Gop, quella in cui si elogiava Trump per il negoziato raggiunto con i talebani per far ritirare le truppe americane entro il maggio 2021, “in cambio di un accordo con i talebani per non consentire l’uti - lizzo dell’afghani - stan per il terrorismo transnazionale”). Non bisogna essere degli scienziati della geopolitica per notare che i liberali per Trump, dopo aver osannato ogni rutto del trumpismo ( viva l’isola - zionismo) e dopo aver tifato per il ritiro dell’america dal mondo ( Yankee go home), ora sono lì a rimproverare Biden per aver fatto quello che aveva iniziato a fare Trump ( è l’america first, bellezza). E non bisogna essere degli scienziati della diplomazia per rendersi conto che ciò che sta accadendo in Afghanistan in fondo è solo un mix tossico di ciò che i sovranisti hanno teorizzato per una vita: isolazionismo strategico, autodeterminazione dei popoli, disimpegno dell’occi - dente, pacifismo senza orizzonti, ostilità nei confronti di ogni tentativo di esportare la democrazia.

L’incapacità infine di comprendere che per provare a governare i flussi migratori provenienti da paesi asfissiati da regimi sanguinari occorre esportare in quei paesi un po’ di quella democrazia che i teorici più o meno consapevoli dell’american first chiedono di non esportare più. Per quanto possa essere difficile da ammettere, il disastro dell’america di Biden è figlio di una drammatica stagione culturale in cui la difesa della libertà nel mondo ha via via trovato sempre minori sostenitori tra le forze politiche di tutto il pianeta. E il terrore diffuso per quello che potrebbe accadere in un Afghanistan nuovamente sotto scacco dei talebani è lì a testimoniare in modo dirompente quanto sia pericolosa per tutti una dottrina isolazionista che torni a considerare le violazioni delle libertà che si registrano in giro per il mondo come un problema che riguarda solo chi subisce quelle violazioni. Lo sdegno mostrato dai Salvini e dalle Meloni, vecchi amiconi di Steve Bannon, gran teorico anche lui del ritiro dell’america dall’afghanistan, è dunque un manifesto non contro la dottrina del nemico Biden ma contro la dottrina dell’amico Trump, e dunque anche contro la propria, ed è uno sdegno che in qualche modo ci conferma quello che i sovranisti si ostinano a negare da anni: in un mondo interconnesso come quello in cui viviamo, dove il battito d’ali di una farfalla può provocare un uragano, una guerra, una pandemia dall’altra parte del mondo, chi sceglie di isolarsi crea un senso di protezione effimero e accetta di lasciare il futuro delle nostre libertà nelle mani degli stati canaglia. La pandemia ci ha ricordato che il futuro della libertà del mondo passa dalla capacità del mondo di mettere a frutto la cooperazione tra le società aperte. L’afghanistan, per quanto possa essere difficile da ammettere, è lì a ricordarci quanto possa essere pericoloso smettere di considerare l’esportazione della libertà una priorità dell’occidente. E’ quello che ha fatto Biden. Ma è quello che da anni chiedono di fare gli amici di Trump. Quando si dice la faccia come il culto.

 

briandinazareth
Inviato

Dal Washington Post, condivido totalmente e molti lo dicevano 20 anni fa

 

 

Mentre gli Stati Uniti terminano bruscamente la loro guerra in Afghanistan, i talebani sono tornati per vendicarsi. Molti afghani si sentono traditi. L'America ha promesso sicurezza e libertà, ma gli Stati Uniti e i suoi alleati hanno abbandonato il popolo afghano, lasciandolo in balia di un movimento brutale e repressivo.

 

Questo poteva essere evitato. Mentre ci avviciniamo al 20° anniversario degli attacchi dell'11 settembre, vale la pena chiedersi cosa sarebbe successo se gli Stati Uniti avessero agito in modo diverso. E se invece di lanciare una Guerra al Terrore, il più grande disastro strategico nella storia moderna degli Stati Uniti, i leader statunitensi avessero usato l'11 settembre come catalizzatore per creare un mondo più tollerante, pacifico e prospero, l'antitesi della visione del mondo di al-Qaeda? Questo non era né uno scenario inverosimile né un pio desiderio.

 

 

Prima che la polvere si posasse sulle scena del disastro negli Stati Uniti, c'è stata un'ondata di simpatia e solidarietà con gli americani da parte di tutto il mondo, compreso il mondo arabo e musulmano. La comunità internazionale si è schierata con gli Stati Uniti. Il 13 settembre 2001, un editoriale in prima pagina del quotidiano francese “Le Monde” fece eco a un sentimento diffuso in Europa, e non solo, e quel giorno titolò: “Siamo tutti americani”.

 

Anche in Iran, che aveva sofferto sotto un assedio economico guidato dagli americani per quasi due decenni, i leader hanno inviato le proprie condoglianze alle loro controparti americane, il primo contatto ufficiale diretto tra i due paesi dalla rivoluzione iraniana del 1979.

 

 

Invece di costruire su questa basi di solidarietà, tuttavia, gli Stati Uniti hanno intrapreso una guerra totale di due decenni contro nemici sia reali che immaginari. In tal modo, ha sprecato un'opportunità storica di lavorare insieme ad altre nazioni per riparare ai danni delle sue politiche della Guerra Fredda, che hanno contribuito all'emergere di al-Qaeda.

E se gli Stati Uniti avessero preso di mira solo al-Qaeda, invece di invadere l'Afghanistan e l'Iraq, costruendo una vera coalizione internazionale che includesse arabi e musulmani? Se gli Stati Uniti lo avessero fatto, avrebbero potuto negare ai militanti islamisti l'ossigeno sociale o il sostegno popolare che avevano dato loro una nuova prospettiva di vita dopo l'11 settembre.

 

 

In un memorandum del 1999 ai suoi luogotenenti in Yemen, portato alla luce in seguito dall'esercito americano e citato nel mio libro "The Far Enemy: Why Jihad Went Global", Ayman al-Zawahiri, che ora è il capo di al-Qaeda, ha cercato di convincere il gruppo che attaccare gli Stati Uniti era l'unico modo per resuscitare un movimento militante islamista morente (alla fine degli anni '90, i militanti islamisti erano sull'orlo della sconfitta in Egitto, Algeria e altrove).

 

 

Zawahiri ha scritto che se la patria americana fosse stata attaccata, gli Stati Uniti si sarebbero scagliati con rabbia non solo contro i militanti islamisti, ma anche contro le nazioni musulmane. Ciò avrebbe consentito ai militanti islamisti di dipingersi come difensori della comunità musulmana, e guadagnare più seguaci. La strategia di Zawahiri ha funzionato. Al culmine della sua abilità nel 2001, i membri di al-Qaeda non superavano i 1.000-2.000 combattenti. A vent'anni dall'inizio della Guerra al Terrore, ci sono approssimativamente tra 100.000 e 230.000 militanti islamisti attivi indozzine di paesi in tutto il mondo.

 

 

La Guerra al Terrore ha alimentato proprio i gruppi che doveva distruggere.

Sulla scia dell'atrocità di massa dell'11 settembre, è comprensibile che la priorità sarebbe stata la punizione, ma se fossero stati un po' più acuti e lungimiranti, i leader degli Stati Uniti avrebbero potuto non solo vendicare le vittime e assicurare alla giustizia al-Qaeda, ma anche cambiare radicalmente la natura dei rapporti del Paese con il mondo arabo e musulmano.

 

 

I leader degli Stati Uniti avrebbero potuto riconoscere i costi di sostenere continuamente i dittatori e assumere un impegno strategico per la promozione della democrazia, non attraverso la canna di una pistola, ma collaborando con la società civile locale e la comunità internazionale .

Gli Stati Uniti avrebbero potuto usare il loro potere per aiutare a risolvere i conflitti regionali e le guerre civili, ricostruire le istituzioni e investire nell'istruzione e nel lavoro, i mattoni della democrazia.

 

 

La Guerra al Terrore è stata una guerra per scelta, non per necessità, ed è stata costosa in termini di sangue e denaro.

 

Anche se non possiamo tornare indietro nel tempo, mentre ci avviciniamo al 20° anniversario dell'11 settembre, parte del dibattito negli Stati Uniti dovrebbe essere concentrato su cosa è andato storto.

 

 

Essendo la nazione più potente del mondo, gli Stati Uniti devono resistere alla tentazione di sparare prima e fare domande dopo. Questa è stata una ricetta per il disastro in Vietnam, Iraq, Afghanistan e oltre. I leader degli Stati Uniti devono liberarsi di un impulso crociato e di un complesso di superiorità morale negli affari internazionali che ha fatto più male che bene alla nazione. Dovrebbero invece riconoscere i limiti del potere duro e mostrare umiltà, prudenza e rispetto per le altre culture.

 

 

Tragicamente, l'idea dell'eccezionalismo americano è stata trasformata in un'arma, trasformando così gli Stati Uniti in un impero per impostazione predefinita. Iraq e Afghanistan sono solo gli ultimi esempi di questa arroganza.

 

Invece di cercare di fare di altri paesi l'immagine degli Stati Uniti, gli Stati Uniti, insieme alla comunità internazionale, dovrebbero investire nella ricostruzione delle istituzioni fallite all'estero, nell'eliminazione della povertà assoluta e nella lotta all'estremismo. I leader degli Stati Uniti devono anche colmare il divario tra la loro rosea retorica sui diritti umani e la democrazia e le loro azioni, che sono viste come ciniche ed egoistiche in molte parti del mondo.

 

 

Il presidente Biden e il suo team insistono sul fatto che la politica estera degli Stati Uniti dovrebbe riflettere gli interessi e le preoccupazioni della classe media. Ma c'è un compito più urgente, che è quello di democratizzare la politica estera degli Stati Uniti e renderla più inclusiva, anziché essere dominata da un'élite ristretta e omogenea, che, più e più volte, ha coinvolto la nazione in avventure militari in terre lontane. .

 

 

Lo dobbiamo ai quasi 3.000 americani uccisi l'11 settembre, e lo dobbiamo ai molti soldati statunitensi, civili iracheni e afgani, morti in guerre che non avrebbero dovuto essere combattute.


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