Partizan Inviato 4 Ottobre 2021 Autore Inviato 4 Ottobre 2021 @8Franz Per essere precisini Il gioco del destino e della fantasia l'avevo visto al MultiAstra, perchè al Lux dovevano ancora programmarlo. Al Lux ho visto ieri sera Drive my car... Come vedi, da quanto scritto sopra, non condivido il tuo giudizio: a me il film è piaciuto moltissimo e non ho trovato scollamenti tra le parti e tantomeno recitazioni fuori posto, certamente il protagonista è rigido, il progressivo "smollamento" è lo sviluppo del film. Ovviamente dissento anche sul fatto che Hamaguchi sia immaturo e debba crescere come regista, per me è un grande, uno che ti tiene incollato per tre ore alla poltrona senza effetti speciali, colpi di scena fantasmagorici, è davvero uno che ha capito bene cosa è il cinema, e come si fa, a mio avviso. Circa il doppiaggio degli attori (mi avevi preoccupato) è stato semplice: doppiato a voce in italiano i giapponesi, nelle loro lingue gli altri e con sottotitoli ovviamente in italiano. Non ho provato fastidio. Però il tuo punto di vista è interessante; ieri sera parlando col Signor Mario, il proiezionista del Lux, mi ha detto che quando è andato a vederlo la prima volta è uscito dopo un'ora. Successivamente, causa forza maggiore, l'ha visto più volte ed ora lo considera un capolavoro! Stammi bene, ciao Evandro
8Franz Inviato 4 Ottobre 2021 Inviato 4 Ottobre 2021 @Partizan Come ho scritto mi ero accorto all'uscita dalla sala come la valutazione generale degli spettatori fosse positiva e vedo che anche la tua si allinea in questo senso. Sempre meglio avere più punti di vista nel giudicare un'opera. Resto comunque della mia opinione. Alla prossima.
Partizan Inviato 4 Ottobre 2021 Autore Inviato 4 Ottobre 2021 @8Franz E' un po' dura per le tre ore, ma magari se lo rivedi... Ciao Evandro P.S. - Quanti anni hai? Credo tu sia molto giovane, io 70.
Alessiodom Inviato 7 Ottobre 2021 Inviato 7 Ottobre 2021 Settimana scorsa volevamo vedere qualcosa di divertente ...."Si vive una volta sola"...di Carlo Verdone e C. , un' amarezza infinita, un massacro. Tanto che ho sentito la necessità immediata di depurarmi in solitaria, quindi mi sono sparato in queste serate qualcosa che non avevo ancora mai visto. Un ettaro di cielo del 1958 diretto da Aglauco Casadio. (atmosfera sognante!) La ragazza di Bube del 1963 diretto da Luigi Comencini. (avevo letto il libro di Cassola,bellissima fotografia, sorprendente) Roma città aperta del 1945 diretto da Roberto Rossellini. (magnifico davvero, finale eccezionale, uno dei più belli visti in vita mia). La depurazione sta funzionando magnificamente, sto dimenticando....e scoprendo. 1
audio_fan Inviato 8 Ottobre 2021 Inviato 8 Ottobre 2021 11 ore fa, Alessiodom ha scritto: ..."Si vive una volta sola"...di Carlo Verdone e C. Il povero Verdone stenta a trovare una sua dimensione come attore della terza età, se solo facesse pace con l'idea di avere settanta anni e mettesse in scena storie di vecchietti ridotti a supplicare i figli per stare un po' con i nipoti o che continuano a pagare le bollette alla posta perché se ne facessero la domiciliazione bancaria non saprebbero più come passare il tempo, tornerebbero tante cose.
Alessiodom Inviato 8 Ottobre 2021 Inviato 8 Ottobre 2021 @audio_fan Mi spiace perchè non mi è antipatico, ma quel film proprio non mi è piaciuto; ricordo invece che mi era piaicuta parecchio la sua interpretazione nella Grande Bellezza di Sorrentino....
audio_fan Inviato 8 Ottobre 2021 Inviato 8 Ottobre 2021 @Alessiodom Concordo, in effetti al di là dell' aspetto anagrafico a cui ho ristretto l' intervento precedente sembra comunque questione di trovare la giusta misura.
keres Inviato 8 Ottobre 2021 Inviato 8 Ottobre 2021 Se avete Netflix non perdetevi Rancore, film poliziesco ambientato ad instanbul, per me e da 8 su 10. Mi e' piaciuto molto.
raf_04 Inviato 9 Ottobre 2021 Inviato 9 Ottobre 2021 Il 7/10/2021 at 19:33, Alessiodom ha scritto: "Si vive una volta sola"...di Carlo Verdone e C. , un' amarezza infinita, un massacro Quoto al 100%. Perché certi attori debbano ridursi a macchiette di se stessi non riesco a capirlo...
P.Bateman Inviato 9 Ottobre 2021 Inviato 9 Ottobre 2021 2 ore fa, raf_04 ha scritto: Perché certi attori debbano ridursi a macchiette di se stessi non riesco a capirlo. Bollette da pagare? De Niro ha fatto di peggio.
Gabrilupo Inviato 29 Ottobre 2021 Inviato 29 Ottobre 2021 Visto la scorsa settimana. L'ho trovato molto interessante per la trama, la recitazione (per una volta un attore supera nel mio personale gradimento il pur ottimo Servillo, cioè il buon Silvio Orlando, capace di restituire la figura di un boss senza scadere in inutili macchiettismi) e la capacità della regia, della sceneggiatura, della fotografia e di quant'altro vogliate aggiungere😁 di restituire un altro "attore", che recita "di brutto", cioè l'ambiente. Stop. Mi fermo e ve lo consiglio😉.
Partizan Inviato 29 Ottobre 2021 Autore Inviato 29 Ottobre 2021 Visti la stessa sera, con un break per un tramezzino ed un bicchier di vino, al mio amato Lux di Padova: QUI RIDO IO di Mario Martone Drammatico, 133', Italia, 2021. *** ** (3/5) PETITE MAMAN di Céline Sciamma Drammatico, 72', Francia, 2021. *** 1/2 ** (3.5/5) Ciao Evandro
Discopersempre2 Inviato 31 Ottobre 2021 Inviato 31 Ottobre 2021 Ladri di biciclette e Umberto D. del duo Zavattini/De Sica in dvd: che dire.....capolavori del "neo-realismo"; come fare del Cinema con "poco😎.
raf_04 Inviato 3 Novembre 2021 Inviato 3 Novembre 2021 Al cinema nell'ultime mese ho visto: Dune: (voto 8 ) mi è piaciuto molto, un'esperienza visiva e sonora che non fa rimpiangere troppo le atmosfere del libro 007 No Time to Die (voto 7): bel giocattolone, divertente ma questo James Bond un pò "padre di famiglia" romantico e apprensivo mi ha fatto storcere il naso: lo preferivo duro, cattivo e politicamente scorretto 😅 Madres Paralelas (voto 6,5): 2 storie raccontate nello stesso film, un pò slegate tra di loro, che non mi hanno fatto impazzire; bella la regia e la fotografia, superba la Penelopina ma il film non mi ha lasciato granchè
Partizan Inviato 7 Novembre 2021 Autore Inviato 7 Novembre 2021 Rifkin's Festival di Woody Allen Commedia, 92', USA, Spagna, 2020. *** ** (3/5) Me lo sono proiettato ieri sera in streaming, è disponibile free su Amazon Prime. ATTENZIONE, VIENE SVELATA LA TRAMA, FINALE COMPRESO. Non il miglior Allen, ma sicuramente neanche il peggiore, e considerando i 94 anni di quando l’ha girato, non mi sembra neanche male come risultato. Girato in Spagna causa l’ostracismo totale dell’ambiente cinematografico americano per le note vicende con Mia Farrow, mostra le ripicche di Allen nei confronti del cinema americano, celebrando i grandi maestri europei: Fellini, Bergman, Godard e via dicendo. Il film è in realtà una seduta psicoanalitica, in cui Mort Rifkin, alter ego di Allen, racconta la fine del suo rapporto-matrimonio con Sue, avvenente press agent cinematografica, culminata al Festival del Cinema di San Sebastian, dove si lascia sedurre dal giovane regista che rappresenta. Racconta anche della bellissima cardiologa Jo Rojas, da cui era andato per una fibrillazione psicosomatica, e che per un attimo gli aveva acceso la passione. Il vecchio insegnante di cinema, brutto come un colpo, e che aveva fatto centro su Sue, a suo tempo, con la sua preparazione, la sua arguzia, il suo snobismo, in effetti fa colpo sulla giovane Jo, incasinatissima nel suo rapporto con suo marito pittore-fedifrago, ma è appunto un fuoco fatuo. Non è felice di quanto è successo il vecchio Mort, ma i sogni e le visioni oniriche, virate in b/n, che ha e che “vede” calate nelle scene di 8 ½, Jules e Jim, Il settimo sigillo, Fino all’ultimo respiro e via dicendo gli servono ad interrogarsi, ad essere finalmente onesto e non autoassolutorio con se stesso; ha smesso di insegnare cinema (e gli piaceva farlo) per inseguire il sogno di fare lo scrittore, ma non una mezza tacca, ma almeno a livello di un Dostoevskij; quindi sono anni che scrive una pagina, non ne è soddisfatto e la strappa. Prima del ritorno a New York, dopo l’abbandono della moglie ed il non riuscito aggancio con la giovane Jo Rojas, tutto solo e sconsolato va nella bellissima spiaggia di San Sebastian (Donosti, come la chiamano i baschi) e, rigorosamente in bianco e nero, incontra la Morte che tipo Settimo sigillo di Bergman gli propone la classica partita a scacchi, ma non è ancora giunta la sua ora gli dice la Morte, anche lei non è più quella di una volta, anzi lasciandolo si informa se fuma, consigliandolo di non farlo e dandogli consigli dietetici e salutisti, pochi grassi saturi, corsetta… Forse mi hanno aiutato le basse aspettative, ma la visione non mi è dispiaciuta; certo la struttura del film è meno fantasiosa di un tempo, c’è ripetizione sui suoi tic e fobie, le sue battute sono meno graffianti di un tempo, ma mi pare inevitabile. Ciao Evandro
Partizan Inviato 8 Novembre 2021 Autore Inviato 8 Novembre 2021 La scelta di Anne - L'Événement di Audrey Diwan. Drammatico, 100’, Francia, 2021. **** * (4/5) Visto ieri in sala. Gran film, altro che balle! Leone d’Oro a Venezia, c’erano state illazioni sul premio al politically correct, balle è un film potente con nessuna concessione alla piacevolezza, sostanza e basta! Ti far star male dal primo all’ultimo minuto, in questo senso ne sconsiglio assolutamente la visione, ed infatti all’uscita del cinema, distrutto, mi sono sentito parecchio masochista. Una vicenda narrata senza orpelli, però con una grande recitazione di Anamaria Vartolomei, la protagonista, riprendendo il testo autobiografico di Annie Ernaux e ci racconta l’esperienza di una giovane universitaria alle prese con una gravidanza non desiderata, e che le tarperebbe le ali. Siamo negli anni sessanta, in Francia dove, come quasi dappertutto, l’aborto è un reato, un reato grave, punibile col carcere e questo comporterà il poco aiuto e sostegno da parte delle sue amiche stesse e l’isolamento che la ragazza vivrà nelle scelte. Ma la ragazzina è un tipo tosto e determinato, capisce perfettamente che avere un figlio a quell’età le avrebbe impedito qualsiasi cosa. La voglia di emancipazione dalla campagna, dalla famiglia proletaria, l’amore per lo studio, è iscritta a lettere, i buoni risultati fin lì raggiunti nello studio sarebbero andati a farsi friggere. Forte, anticonformista, determinata, raggiungerà il suo scopo, con sofferenze e facendo un salto epocale nella sua maturazione, con tutta la sofferenza che una scelta di questo tipo comporta. INTERVISTA ALLA REGISTA Cosa l’ha spinta ad adattare il romanzo di Annie Ernaux? Conosco da tempo il lavoro della scrittrice, la forza del suo pensiero e la purezza del suo stile. Sono però arrivata tardi al romanzo. Mi ha colpito la dicotomia tra l’aborto clandestino e la realtà concreta della procedura. I miei primi pensieri sono andati alla giovane protagonista, al suo corpo e a cosa deve aver sofferto nel momento in cui le hanno detto che era incinta. E al dilemma che ha dovuto affrontare: rischiare la vita e abortire o avere il bambino e sacrificare il suo futuro? Corpo o mente? Non avrei saputo scegliere. Tutte queste domande sono sollevate concretamente già nel libro. Io ho provato a tradurle in immagini mettendo in atto un processo carnale che mi ha permesso di rendere la narrazione un’esperienza fisica, un viaggio che spero vada oltre le considerazioni inerente al periodo della storia o al genere. Ha discusso del suo approccio al romanzo con Annie Ernaux? Sì, sin dall’inizio. Volevo sia rispettare il libro sia trovare una chiave di lettura personale, un sentiero sì stretto ma essenziale. Per prima cosa, abbiamo trascorso un giorno insieme durante il quale la scrittrice ha accettato di rivedere ogni dettaglio. Ha fatto chiarezza sui passaggi per me più oscuri del testo spiegandomi meglio il contesto politico in modo da capire quale paura attanagliasse le donne nel momento in cui prendevano una decisione così forte. Quando poi è arrivata nel punto in cui ha dovuto rivedere il suo aborto, ho notato che gli occhi le si sono riempiti di lacrime mentre ricordava ciò che la società le ha imposto quando era poco più che ragazzina. Ero sconvolta dall’intensità del suo dolore. Me lo sono ricordato spesso mentre scrivevo la sceneggiatura. Mi ha aiutato a trovare l’approccio più onesto possibile, un approccio che ha guidata anche durante tutto il making of come una linea guida da seguire. E, appena prima delle riprese, Annie Ernaux mi ha mandato una citazione di Cechov: Sii precisa, il resto verrà a tempo debito. Perché adattare il romanzo oggi? Sospetto che questa domanda mi verrà fatta spesso, cosa che devo dire mi stupisce. Dubito che si ponga tale domanda a chi realizza un film in costume che affronti una questione sociale o politica del passato. E quando uso la parola “passato” non prendo in considerazione tutti i Paesi in cui non esiste ancora una legge che regoli l’aborto. La scelta di Anne si sofferma su un periodo della nostra storia recente che raramente viene raffigurato. Ma, per come la vedo io, un film non può limitarsi al solo soggetto. Se fosse così, sarebbe meglio fare un documentario. Con il mio lavoro, volevo sondare i sentimenti e concentrami su una suspense intima che aumenta man mano che la storia va avanti. Con il passare dei giorni, l’orizzonte si restringe e il corpo diviene una prigione. L’aborto, però, non è l’unico argomento di cui si parla. Anne, la mia protagonista, è una che infrange le regole sociali. Viene dalla classe operaia ed è la prima della sua famiglia ad andare all’università. L’ambiente della facoltà è molto più borghese con un’etica molto più ristretta e severa. Anna va avanti e indietro da un mondo all’altro custodendo un segreto che potrebbe annientare ogni sua speranza. A vent’anni, sta già cercando il suo posto nel mondo. Cosa fare quando il futuro è continuamente messo in pericolo? Ha scelto Anamaria Vartolomei come protagonista. È presente in ogni sequenza del film e molto spesso in primissimo piano. Sin dai primi provini, Anamaria aveva il fisico giusto per il personaggio. E poi c’era in lei qualcosa di molto misterioso e potente: la sua pelle diafana e la sua visione interiorizzata del mondo, difficili da decifrare e accattivanti al tempo stesso. Riesce a comunicare molto con il minimo sforzo. Insieme abbiamo costruito il personaggio di Anne partendo dal corpo e dalla postura. Le continuavo a ripetere che Anne è un soldato che, con i piedi per terra e lo sguardo fisso davanti a sé, è pronta a conquistare il mondo. Sa cosa vuol dire sfidare le regole sociali e avere gli occhi puntati addosso. Ciao Evandro 1
Napoli Inviato 9 Novembre 2021 Inviato 9 Novembre 2021 Finito ora di vedere free state of jones,un episodio poco conosciuto sulla guerra civile americana.
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