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Melius Club

Il disco in vinile che state ascoltando ora!


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Gaetanoalberto
Inviato
21 minuti fa, OTREBLA ha scritto:

considerano il Jazz citato da Gianni Morelenbaum Gualberto un gigantesco compromesso col mercato,

Beh, è affermazione non rara. Personalmente non mi meraviglia, e d’altra parte si deve pur poter vivere di musica.

Ci sono però approcci al mercato piuttosto sfacciati, altri di qualità.
D’altra parte le mode ci sono sempre state, ed anche al tempo dei club si cercava di riempirli…

Quello del vinile è un maledetto mercato…

Io sto facendo ascolti allargati dal più antico al più recente, e alcune volte mi piace anche ciò che ha venduto, talvolta qualcosa di più elitario mi piace molto, talvolta meno.

Anche in passato il mercato c’era e gli si strizzava l’occhio.

Non saprei che dire… torno al discorso della sensibilità individuale che non l può essere un giudizio universale.

Però musica buona ce n’è ancora. Magari sono troppo ottimista 😊

PA, che poi se guardi sto andando indietro come il gambero…

 

analogico_09
Inviato
2 ore fa, Gaetanoalberto ha scritto:

io rispetto la tua preferenza per alcuni stili, quella di Giuseppe per altri, e non sento il bisogno di affermare in modo troppo netto alcuni confini, altrimenti se é vero che non tutto è jazz, si finisce per non poter usare la parola neppure per dire che la fusion è influenzata dal jazz, e che tutto l’insieme di ciò che si evolve potrebbe già oggi essere una nuova forma che, appunto perché contemporanei, non riusciamo bene ad inquadrare come in passato si è fatto.

Si tratta di discorsi normali, che si possono fare anche pacatamente e senza trasformare in grottesco argomenti abbastanza banalmente diffusi pure tra appassionati e critica.Se poi qui molti hanno già esposto più volte le loro opinioni in passato, io non le conosco e scrivo per uno scambio, non per altro.

 

In quanto a questo non si si tratta di rispettare o meno le proprie preferenze, tutto è legittimo, non si tracciano confini musicali rigidi, le porte vanno lasciate aperte ma mai abbattere i muri della cesa, del jazz e del rock o della caraibica.., ed es., sarebbe demagogia: in arte non esiste l'uno vale uno... tutti insierme appassionatamente ok, anche mescolati, ma alla fine della festa ognuno torna a casa sua... Noi parliamo oramai se non limitatamente, di musiche non più contemporanee.., ma di un jazz e di forme di fusioni (chiamiamole tutte così per comodità) "moderne" ma oramai storicizzate su cui è stato possibile formulare già i vari, diversi giudizi estetici dai critici da ascoltatori che hanno avuto la possibilità di inquadrare le varie proposte musicali non più in "divenire".  Di nuovo non v'è più nulla, solo la ripetizione di ciò che già fu e che non potrà tornare. Hip-hop, Rap "ghetto" sono le nuove frontiere identitarie e "filosofiche" del jazz, nonostante le forme strettmente musicali siano così diverse ma anche molto più vicine di quanto non si pensi.

Cira che trattare con semplicità le cose semplici evitando il grottesco mi pare che si stia ripetendo quando già evidenziato nei precedenti post circa la tendenza ad andare bel oltre sopra le righe accumulando argomenti su argomenti.

Non è obbligatorio dover leggere o ricordare tutti i post degli altri, ma quando si sia stati presenti in numerose discussioni contribuendo in modo assiduo e determinato, difficilmente potrebbero sfuggire le cose scritte dagli altri a fronte di quanto da noi stessi sostenuto.., un ricordo dell'idea di fondo sostanziale,  così strettamente elaborata insieme ciascuno dal proprio punto di vista, difficilmente sfugge.., a meno di non voler dimenticare per motivi... "strategici"...Ci frequentiamo da anni.., ritornano spesso gli stessi discorsi.., oramai conosciamo molto delle nostre idee ed opinioni.., suvvia.., non nascondiamoci dietro a un dito.

 

analogico_09
Inviato
2 ore fa, Gaetanoalberto ha scritto:

A proposito di innovazione e di “ostico”, quanta ce ne può essere in un disco del 1964, dato che sono passati 60 anni, la mia età ?
Eric Dolphy, Out to Lunch, finalmente mi son deciso a prenderlo…

Un primo ascolto on line tempo fa mi aveva frenato, ma ho voluto lanciarmi.

A dispetto del abbandono degli schemi tradizionali che stupì i contemporanei, che conoscevano Eric nelle più “ordinarie” collaborazioni precedenti, mi é piaciuto molto. 
Il fraseggio solo apparentemente destrutturato tra la tromba eccezionale di Hubbard ed il sax di Dolphy, il vibrafono assai particolare di Hutcherson che riveste il ruolo del piano assente ma in modo meno invadente e più invitante, con il filo conduttore fondamentale del basso di Richard Davis.

Boh, insomma, bbono!

 

Visto che ti sei deciso a lanciarti nell'ascolto potresti magari dire la tua su quanta innovazione ci sarebbe secondo te, e in cosa, in questo disco capitale, uno dei massimi capolavori del jazz da maneggiare con cura. Personalmente penso che ve ne sia tanta, ai livelli innovativi più altri dell'intera  storia del jazz.
Non sarà certamente innovazione solo perchè vi sia il vibrafono che non riveste il ruolo del piano visto che Dolphy non prevedeva proprio strutturalmente il piano al fine di rendere la sua musica più libera dai "vincoli" armonico-tonali e "melodici" tradizionali  (inutile dunque speculare sul piano che sarebbe stato più "invadente" e meno "invitante" del vibrafono in base a quale ragione non è dato sapere, non per la stessa da me ipotizzata, suppongo).

Dolphy non abbandona gli schemi tradizionali prima di realizzare questo  capolavoro; i contemporanei nel 1964 conoscevano già Dolphy non per le "ordinarie" collaborazioni precedenti (le quali in ogni caso non erano affatto tali)  bensì per le grandi spinte evolutive d'avanguardia impresse nella sua musica, già largamente manifeste, conosciute, celebrate in concerto, presenti -  a partire dal 1960 (la carriera di Dolphy si "consuma in soli sei straordinari anni) -  nelle "rivoluzionarie" registrazioni da leader e da "collaboratore" impagabile dei grandi del jazz: Mingus, Coltrane, Oliver Nelson, Ornett Coleman, etc., le cui musiche,  grazie al comprimario di tale calibro, si fanno ancora più grandi.

Queste non sono opinioni bensì la pura realtà estetica, storica, discografica la cui eco cronachistica non si è ancora del tutto spenta.
Penso che per un tale caplovoro musicale patrimonio  dell'umanità, in segno di  rispetto dovuto alla memoria dell'autore prematuramente scomparso per inefficenze mediche di natura razzistica, le precisazioni siano, fuor di polemica, opportune e necessarie.

 

 

 

  • Melius 1
Inviato

Circa Out To Lunch, trovo l'intervento qui sopra condivisibile, inoltre lascia modo di interpretare ed è aperto a nuove analisi.

Soprattutto mi piace la sintesi ed il manifesto richiamo a  Lucio Fontana (quel puntino messo lì, è concetto spaziale).

Bravo Aita', non avrei saputo esprimermi meglio.

 

Alberto.

 

  • Haha 2
analogico_09
Inviato

 

Secondo la profezia del grillo parlante...  in quel puntino  metà_fisico dell'altra metà non si sa,  è racchiusa la misteriosa essenza della creazione e dell'infinito, l'energia compressa di un novello big bang pronto ad esplodere le più gustose e co(s)miche spigolature sulla musEca: saranno queste le nuove frontiere interpretative  dei dischi volanti e delle analisi delle... minzioni? 😆


 

 

 

 

Stefanodirektor
Inviato

Ramp - Come Into Knowledge, 1977, soul/funk

 

Le voci sensuali e avvolgenti di Sharon Matthews e Sibel Thrasher ricamano soavi melodie su un groove lento, ipnotico, psichedelico. Come Into Knowledge è un disco del quale ci si innamora perdutamente, di quelli che si girano e rigirano sul piatto senza mai stancare. Scritto e prodotto da Roy Ayers

P1210217 - Copia.jpg

  • Melius 2
Stefanodirektor
Inviato
19 ore fa, Gaetanoalberto ha scritto:

A proposito di innovazione e di “ostico”, quanta ce ne può essere in un disco del 1964, dato che sono passati 60 anni, la mia età ?
Eric Dolphy, Out to Lunch, finalmente mi son deciso a prenderlo…

Un primo ascolto on line tempo fa mi aveva frenato, ma ho voluto lanciarmi.

A dispetto del abbandono degli schemi tradizionali che stupì i contemporanei, che conoscevano Eric nelle più “ordinarie” collaborazioni precedenti, mi é piaciuto molto. 
Il fraseggio solo apparentemente destrutturato tra la tromba eccezionale di Hubbard ed il sax di Dolphy, il vibrafono assai particolare di Hutcherson che riveste il ruolo del piano assente ma in modo meno invadente e più invitante, con il filo conduttore fondamentale del basso di Richard Davis.

Boh, insomma, bbono!


IMG_2241.jpeg.58845b98cc59fe31b7456d05d98f3ac6.jpeg

 

Lo sto facendo girare pur'io 'sti giorni. Ascolto piacevole come groove, ma anche impegnativo per un neofita del jazz come me. Lo sto centellinando, per adesso...

  • Melius 2
analogico_09
Inviato
3 ore fa, Stefanodirektor ha scritto:

sto facendo girare pur'io 'sti giorni. Ascolto piacevole come groove, ma anche impegnativo per un neofita del jazz come me. Lo sto centellinando, per adesso...


Immagino che andando avanti con gli ascolti in jazz si possa arrivare a cogliere anche gli altri aspetti di un disco dell'anima qual è l'"Out To Lunch!" de Eric Dolphy. Avendone già colto la "piacevolezza" del groove, non dovresti incontrare particolari difficoltà nel superare la fase iniziale - naturale per un neofita del "genere" - che porta a ritenere "impegnativa" questa musica che di fatto tale è, mentre il termine non è sinonimo di "ostico", stato "fruitivo" che insieme alla noia  in molti casi appartengono  a chi provandola cerca di incolpare del proprio limite ascoltatoriale la musica che si mostra restia neil non farsi capiredi chi non sappia capirla ... :classic_wink:

Gli aspetti fortemente innovativi presenti non solo in questo disco di Dolphy, riguardano la musica, il linguaggio musicale, le forme melodiche, armonico-tonali "liberate" che non rispondono agli stilemi più correnti; riguardano le forme di "interplay" dei musicisti che seguono schemi "contrappuntisctici" più liberi e "spigoloosi" ma estremamente musicali;  riguardano la parte strumentale, inoltre Dolphy rivoluziona il modo di suonare i suoi fiati, il sax, il suo meraviglioso flauto dal quale estrae un suono di struggente poesia (bellissimo il brando"Gazzelloni", dedicato al suo omonimo amico, ottimo flaustista classico), soprattutto fa un uso stupefacente, inedito, del clarinetto basso dai suoni gravi che sembrano provenire dal profondo delle viscere, dall'inconscio. Quattro cose sintetiche.., non vorrei caricare troppo, ti suggerisco di ascoltare questa video registrazione di uno dei concerti di Mingus della leggendaria, epocale tournèe in Europa del 1964 stesso anno di Out To Lunch! , irresistibili i "dialoghi flauto contrabbasso suonato da Mingus con l'archetto facendo letteralmente "gemere" le corde...con il sostegno "impressionista" deel piano di  Jaky Byard. (Debussy) ma tutto l'insieme è stellare. Dolphy porta innovazione nell'innovazione di Mingus.., magie che furono e che mai più saranno. .Sono prove.., informale, ci sono anche piccoli incidenti.., piccoli nervosismi.. Ma che jazz!!
 

 

 


 

  • Melius 2
Gaetanoalberto
Inviato

Raccomandato a chi apprezza sonorità acustiche, credo uno dei suoi lavori migliori insieme a Dancing in the Dragon Jaws

IMG_2244.jpeg.02d0ea2bbe90dbb16ee07addb7274661.jpeg

 

 

  • Melius 2
Inviato

@nickfats disco famoso per il fatto di avere le frequenze piallate per bene. Tuttavia, appunto, obbligatorio.

Alberto.

  • Thanks 1
Inviato
1 ora fa, Gaetanoalberto ha scritto:

credo uno dei suoi lavori migliori insieme a Dancing in the Dragon Jaws

Mai sentito: " in the falling dark" o "night vision" ?..😉

Gaetanoalberto
Inviato
8 minuti fa, andpi65 ha scritto:

" in the falling dark" o "night vision" ?

Il primo si, molto bello, il secondo provvederò ☺️

Stefanodirektor
Inviato
12 ore fa, analogico_09 ha scritto:


Immagino che andando avanti con gli ascolti in jazz si possa arrivare a cogliere anche gli altri aspetti di un disco dell'anima qual è l'"Out To Lunch!" de Eric Dolphy. Avendone già colto la "piacevolezza" del groove, non dovresti incontrare particolari difficoltà nel superare la fase iniziale - naturale per un neofita del "genere" - che porta a ritenere "impegnativa" questa musica che di fatto tale è, mentre il termine non è sinonimo di "ostico", stato "fruitivo" che insieme alla noia  in molti casi appartengono  a chi provandola cerca di incolpare del proprio limite ascoltatoriale la musica che si mostra restia neil non farsi capiredi chi non sappia capirla ... :classic_wink:

Gli aspetti fortemente innovativi presenti non solo in questo disco di Dolphy, riguardano la musica, il linguaggio musicale, le forme melodiche, armonico-tonali "liberate" che non rispondono agli stilemi più correnti; riguardano le forme di "interplay" dei musicisti che seguono schemi "contrappuntisctici" più liberi e "spigoloosi" ma estremamente musicali;  riguardano la parte strumentale, inoltre Dolphy rivoluziona il modo di suonare i suoi fiati, il sax, il suo meraviglioso flauto dal quale estrae un suono di struggente poesia (bellissimo il brando"Gazzelloni", dedicato al suo omonimo amico, ottimo flaustista classico), soprattutto fa un uso stupefacente, inedito, del clarinetto basso dai suoni gravi che sembrano provenire dal profondo delle viscere, dall'inconscio. Quattro cose sintetiche.., non vorrei caricare troppo, ti suggerisco di ascoltare questa video registrazione di uno dei concerti di Mingus della leggendaria, epocale tournèe in Europa del 1964 stesso anno di Out To Lunch! , irresistibili i "dialoghi flauto contrabbasso suonato da Mingus con l'archetto facendo letteralmente "gemere" le corde...con il sostegno "impressionista" deel piano di  Jaky Byard. (Debussy) ma tutto l'insieme è stellare. Dolphy porta innovazione nell'innovazione di Mingus.., magie che furono e che mai più saranno. .Sono prove.., informale, ci sono anche piccoli incidenti.., piccoli nervosismi.. Ma che jazz!!
 

 


 

Ecco, la classica mi manca per riuscire ad entrare in un certo mood "colto" che caratterizza alcuni grandi artisti jazz, e molti dischi (che nel frattempo compro senza ritegno, fiducioso che prima o poi riuscirò a capirli). Da musicofilo di lunghissima data, ma dalla base fondamentalmente pop (rock, r&b, soul, funky) la prima cosa che mi attrae è il groove, il beat, l'incredibile ritmica che gronda da questi solchi. Quando avrò il tempo, e soprattutto il mood giusto per farlo, vorrei aprire un argomento citando alcuni grandi lp che mi hanno fatto avvicinare all'universo jazz, anche e soprattutto per ricevere i giusti "consigli per gli acquisti" che mi facciano scoprire altri dischi su quegli stessi filoni. Adesso non è stagione, ci vole l'inverno, qualche pomeriggio buio in casa con lo stereo acceso, e un bicchiere di buon cognac vicino al giradischi :classic_biggrin:

analogico_09
Inviato
4 ore fa, Stefanodirektor ha scritto:

Adesso non è stagione, ci vole l'inverno

 

 

Il jazz è per tutte le stagioni, in inverno hot,  d'estate cool... :classic_wink:

 


 

4 ore fa, Stefanodirektor ha scritto:

Ecco, la classica mi manca per riuscire ad entrare in un certo mood "colto" che caratterizza alcuni grandi artisti jazz, e molti dischi (che nel frattempo compro senza ritegno, fiducioso che prima o poi riuscirò a capirli).

 

 

 

A proposito del mood "colto".., molto hot, ascolto uno dei dischi più sontuosi e complessi di Charles Mingus, bellissimo, abbagliante! Fortemente in blues....  segue https://melius.club/topic/1001-jazz/?do=findComment&comment=1217063


Let My Children Hear Music - Columbia 1972 (la mia è una copia "Pure Plasure" magnificamente suonante)

 

DSCF2769.thumb.JPG.bf8f11ffde4e1802d8244ec7f16d9c0c.JPG

 

 

  • Melius 1

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