Grancolauro Inviato 8 Febbraio 2022 Inviato 8 Febbraio 2022 Da alcuni anni a questa parte si assiste a una Bach reinassance tra i pianisti. Numerosissime sono le nuove incisioni di opere bachiane al pianoforte: non solo le Variazioni Goldberg, ma anche il Clavicembralo ben temperto, le Suites francesi e inglesi, le Toccate, l’Arte della fuga, le Partite e altro ancora. Questo può risultare sorprendente. Nell’ultimo ventennio, le acquisizioni della filologia hanno trasformato il modo di accostarsi alla musica barocca, rivendicando la necessità, tra le altre cose, di usare strumenti originali per cogliere il senso profondo della musica di Bach. Sulla scorta di questo, ci si poteva aspettare una progressiva perdita di interesse dei pianisti e delle case discografiche per questo autore. Come si spiega allora questo revival bachiano al pianoforte? Una spiegazione potrebbe essere la seguente. Una volta passati attraverso il “lavacro interiore” della filologia, molti musicisti hanno sentito il bisogno di andare oltre, facendo tesoro di quanto appreso senza considerarlo una limitazione espressiva, una sorta di punto di non ritorno. La consapevolezza filologica è diventata cioè uno stimolo per innovare, per sperimentare territori inesplorati dell’arte pianistica, con riguardo in particolare al tocco, al fraseggio, alla ricerca timbrica. Tornare a suonare Bach, in questo senso, è per molti un modo per reinventare il suono del pianoforte, per ripensare il modo in cui questo strumento è stato tradizionalmente concepito nelle letteratura pianistica e non solo. Non, dunque, per cammuffare il pianoforte da clavicambalo o da clavicordo, né per piegare gli spartiti di Bach all'estetica tardo romantica. Si tratta piuttosto di passare attraverso Bach per fondare l'estetica pianistica del nuovo millennio. La domanda che volevo porvi è questa: come valutate questa Nouvelle Vague di Bach al pianoforte dal punto di vista estetico e del piacere di ascolto? Vi sembra interessante oppure no? Tengo a sottolineare che non propongo questo thread, ammesso a qualcuno interessi, come una l’ennesima riproposizione della diatriba “filologia sì” contro “filologia no”, oppure “Bach al pianoforte sì” contro “Bach al pianoforte no”. Nessuno dei pianisti che oggi si avvicinano a Bach è a digiuno della ricerca filologica, né pensa che non sia importante. Vale piuttosto il contrario. Proprio grazie alla filologia bachiana (questa è la mia ipotesi) l’espressività del pianoforte può essere ripensa, aprendo spazi interpretativi nuovi anche con riguardo ai grandi classici del repertorio pianistico. Su temi analoghi sono spesso intervenuti @analogico_09, @Iohannes, @mozarteum, @Alpine71, @stanzani, @my2cents, @Don Giuseppe, @SimoTocca, sempre con osservazioni interessanti. Ma sicuramente molti altri possono avere idee al riguardo. I protagonisti di questa Nuovelle Vague sono nomi noti (ad esempio Rana, Trifonov, Lang Lang), e nomi meno noti. Qui di seguito vi propongo alcuni esempi di musicisti non così famosi ma comunque di grande interesse. Su ciascuno di essi ci sarebbe molto da dire, ma preferisco starmene zitto e ascoltare voi 🙂 1
Grancolauro Inviato 8 Febbraio 2022 Autore Inviato 8 Febbraio 2022 Alexandre Tharaud (la famosa variazione 5 delle Goldberg) Aaron Pilsan
Grancolauro Inviato 8 Febbraio 2022 Autore Inviato 8 Febbraio 2022 David Fray Il nostro Filippo Gorini 1
Grancolauro Inviato 8 Febbraio 2022 Autore Inviato 8 Febbraio 2022 Pavel Kolesnikov (uno dei miei preferiti, lo ammetto...) https://www.youtube.com/watch?v=avJB0GxgO3s&list=RDavJB0GxgO3s&start_radio=1 Igor Gryshyn
SimoTocca Inviato 8 Febbraio 2022 Inviato 8 Febbraio 2022 La tua analisi della Bach reinassance è esauriente e puntuale, e la spiegazione che ne hai dato, anzi che ti sei dato e hai proposto a noi, è attendibile. Prima degli studi e delle acquisizioni filologiche, studi iniziati verso la fine degli anni ‘50 del novecento ma con il culmine negli anni ‘70/‘80, nessuno si era posto il problema di come si eseguiva la musica nel periodo barocco: quali gli strumenti originali, quale la prassi esecutiva, quali gli organici delle orchestre e dei cori.... La Filologia ha avuto ed ha enormi meriti, perché ci ha consentito di capire e quindi di ascoltare come Bach concepiva ed eseguiva la sua musica. Ma ecco, questo non deve essere inteso come un limite alla possibilità di esplorare e quindi eseguire la musica barocca anche con sensibilità diverse dal rigore filologico. Mi piace paragonare l’introduzione della filologia nella musica all’introduzione della prospettiva nella pittura. Con Giotto si introducono le prime regole della prospettiva (a “spina di pesce”) e nel Rinascimento, con Brunelleschi e Michelangelo, si assiste al perfezionamento della prospettiva con calcoli matematici. Una volta capito il segreto di far assomigliare un quadro alla realtà, cioè seguendo le regole delle prospettiva, poi ci si può permettere anche di superale queste regole prospettiche. Già lo fa in qualche modo Leonardo da Vinci, ma evidentemente lo fanno ancora di più Picasso, Kandinsky, Dalí.... non perché siano “ignoranti”, ma perché pur conoscendo le regole, ritengono di ignorarle per arrivare ad un “effetto finale” più coinvolgente. Ecco, forse è così anche per la musica barocca e per Bach. 1
faber_57 Inviato 9 Febbraio 2022 Inviato 9 Febbraio 2022 @Grancolauro Molto prosaicamente mi metto nei panni di un grande pianista dei nostri giorni, uno che suona strepitosamente il piano e che, per svariati motivi, frequenta un repertorio dall'800 in poi e non ha mai toccato un clavicembalo (e non lo apprezza particolarmente). E che però ama visceralmente Bach e vuole a tutti i costi suonarlo. Che fa? Lo suona al pianoforte utilizzando "l'espressività ripensata" da te citata, visto che vive in questa epoca post-filologica nella quale man mano si vanno stemperando alcuni irrigidimenti ideologici. Non lo vedo tanto come un andare oltre la filologia, ma come un non volersi specializzare continuando però a suonare la musica di questo incommensurabile genio. Che poi alcuni di questi pianisti possano ammantare di belle intenzioni ciò che fanno ci può stare 😃... 1
clapat71 Inviato 9 Febbraio 2022 Inviato 9 Febbraio 2022 14 ore fa, Grancolauro ha scritto: Piotr Anderszewsk Sentito dal vivo, mi è piaciuto molto. Anche se mi ha ricordato molto Fischer.
Grancolauro Inviato 9 Febbraio 2022 Autore Inviato 9 Febbraio 2022 @SimoTocca Bella l'analogia con lo studio della prospettiva! Non ci avevo mai pensato in questi termini, ma in effetti ci sono delle somiglianze interessanti. In un certo senso è come se la filologia avesse posto dei paletti e dei passaggi obbligati a chi suona Bach col pianoforte, limiti che ormai sono diventati degli standard a cui tutti si adeguano, a prescindere da quello che pensano della filologia. Ed è come se questi standard, anziché essere sentiti come delle costrizioni, venissero letti come un'opportunità per sperimentare vie nuove.
Grancolauro Inviato 9 Febbraio 2022 Autore Inviato 9 Febbraio 2022 4 ore fa, faber_57 ha scritto: Non lo vedo tanto come un andare oltre la filologia, ma come un non volersi specializzare continuando però a suonare la musica di questo incommensurabile genio. Probabilmente è come dici tu. Anzi, a volte penso che succeda semplicemente questo: mi piace Bach e ho voglia di suonarlo col pianoforte, checché ne dicano gli altri. Della filologia mi interessa in fin dei conti assai poco. Però mi accorgo che ora ci sono degli standard interpretativi che una volta non c'erano, con riguardo ad esempio agli abbellimenti e alle variazioni nelle ripetizioni. Siccome gli altri li applicano, e si aspettano che tutti lo facciano, così faccio anche io. Questo non azzoppa la mia creatività. Semplicemente non la lascia a briglia sciolta e consente anzi di dare ad essa un senso, una direzione di sviluppo. Poi, alla fine, tutto questo equivale a dire che uno suona Bach come gli viene 😂. Solo che il fatto che gli venga in un certo modo e non in un altro non è affatto casuale. Dipende dal contesto in cui un musicista vive oggi, che è condizionato dall'apporto della filologia più di quanto non succedesse 50 anni fa. 1 1
my2cents Inviato 10 Febbraio 2022 Inviato 10 Febbraio 2022 Attenzione che esiste anche una prospettiva "rovesciata" come quelle delle Icone; il punto di fuga è totalmente invertito, non più all'esterno ma all'interno di noi. Questo permette di rappresentare elementi che altrimenti non sarebbero "visibili", o nel nostro caso udibili. Ad ogni visione (estetica) corrisponde una data "rappresentazione", anzi è la stessa "visione" che detta la "rappresentazione". Come sarebbe una Icona reinterpretata da Pollock? la risposta vien da se, semplicemente non sarebbe più una Icona, affogata da "troppa" libertà, o meglio da troppo "rigore" o attenzione su una libertà che non è più tale perchè diventa licenziosità. Non so quanto sia coerente considerare la regola (la prospettiva) come il dogma che una volta conosciuto si può "superare"; ciò che sarebbe da "superare" , uso questa parola per esempio, perchè brutta e insensata in campo artistico o estetico, meglio quindi, forse, trascendere, ma anche questa non ha senso (non si trascende una estetica che è finita in sè) è la visione originaria, la quale legittimerebbe il adeguato "mezzo" (strumenti, prassi esecutiva, interpretativa etc. etc.). Non vedo neanche per quale motivo, se ben comprendo, perchè delineare la filologia come pratica di rigore in opposizione alla libertà; in fondo mettere un pesce nel suo elemento naturale vuol dire dargli libertà, e la stessa cosa si potrebbe dire di un volatile, a meno che non lo si voglia affogare 😉 Per mia esperienza da giovane, molto giovane, ho scoperto i Quadri di Mussorgsky in concerto per chitarra classica solo. Poi ho preso il cd ed era la versione orchestrata, e pensavo fosse quella la sua forma; poi ho appreso che era per piano solo. Ogni forma va "bene" di per sè, ma ogni forma inevitabilmente sottare o aggiunge. Ora la domanda è: ha importanza sapere quale era la visione originaria senza aggiunte o sottrazioni? rispondo con un "Iconico" si 😉 2
my2cents Inviato 10 Febbraio 2022 Inviato 10 Febbraio 2022 "....non sta scritto da nessuna parte che i suoni debbano essere udibili...la definizione classica di strumento musicale, cioè che esso serve a rendere udibile i suoni, implica che i suoni esistano già prima: devono essere solo udibili. Ogni musicista che legge una partitura, mentre legge sente la musica indicata dalle note. Molti compositori, mentre compongono, sentono risuonare la musicade tro di sé prima ancora di averla suonata. Quando poi la sentono nella realtà, incontrano qualcosa che già conoscono: l'hanno già sentita prima....Dobbiamo aver chiaro quindi, che in ultima istanza, lo strumento siamo noi. E tutti i mezzi tecnici sono solo attrezzi che servono a ricordarci quello che comunque risuona dentro di noi, profondamente nascosto in noi. Platone lo chiamava anamnesis.....la musica non è possibile senza questo processo di riconoscimento, non si spiega né fisicamente né fisiologicamente. Senza questo ricordo si ridurrebbe a percezioni tonali isolate, prive di qualsiasi connessione....Perciò è indifferente il modo in cui suoniamo la musica...la musica udibile è una copia di quella non udibile, non importa se suonata con un violino o un sintetizzatore..." Questi sono alcuni passaggi di Joachim Ernst Berendt che sto leggendo proprio in questi giorni. Lo riporto perché mi pare abbracciare molte tematiche discusse in 3d sul tema e penso che possa contribuire alla discussione. Su un aspetto non concordo su quanto dice Joachim. Faccio fatica a considera lo strumento un semplice mezzo in quanto esso stesso lo vedo come il risultato di una composizione antecedente alla musica, quindi esso stesso qualcosa di già "conosciuto". Faccio un esempio, se ora tra tante voci che mi chiamano tra le tante se dovessi sentire quella di mia madre, o di mio figlio mi desterei in maniera totalmente diversa. La corrispondenza tra suono e 'mezzo' è indivisibile, corpo e anima allo stesso tempo. Così è per musica e strumento. E tornando al mio precedente post, secondo me dobbiamo chiederci quando siamo noi disposti a farci 'chiamare' dalla musica (e destare come quando sentiamo e riconosciamo la voce di un nostro caro scomparso che ricordiamo e riconosciamo) o quando siamo noi a 'chiamarla'.....nel secondo caso penso che erroneamente invertiamo la prospettiva e non avremo nessuna risposta 1
Membro_0015 Inviato 10 Febbraio 2022 Inviato 10 Febbraio 2022 Il 9/2/2022 at 14:59, Grancolauro ha scritto: Bella l'analogia con lo studio della prospettiva! Non ci avevo mai pensato in questi termini Mutatis mutandis, applicherei il ragionamento anche alle regie d'opera: siegfridi con le corna e e macbeth con le alabarde nei castelli merlati ne ho visti e puo' bastare. Una regia che cambia ambientazione costumi e scenografia senza tradire i contenuti se intelligente e ben eseguita ben venga ben venga il bach di anderszevski anche se continuo a preferire quello di leonhardt, dantone e van asperen
Grancolauro Inviato 10 Febbraio 2022 Autore Inviato 10 Febbraio 2022 Il 9/2/2022 at 12:33, clapat71 ha scritto: Sentito dal vivo, mi è piaciuto molto. Anche se mi ha ricordato molto Fischer. Io purtroppo dal vivo non l'ho mai sentito, ma i suoi dischi mi piacciono molto. Il paragone con Fischer mi sembra interessante. In effetti ci sono delle somiglianze nell'approccio alla tastiera. Ma se uno ci fa un po' caso, ci sono anche delle grandi differenze nella direzione a cui accennavo nel mio primo post. Per notarle, basta ascoltare il Preludio e Fuga n. 12 dal secondo libro del Clavicembalo ben temperato. E il pezzo che Anderszevski suona nel video postato sopra. Questa è invece la versione di Fischer (a partire da 2:45:37) Senza entrare nei dettagli, si notano due differenze macoscropiche: 1) il tempo, 2) fraseggio e tocco. Come andava di modo un tempo, nel Preludio di Fischer il tempo è molto lasco e dilatato, come in un Andante o in un Adagio di sonata. Anderszevski usa invece un tempo più rapido e l'adamento è molto simile a quello di una Toccata, conformemente alla prassi esecutiva settecentesca, con variazioni a mo' di improvvisazione nella ripetizione. Fischer usa poi frasi lunghe e un tocco omogeneo, morbido nell'attacco al tasto. Anderszevski costruisce invece frasi brevi, molto ritmate, con un tocco molto variegato. Non semplicemente "suona più staccato", ma usa tocchi diversi per sottolineare le scansioni ritmiche del brano. Beh, in tutte queste scelte c'è lo zampino, sullo sfondo, della filologia. Anche se a suonare è un pianoforte e non un clavicembalo, e l'interpretazione non è di tipo filologico. Spero di aver reso l'idea più o meno 1 1
Alpine71 Inviato 11 Febbraio 2022 Inviato 11 Febbraio 2022 @Grancolauro Grazie per la fiducia ma......Domine non sum dignus! Personalmente, da ascoltatore poco più che profano, approvo questa nouvelle vague, mi sembra che porti davvero una ventata di novità, di freschezza nelle interpretazioni bachiane. Un piacere diffuso, prolungato, caloroso nell'ascolto del Sommo. Aaron Pilsan lo scopro oggi, mi sembra eccellente. Bellissimo il tuo paragone Fischer-Anderszevski: è difficile davvero preferire le lunghe, bellissime, gittate fischeriane con colpi da 105/14 ai colpi secchi di revolver di Anderszevski. Quest'ultimo, in particolare, è bravissimo nel non perdere la fluidità del fraseggio, che credo sia una trappola pericolosissima nelle interpretazioni basate su frasi brevi, con accenti in evidenza, con ritmi finto-rapsodici. Trappola dalla quale ne esce, a mio modo di vedere, splendidamente vittorioso. Due centesimi su aspetti non vorrei dire filologici ma comunque relativi a scelte interpretative, proprio di Anderszevski: 1. Le lievi variazioni nei ritornelli. Ammetto che siano assai gradevoli ma mi suscitano un certo orrore. Chiedo, essendo ignorante, quale fondamento abbia questa prassi. 2. Anderszevski ha inciso una sua personale scaletta di preludi e fughe del "Clavicembalo". Nel retro del cofanetto leggo che questa scelta è determinata da una volontà di evidenziare una sorta di dramma "a specchio" di alcune composizioni che, pur non essendo contigue, parrebbero poter comunicare fra loro. Non saprei giudicare in modo informato questa scelta; ma vi stupirò nel dirvi che questa scelta....mi piace ed ho ordinato il cd! Infine mi permetto sommessamente di consigliare anche il Bach di Yuan Sheng; registra per Piano Classic, lo consiglio vivamente. Un saluto a tutti 1
analogico_09 Inviato 11 Febbraio 2022 Inviato 11 Febbraio 2022 Caspita che topicone che ha aperto Damiano!! @Grancolauro 😱 😄 👍 Io 'mo sti giorni sono preso da un po' di cose varie.., evito di entrare nel club perchè poi lo so che mi lascio trascinare e devo evitare... quindi lette le prime tre righe del post introduttivo capito dove si ri-rischia di riandare a ri-parare.., per ora evito... Leggerò tutto non appena mi sarò ricapato... 😉 Però ll'"onda"(ta) poderosa di Bach è sempre stata nuova.., non è che la dobbiamo al "pianoforte".., semmai con il pianoforte la si rilava con "perlana"... 😄 ☺️
Alpine71 Inviato 12 Febbraio 2022 Inviato 12 Febbraio 2022 6 ore fa, analogico_09 ha scritto: semmai con il pianoforte la si rilava con "perlana 😀 sì ma ricordati che perlana non è solo per-lana….! Attendiamo una tua zampata, caro @analogico_09
my2cents Inviato 12 Febbraio 2022 Inviato 12 Febbraio 2022 Un tizio aveva perso le chiavi di casa e le cercava nei pressi di un lampione. La gente si avvicinava per aiutarlo ma niente. Al che uno gli chiese: ma siete sicuri di averle perse qui? Il tizio rispose: no le ho perse in casa, ma in casa ora è buio mentre qui c'è la luce! Più o meno recita così un racconto Sufi....ma ora mi chiedo. Ma perché cercare la musica barocca (o Bach) dove c'è la "luce" (il pianoforte)... di sicuro si possono trovare tante e variate cose ma di certo non si trova Bach....bisogna andare al buio, per trovare quello che si cerca. Ascoltare musica è come "guidare a fari spenti nella notte".... lo dice anche una nota canzone 😄 ....ogni estetica ha il suo "buio" da essere disveltato😉
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