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Speakers Corner Records


OTREBLA

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Complimenti anche da me….sto ‘’puntando’’ i primi 3 in verticale sulla destra…in questi 2 mesi ho esagerato ma non vorrei trovare difficoltà a reperirli a prezzo ‘’decoroso’’ come accaduto per il loro Phineas, che fra quelli che ho è il mio preferito (del gruppo  dei ‘’matti’’ anche lui…probabilmente più, molto, degli altri citati)

 

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Io ne posseggo 4:

Lou Reed - Transformer

Albert King - Born Under a Bad Sign

Dr. John - Gris Gris

Ornette Coleman - The Shape of Jazz to Come

 

Purtroppo non ho potuto fare paragoni con altre edizioni, se non per Transformer, che suona da paura e vale fino all'ultimo centesimo speso.

Gli altri album mi rendono comunque felicissimo sia per la resa sonica che per la qualità della fattura.

E' una cosa santissima avere una etichetta come questa in Europa: rapporto qualità prezzo insuperabile al momento, secondo me.

 

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8 ore fa, OTREBLA ha scritto:

E voi, qual è il vostro Speakers Corner preferito?

 
Cappuccino e corn(er)etto... :classic_biggrin:

 


No, scherzo, dei pochi SP che posseggo, per ora preferisco il Black Saint and the Sinner Lady e TIjuana Mood, entrambi di Mingus, per l'ottima qualità deli dischi in subordine alla smisurata qualità della musica, ovviamente... il disco è solo uno strumento, varie "marche" più o meno buone, ottime, dove il fine inizale, intemedio e finale è l'ascolto musicale che trascende la caratteristica fonica del supporto, l'attitudine a fare le "pulci" al disco stesso distraendosi dalla musica alla ricerca di quel minimo sentire un "poco" meglio" rispetto a quanto sia già più che tecnologicamente evoluto per un ascolto discografico più che soddisfacente.
A me sembra che a forza di alzare altarini ai dischi si perda la via della musica (passano gli anni ed è un susseguirsi senza posa di dischi dati come "definitivi" in attesa degli anni successivi tutti portatori di altri dischi ancor più "definitivi".., un "definitivo" che non (de)finisce mai! - non mi riferisco a "collaudate" etichette coma la Speakers Corner).

Vorrei gentilmente precisare che Mingus non era affatto "matto", neanche a dirlo per scherzo perchè con lo scherzo il significato spregiativo del termine resta immutato. Ed è un gran brutto termine associato a una personalità umana e muicale luminosa del calibro di Charles Mingus.
Mingus (come pure Charlie Parker, T. Monk, Bud Powell - l'unico che nel finale finì stretto nella tragica morsa della psicosi, ecc) era una persona sanissima di mente e di spirito, con i suoi momenti di depressione, a volte profondi e drammatici e ne aveva/no ben d'onde.., che a quanto pare erano l'altra faccia della medaglia di una genialità incommensurabile la quale, senza fare separazioni tra il buono e il cattivo della vita, si alimentava invariabilmente con la gioia e con la linfa estetica e poetica del dolore, anch'essa vitale, delle cosiddette umane "sregolatezze", nelle terribili realtà razziste disumane fatte di violenze, di umiliazioni, di prepotenze e di forme sfruttamento, per quanto riguarda non solo il "nostro" Charlie, da parte del mondo dello spettacolo, degli impresari, dei tenutari di locali, di teatri, dell'industria discografica, dagli establishment sociali, culturali, politici della borghesia dominante bianca, e da altri fattori molto avversi che non riuscirono tuttavia a fermare il cammino artistico, esistenziale, umano e spirituale del popolo del blues.
Sta bene ovviamente ricordare gli episodi di crisi morale e psicologica di costoro, ma, questioni molto delicate di enorme portata,  andrebbero a mio avviso trattate con minor superficialità, usando un linguaggio più adeguato, evitando di dare eccessivo e risaputo risalto a stererotipi del genio e sregolatezza del facile effetto. Non si finirebbe invece mai di parlare delle musiche di questi musicisti "coraggiosi" partendo da ciò che si agita dentro di noi, dalle nostre esperienze di ascolto e di apprendimento, rispetto alla loro musica, al loro esempio umano, prima di attingere alle fonti del nozionismo.
 

8 ore fa, OTREBLA ha scritto:

Pithecanthropus Erectus esordisce con una composizione che ci riporta all’alba dell’avventura umana, quando l’uomo conquistò la posizione eretta, circondato da una natura ferina e minacciosa, e dai suoi simili non meno spietati.

 

omissis....


Ecco spiegato in poche parole Pithecanthropus Erectus.

 

 

In poche parole non è possibile spiegare, anzi si rischia di banalizzare l'effettiva, capitale portata musicale, culturale e antropologica del Pitecantropo mingusiano, di ogni singolo brano che compongono l'album.

Suggerisco di leggere ciò che scrive lo stesso Mingus del suo progetto, dalle note tratte dalla prima edizione dell’album (1956) attingendo a un sito nel quale il suo autore, Marco, pubblica tradotte le note di copertina di alcuni dischi jazz, alcuni tra i quali, d'importanza fondamentale, a suo giusto dire.

"Jazz Linear Notes …e non solo!" https://users.libero.it/zotar/Pithecanthropus.htm#PITHECANTHROPUSERECTUS

 

Riporto un estratto, quanto Mingus scrive sul suo Pitecantropo, un brano di grande complessità compositiva, strutturale, musicale, "filosofica", allegorica, ecc... Qui è tradotto, è stampato in originale sulla cover del disco.

 

<<<PITHECANTHROPUS ERECTUS. Questo brano è una poesia jazzata, in quanto descrive musicalmente l’idea di un moderno sosia dell’uomo eretto, la sua arroganza che lo porta a ritenersi il primo tra tutti gli animali ad essersi eretto su due zampe, che si batte i pugni sul torace e proclamando la sua superiorità quando, in fin dei conti, è ancora prostrato. Tutto preso da un’alta considerazione di sé, se ne va in giro pensando di governare il mondo, se non l’universo, ma fallendo clamorosamente nel realizzare l’emancipazione di coloro che ha visto ridotti in schiavitù, e con la bramosia di mantenere false certezze, nega loro il diritto di essere degli uomini, per poi alla fine distruggerli. Sostanzialmente la struttura di questo pezzo può essere suddivisa in quattro fasi: (1) l’evoluzione;(2) Il complesso di superiorità; (3) il declino e (4) la distruzione.

Le prime tre parti vengono suonate sullo schema ABAC eseguito dal gruppo, con i sax alto e tenore che assieme descrivono la seconda fase; poi ogni solista ripete lo schema raccontandolo a modo proprio. L’ultima parte si basa sulla terza, ma aumenta nel tempo e d’intensità, per poi raggiungere un punto definitivo di massima tensione che rappresenta la distruzione finale, paragonabile ad un organismo in fin di vita che dà un estremo colpo di coda prima di esalare l’ultimo respiro. Il pezzo è stato scelto come titolo dell’album per l’ampiezza della visione e della percezione musicale contenuta nella tematica.>>>

 

Buone letture e soprattutto buoni ascolti "Speakers Corner" l'importante è che l'ascolto del "suono" non distragga dalla musica. :classic_smile:

 

  • Melius 1
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Il 14/12/2022 at 13:52, OTREBLA ha scritto:

Il taglio delle lacche è di volta in volta affidato ad alcuni specialisti tra Europa e Stati Uniti, a seconda di dove si trova conservato il nastro master: Cohearent Studio di Kevin Gray

Kevin Gray si occupa dei master di proprietà del gruppo Warner: Atlantic, Atco, Stax e naturalmente Warner Bros

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4 minuti fa, ar3461 ha scritto:

su queste info di cui sopra la SC non ha mai cominciato molte notizie ....si va nella direzione RR ? 😃

Si che le comunica, bisogna saperle cercare...

https://pure-analogue.com

https://pure-analogue.com/the-cutting-engineers/

  • Melius 1
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Il 14/12/2022 at 13:52, OTREBLA ha scritto:

E voi, qual è il vostro Speakers Corner preferito?

Ne ho parecchi, direi una menzione per il bel cofanetto in legno con le registrazioni russe della Mercury (classica), i songbook di Ella Fitzgerald su Cole Porter e Gershwin (jazz), e Can’t buy a Thrill degli Steely Dan (pop rock).

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3 ore fa, ar3461 ha scritto:

hai ragione....ma io sono un po' pigro mi fermo alla prima taverna :classic_laugh:.....quindi comunque vada va bene....grazie per le info 👍

Non era un rimprovero... in effetti bisogna scoprire il sito gemello https://pure-analogue.com/

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