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Torno a raccontare curiosità intorno al mondo del jazz: questa è la volta del grande Mingus e delle sue balene. Charles, il barone di Nogales Charles 'baron' Mingus, tra i maggiori interpreti del jazz del Novecento, fu geniale contrabbassista, prolifico compositore, arrangiatore, pianista e leader di storiche formazioni. Charles era il risultato di un singolare crogiolo etnico: padre mulatto, nato da un nero e da una svedese, madre metà cinese e metà pellerossa, fu profondamente consapevole del suo ruolo sociale e sempre pronto a esporsi per i diritti delle minoranze ed in particolare degli afroamericani. Nella sua autobiografia scrisse: “Ci fanno diventare famosi e ci danno dei nomi: il Re di questo, il Conte di quello, il Duca di quest’altro! Tanto crepiamo senza il becco di un quattrino. A volte penso che preferirei morire piuttosto che affrontare questo mondo di bianchi” (Beneath the Underdog, 1971). Gli ultimi tempi Un paio di anni prima di morire, Mingus scoprì di essere affetto da una rara forma di SLA che nel tempo lo costrinse a vivere tra letto e sedia a rotelle. La lotta di Mingus contro la malattia è raccontata in Passions of a Man. Dopo diversi tentativi con la medicina dell’epoca, si trasferì stabilmente a Cuernavaca, nel Sud del Messico, per affidarsi alle arti magiche di una curandera. Charles sapeva che quella volta era partito per non tornare e aveva scelto una terra lontana dagli Stati Uniti del puritanesimo, del capitalismo sfrenato, della segregazione razziale e dell’odio per i non allineati. Era quella invece una terra che amava e che gli aveva ispirato capolavori come “Tijuana Moods” e “The Black Saint and the Sinner Lady”. Da sempre Mingus era affascinato dalle qualità poetiche di Joni Mitchell, e negli ultimi tempi volle che la grande cantautrice canadese scrivesse i testi per alcune sue musiche, che le arrangiasse e poi le interpretasse. Sei mesi prima della morte la invitò e Mitchell accettò l’invito ma quando si recò in Messico a incontrarlo il contrabbassista era già molto malato. Mingus ci lasciò il 5 gennaio 1979 all’età di 56 anni. Seguendo la sua volontà, il suo corpo fu cremato e le ceneri portate in India per essere sparse dalla moglie sulle acque del Gange in una cerimonia tra fiori variopinti e addobbi in tinte sgargianti. Dopo la morte, Joni pubblicò un tributo alla musica di Charlie Mingus: inizialmente bocciato dalla critica, l’album "Mingus" è diventato nel tempo uno dei dischi più apprezzati della discografia di Joni Mitchell. Le balene del barone Mingus La leggenda, riportata proprio da Joni Mitchell, narra che 56 balene si arenarono sulla spiaggia di Acapulco nel giorno della morte del barone Mingus a 56 anni. Fu così che quel giorno andarono via insieme, le 56 balene e uno dei più grandi della musica moderna. Ma qualcosa di Mingus e le balene resta ancora. La Charles Mingus Day è un'iniziativa internazionale a cura del Comitato Unesco Jazz Day Livorno, durante quella giornata vengono eseguite composizioni di Mingus… all’interno dello scheletro della balenottera Annie! Si tratta di uno fra i più grandi scheletri di cetacei esistenti, conservato nella Sala del Mare del Museo di Storia naturale del Mediterraneo. Lo sapevate?4 punti
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Incontrai per la prima Susanna Arbitrio, una simpatica e giovane signora che vive e lavora a Roma, durante una serata di tango e subito rimasi incuriosito dal fatto che utilizzasse per musicalizzare giradischi e vinili invece di files e computer, come invece ormai fanno la quasi totalità dei musicalizzatori di tango italiani ed internazionali. In verità, prima della sua prematura scomparsa, operava a Roma un notissimo e bravissimo musicalizador di tango, argentino purosangue (anche se credo di origine italiana), il compianto Felix Picherna, che musicalizzava, udite udite, non con il PC, non con il vinile, non con i cd ma con le musicassette! Vista l’età di Felix l’uso delle musicassette da parte sua aveva una logica, ma che un musicalizador giovane, cresciuto nell’epoca del digitale, e per giunta donna, utilizzasse l’analogico mi ha fatto venire voglia di approfondire il perché di questa scelta. La struttura di una tipica serata di tango. Chi non sa come è strutturata una tipica serata di tango, si chiederà il perché di questa mia meraviglia, quindi credo che una spiegazione vada data. In una serata classica di tango, in Italia, in Giappone, in Argentina, dappertutto (fanno eccezione alcune piazze nordeuropee), i brani di tango sono articolati in sequenze (dette tandas), ognuna composta da 4 pezzi (se tango propriamente detto) o 3 (se tango-valzer o milonga, un antenato del tango). La successione delle tande è fissa, come vuole la tradizione, due di tango, una di tango valzer, due di tango, uno di milonga, poi si ricomincia. I brani di ogni tanda devono essere musicalmente omogenei (stessa orchestra o almeno stesso stile), questo per consentire ai ballerini di entrare in pista sulle note della musica a loro congeniale e di evitare quella che non gradiscono. Tra una tanda e l’altra viene inserito un brano, non intero, non di tango che non andrebbe ballato, possono essere pezzi pop, rock, salsa, swing, classica, brani da opere liriche, ecc, la cortina serve da un lato per “scoppiare” i ballerini in modo elegante (è antipatico lasciare una persona in pista mentre si balla), dall’altro consentire a tutti di scegliere con chi ballare la tanda successiva. E’ evidente che l’introduzione della musica su computer ha semplificato di molto la vita del musicalizador che può strutturare con largo anticipo tandas e cortine pronte per l’uso anche in automatico, avendo la possibilità di inserire tandas di riserva per essere pronto ad assecondare il gusto della sala qualora notasse che i ballerini gradiscano una tipologia di tango rispetto ad un altra. Anche dal punto di vista amministrativo l’uso del PC semplifica la vita, per esempio nella compilazione del borderò con la lista dei brani riprodotti (da fornire alla Siae), nella ricerca di pezzi nuovi, o poco noti. Dal punto di vista della fatica fisica, un musicalizador digitale deve portarsi appresso solo un notebook (magari con dentro con dentro 10.000 brani), un mixer e un po di cavi (non si può mai sapere cosa può succedere durante una serata e che impianti hanno raffazzonato i gestori), quindi un set leggero e poco ingombrante che entra agevolmente in macchina o in un trolley da portare a bordo di un volo low cost. Ben diversa la situazione per chi vuole usare l’analogico, scelta ancor più sorprendente se effettuata da una donna italiana, giovane, che per questi motivi voluto intervistare recentemente, Nel seguito la sintesi dell’intervista. L’incontro di Susana Arbitrio con il tango. Susanna non fa di professione il musicalizador di tango, ha una altra attività nella vita, decisamente più “normale”. E non è neanche una audiofila in senso stretto, fino a non molti anni fa non aveva neppure dimestichezza con il vinile. Come per molti “infettati” dalla passione per questo ballo e per la sua musica, l’incontro con il tango è stato ad un tempo casuale e cercato, casuale perché quando si comincia non si può sapere se e quanto ci si appassionerà, cercato perché il tango è comunque la ricerca di uno spazio personale di espressione che ognuno vive a modo proprio, anche se in mezzo ad altri. Ed a Susanna l’amore per il tango è sbocciato praticamente subito, il che ha significato percorrere tutta la trafila degli aficionados, ossia prendere lezioni collettive e private, partecipare a stage con i grandi maestri in Italia e all’estero, andare periodicamente a ballare, ascoltare musica di tango, approfondire lo studio della storia e delle tradizioni di questo ballo ormai più che secolare, finire per frequentare quasi esclusivamente persone di questo micromondo così particolare. Ma nel percorso didattico di un tanghero non può mancare uno (o anche più) viaggi a Buenos Aires, per vedere come si vive il tango nella città che gli ha dato i natali. Susanna è sicuramente una persona fuori dal comune, a differenza di tutte le mie amiche di tango, che a Buenos Aires hanno fatto principalmente incetta di scarpe da ballo della migliore produzione locale, lei si è immersa nella alla ricerca di vinili di tango. Che c’è di strano, direte voi? C’è di strano che all’epoca la nostra Susanna neppure aveva un giradischi, ciononostante è tornata in Italia con un bottino di oltre cinquanta vinili di tango. Ma i vinili non potevano restare a prendere polvere, quindi Susanna ha comprato un giradischi (per la cronaca un Rega P3) ed ha cominciato ad ascoltarli. Ascolta che ti ascolta, i vinili son finiti e allora Susanna, grazie ai potenti mezzi della società dell'informazione, si è data da fare ed ha iniziato a comprarne altri on line su canali noti e meno noti, sopratutto, come è ovvio, sul mercato argentino, oggi credo che abbia superato quota 1000 (e 1000 vinili di tango vi assicuro non sono davvero pochi da reperire). La carriera di musicalizador di tango. Girando per le milonghe romane (la milonga è il luogo dove si balla il tango), la competenza musicale di Susanna è stata notata ed apprezzata da alcuni organizzatori, e, senza che Susanna facesse nulla per proporsi, quasi per casi e a sua sorpresa le è stato proposto di musicalizzare una serata. All’inizio Susana si è schernita, ha rifiutato, ma poi, viste le insistenze ha iniziato a studiare come ricoprire al meglio questo nuovo (per lei) ruolo e dopo qualche mese ha fatto il suo debutto in sordina ad una pratica (per chi non lo sapesse, la pratica è una serata di tango meno impegnativa, serve per sperimentare quello che si è imparato a lezione, anche se nella realtà le differenze tra pratica e serata vera e propria nei fatti sono molto sfumate), ma il successo è stato immediato tanto è vero che le è stato subito proposto di musicalizzare una serata di una maratona internazionale (la maratona di tango è una sorta di festival dove si balla tutte le sere e spesso anche tutti i pomeriggi e di giorno si possono frequentare lezioni private e collettive). Altro momento importante per Susanna, subito dopo la maratona, è stata l’esperienza vissuta come resident dj di una nota milonga romana. Dopo di che Susanna non si è fermata più, ha continuato a musicalizzare con successo e con frequenza (compatibilmente con i suoi impegni di lavoro) in Italia e all’estero ed oggi è un nome conosciuto, apprezzato e rispettato nel panorama variegato dei dj di tango. Le attrezzature di Susanna Arbitrio. Come dicevo, il primo giradischi di Susanna è stato un Rega P3, a cui è stato affiancato (al momento di passare dall’ascolto casalingo a quello pubblico,) un Audio Technica AT-LP120. Il Rega però presto di è rivelato inadatto ad un uso heavy-duty, per cui Susanna ha preso un secondo AT LP-120, musicalmente le piace di più il Rega, ma gli AT sono più robusti, più adatti a viaggiare, inoltre non va trascurato il vantaggio di avere due bracci uguali con shell intercambiabile, qualsiasi cosa dovesse succedere ad una testina durante una serata, è sempre possibile rimediare montando al volo una di quelle che ha di riserva. I due Audio Technica sono inoltre dotati di stadio phono, scelta necessaria per svincolare Susanna il più possibile dalle attrezzature presenti nei locali. l mixer è un Omnitronic PM311p. Come si vede apparecchiature robuste, ma non pesantissime, idonee ad essere spostate con frequenza e sopratutto affidabile per l’uso dj. Movimentare tutto questo armamentario non è agevole, ogni giradischi pesa circa 9 kg, cui va aggiunto il peso della valigia rigida (una per ogni AT LP120), quello dei vinili e quello del resto delle attrezzature. La somma dei pesi eccede quella prevista per i trolley da cabina, e siccome far viaggiare le attrezzature in stiva presenta sempre un rischio smarrimento, a volte Susanna deve prendere un biglietto in più solo per le attrezzature Per quando riguarda la musica, ovviamente Susanna non viaggia con tutti i suoi mille vinili di tango, ma ne seleziona una cinquantina, la forza delle sue serate sta nel carattere non preconfezionato della musica proposta, ovviamente Susanna cerca, per quanto possibile (ma non sempre si riesce) a realizzare tande con brani contenuti nello stesso vinile, ma la successione delle tande non è rigorosamente prefissata fin dall’inizio ma evolve nel corso della serata, per adattarsi all’umore dell’ambiente, un sistema decisamente più umano p personalizzato di quello che si ha con le scalette preimpostate al PC, ma decisamente più faticoso ed impegnativo, praticamente impossibile allontanarsi dalla consolle. Le scelte musicali. Naturalmente, anche se su vinile si trova molta musica di tango, non c’è sicuramente tutto. I gruppi emergenti, quelli del cosiddetto tango nuevo e tango elettronico (i Narcotango, i Gotan Project tanto per citarne solo due), ma anche le nuove leve del tango tradizionale, raramente incidono su vinile, discorso simile ma per motivi differenti vale anche per il tango delle origini. Ma a Susanna tutto questo non importa, a lei piace soprattutto il tango degli anni ‘40, con qualche incursione negli anni ‘30 e nel periodo 1950-1960, e per questo genere di tango di brani se ne trovano davvero a bizzeffe in vinile. D’altra parte ogni musicalizador ha una sua cifra stilistica e chi lo sceglie lo fa in funzione delle sue scelte musicali, quindi gli organizzatori che chiamano Susanna Arbitrio lo fanno perché si fidano delle sue scelte musicali e perché sanno che il pubblico del loro locale fa altrettanto e le apprezza. Attualmente non sono moltissimi i musicalizador di tango che fanno ricorso in maniera totale o prevalente al vinile, sicuramente ce ne sono diversi argentini, alcuni non argentini, e anche alcune donne (Susanna mi dice di conoscere due ragazze russe che come lei musicalizzano solo con il vinile), la scelta di operare con il disco nero comporta non poche complicazioni, un limite è dato sicuramente dal maggiore ingombro delle attrezzature da trasportare, ma credo che il motivo vero sia la difficoltà di approvvigionasi di materiale musicale in maniera semplice, rapida ed economica- Complimenti comunque a Susanna che ha scelto la strada più romantica, ma anche più impegnativa e pesante per musicalizzare le serate di tango.4 punti
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Uno dei più graditi argomenti di discussione della Music Room del Club è stato il lavoro di ricerca archivistica sui dischi più e meglio consigliati in passato dai membri della nostra community, un topic con oltre 200 mila visualizzazioni. Quindi ho pensato di raccogliere e organizzare quei preziosi dati in una pubblicazione a puntate divise per genere musicale, i dischi sono elencati in ordine casuale, non è una classifica. Le segnalazioni riguardano opere che sommano il valore artistico con quello tecnico della registrazione, non che il web sia avaro di questi suggerimenti ma questi sono i nostri suggerimenti. Un'ultima nota, questi suggerimenti sono stati dati nell'arco di diversi anni, è possibile che alcune edizioni non siano più disponibili se non come usato, oppure che siano state superate da edizioni più aggiornate e preferibili. Quindi vi raccomando di non far mancare nei commenti i vostri suggerimenti. Buona lettura e buoni ascolti! Kind of Blue - Miles Davis Per questo disco fu convocata Davis una formazione all stars, oltre Miles Davis alla tromba, Julian "Cannonball" Adderley – alto saxophone, John Coltrane – tenor saxophone, Bill Evans – piano, Wynton Kelly – piano, Paul Chambers – double bass, Jimmy Cobb – drums. Kind of Blue fu registrato in due sessioni allo studio della Columbia Records situato sulla 30ª strada a New York; il 2 marzo furono incise le tracce So What, Freddie Freeloader, e Blue in Green, che costituiscono la facciata A dell'LP originale, e il 22 aprile Flamenco Sketches, e All Blues, la seconda facciata del disco. La produzione fu curata da Teo Macero, che aveva già prodotto i precedenti due album di Davis, e da Irving Townsend. Per il disco non vennero fatte prove e i pezzi da registrare erano tutti nuovi. Come descritto nelle note di copertina originali dell'album dal pianista Bill Evans, Davis distribuì alla band solo dei bozzetti di linee melodiche sulle quali improvvisare. Una volta che i musicisti furono riuniti, Davis diede loro brevi istruzioni per ogni pezzo e quindi si preparò a registrare il sestetto in studio. I risultati di questo procedimento furono poi considerati - quasi unanimemente - eccezionali. Da questo fatto, e dalle note di copertina di Evans, nacque la leggenda secondo la quale tutti i brani dell'album sono "prime esecuzioni assolute". (Wikipedia) Le stampe di Kind of Blue sono sterminate, è pur sempre il disco più venduto della storia del jazz. Qui quelle canoniche. - Columbia Classic Records, CS 8163, Stereo, 200 Gr Quiex SV-P, Bernie Grundman Mastering [ASIN: B0018C4RNK] - MFSL, 45rpm 180g 2LP Sku: MFSL2-45-011 [ASIN: B00AUBNI12] - Columbia Legacy, 88697680571, Masterizzato da Kevin Gray, Cohearent Audio, RTI [ASIN: B0041TM5OU] - Doppio vinile stereo e mono [ASIN: B006QR28HE] - Sony Japan, SICP-30216, remastering Blu-spec CD2 [ASIN: B00D1B8R9G] Coward of the County - Ginger Baker and the DJQ2O Considerato uno dei migliori album jazz degli anni '90, è suonato da un quintetto con Baker alla batteria e il Denver Jazz Quintet-To-Octet (DJQ2O), Ron Miles alla tromba, Fred Hess al tenore, Artie Moore al basso ed Eric Gunnison al pianoforte. Ma poi si estende in un ottetto con Shamie Royson all'organo, Todd Ayers alla chitarra e Glenn Taylor al pedal steel. Ginger Baker, dopo Cream e Blind Faith, nei primi anni Ottanta, si trasferì in Italia dove si diede alla coltivazione dell'olivo. Nel 1986 ritornò sulla scena musicale con alcune interessanti collaborazioni con le quali si avvicinò gradualmente al jazz fino ad arrivare, alla fine degli anno '90 a questo disco che comprende l'essenza del blues, del jazz e del rock. Definito "Swinging, driving, rocking, pastoso, intenso, melodico, bello". A differenza di gran parte del jazz di oggi, che sembra un rimaneggiamento del passato, questo CD ha un'atmosfera totalmente moderna pur rimanendo saldamente radicato nella tradizione dell'improvvisazione. Una buona parte del merito di questo album va a Ron Miles, un trombettista e arrangiatore dotato che ha scritto la maggior parte dei brani. Coward of the County è stato registrato dal vivo in studio da Danny Kopelson, direttamente in due tracce al Colorado Sound Recording Studios di Denver, il 26 e 27 settembre 1998. La registrazione è universalmente apprezzata per la dimensionalità dell'immagine, ovvero la sensazione di essere in grado di camminare intorno e dietro i musicisti. [Atlantic - ASIN: B00000IFW7] Time Out! - Dave Brubeck L'album nacque come un esperimento utilizzando stili musicali che Dave Brubeck, pianista di San Francisco, scoprì all'estero durante un tour in Eurasia sponsorizzato dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Con Time Out Brubeck si propose l'obiettivo di sovvertire le strutture stereotipate del jazz, introducendo i tempi dispari, insoliti in quel periodo. Egli applica inoltre, con successo ed originalità, alcune forme musicali della musica classica al jazz, come le fughe ed i rondò. Dal celeberrimo 5/4 di Take Five, che avrebbe dovuto essere originariamente un assolo di batteria di Joe Morello, al 9/8 di Blue Rondò à la Turk, ispirato dal movimento di Mozart Rondò alla turca della sua sonata per pianoforte n. 11 e dai temi dello zeybeği, della tradizione turca, passando per il doppio valzer (Kathy's Waltz) ed episodici sprazzi di 4/4, in Strange Meadow Lark. Con Time Out il gruppo ha introdotto l'arte astratta nelle copertine degli LP jazz. Neil Fujita firma, infatti, l'immagine che appare sull'album. Blue Rondò à la Turk insieme a Take Five fu presentato su un 45 giri ricevendo recensioni negative dalla critica, ma nonostante ciò, in brevissimo tempo superò il milione di copie vendute, primo caso nella storia discografica del jazz. Formazione: Dave Brubeck - piano, Paul Desmond - alto saxophone, Joe Morello - drums, Gene Wright - bass. Time Out fu pubblicato per la prima volta il 14 dicembre 1959 come LP mono (CL1397), nel 1984 come CD (CK8192), nel 1987 come HDCD (CK65122), nel 1999 come SACD multicanale (CS65122). Le edizioni sono comunque decine e ciascuno avrà la sua preferita, tra le più recenti e interessanti c'è quella della solita, infallibile, Analogue Productions masterizzata da Bernie Grundman uscita nel 2012 (cod. APJ 8192-45). - CD [Columbia Legacy - ASIN: B000024F6I] - Vinile colorato DMM [20th Century - ASIN: B08DQJF2GF] - Vinile 200 gr [Analogue Productions - ASIN: B017EUBVYC] Haruka - Gaia Cuatro Feat. Paolo Fresu Gaia Cuatro è un quartetto per metà argentino e per metà giapponese, nel quale ognuno dei musicisti porta una qualche eredità musicale dalla propria terra. I due argentini e i due giapponesi si sono incontrati casualmente a Parigi nel 2003, gli uni affascinati dalle caratteristiche opposte degli altri, e hanno pensato bene di lasciarsi contaminare vicendevolmente. Sono i giapponesi Aska Kaneko, violinista, e Tomohiro Yahiro, percussionista, e gli argentini Gerardo di Giusto, pianista, e Carlos “El Tero” Buschini, bassista. Da una parte l’Argentina, un Paese che non è solo tango, ma che ha alle spalle una colorata varietà di ritmi tradizionali dalle appassionate armonie, in cui la poesia si fonde con la musica. Dall’altra il Giappone, dove la tradizione è estetica, eleganza, dove le forme sono ben definite e delicate, il tempo è rarefatto e la calma regna sovrana. Il dialogo che nasce tra i musicisti di questo quartetto è un caleidoscopio di colori ed emozioni. Le composizioni, tutte originali, esprimono maturità e spontaneità allo stesso tempo. Haruka è ulteriormente impreziosito dalla straordinaria partecipazione di Paolo Fresu che aggiunge una ulteriore nota di classe ed espressività. Pubblicato anche su vinile in sole 500 copie numerate. [Abeat - ASIN : B0041KV3NS] Motion Poet - Peter Erskine Peter Erskine è un batterista jazz statunitense che ha iniziato a suonare la batteria all'età di quattro anni. La sua carriera professionale è iniziata nel 1972 quando è entrato a far parte della Stan Kenton Orchestra. Dopo tre anni con Kenton è entrato a far parte di Maynard Ferguson per due anni. Nel 1978 è entrato a far parte di Weather Report, unendosi a Jaco Pastorius per formare una formidabile sezione ritmica. Dopo quattro anni e cinque album con Weather Report è entrato a far parte di Steps Ahead. Vanta collaborazioni con orchestre come la BBC Sympony Orchestra, la Ensemble Modern London Symphony, la L.A. Philharmonic, Joni Mitchell, gli Yellowjackets, ma anche Diana Krall, Chick Corea, Pino Daniele, Rita Marcotulli, Pat Metheny, Mike Stern, e John Scofield. Con Motion Poet, Erskin si propone di realizzare un'opera insolita e ambiziosa, coadiuvato da uno stuolo di noti e grandi musicisti, ne vien fuori un pregevole album di fusion. Registrato in PCM e mixato tra il 25 aprile e il primo maggio 1988 a New York, poi masterizzato da Toshihiko Takahashi presso il Nippon Columbia Studio e pubblicato da Denon col numero di catalogo CY-72582. [Denon PCM Digital - ASIN: B0000034R2] Maiden Voyage - Herbie Hancock Maiden Voyage (viaggio inaugurale) è il quinto album discografico del musicista jazz statunitense Herbie Hancock, pubblicato dalla casa discografica Blue Note Records nel febbraio del 1966. Quando ha registrato questo disco, Hancock era stato nel Miles Davis Quintet per diversi anni, un'esperienza che lui, il bassista Ron Carter e il batterista Tony Williams, hanno descritto come trasformativa. Il quintetto suona una selezione di cinque originali di Hancock, molti dei quali sono semplicemente superbe vetrine per gli assoli provocatori e imprevedibili, le trame tonali e le armonie del gruppo. L'opera trae ispirazione da un tema non proprio tipico della musica jazz: il mare. “Il mare ha spesso stimolato l'immaginazione di menti creative coinvolte in tutte le sfere dell'arte. Esiste ancora un elemento di mistero che circonda il mare e le creature acquatiche viventi che gli conferiscono la sua essenza vitale. Atlantide, il Mar dei Sargassi, i serpenti giganti e le sirene sono solo alcuni dei tanti misteri folcloristici che si sono evoluti attraverso le esperienze dell'uomo con il mare. Questa musica tenta di catturare la sua vastità e maestosità, lo splendore di una nave marittima nel suo viaggio inaugurale, la graziosa bellezza dei giocosi delfini, la costante lotta per la sopravvivenza anche delle più piccole creature marine e il terrificante potere distruttivo del uragano, nemesi dei marinai", scrive Herbie Hancock nelle note del disco. La formazione comprende: Herbie Hancock - piano, Freddie Hubbard - tromba, George Coleman - sassofono tenore, Ron Carter - contrabbasso, Anthony Williams - batteria. Registrazioni effettuate il 17 marzo 1965 al Van Gelder Studio di Englewood Cliffs, New Jersey, Stati Uniti, con Rudy Van Gelder ingegnere delle registrazioni, mentre Michael Cuscuna è il produttore della riedizione su CD. Analogue Production lo ha rilasciato su Hybrid SACD CBNJ84195SA (2011) e vinile AP-84195 (2010 e 2013)... beato chi li tova. - CD remaster 1999 [Universal Music - ASIN: B00000IL29] - Japan LTD CD - QIAG-16004 [Toshiba-EMI Japan - ASIN: B007HQN9JO] - Vinile [Blue Note - ASIN: B00IE6SR1G] Love Letter - Roy Haynes Roy Haynes è uno dei più registrati, originali e longevi batteristi della scena jazz. Iniziò la sua carriera professionale nel 1945 e fu nel gruppo di Lester Young dal 1947 al 1949. Nel corso degli anni cinquanta, Haynes inanellò una serie di importanti collaborazioni, lavorando con Charlie Parker (1949-1952), Bud Powell, Stan Getz, Sarah Vaughan (1953-1958), Thelonious Monk, Lennie Tristano, Miles Davis, Chick Corea. Love Letter è un insieme di standard eseguito da una formazione stellare e ognuno conferisce alla musica la propria impronta: Roy Haynes - batteria, Kenny Barron - pianoforte, Dave Holland - basso, Dave Kikoski - pianoforte, Christian McBride - basso, Joshua Redman - sassofono tenore, John Scofield - chitarra. Registrato il 23 e 24 maggio del 2002 da David Baker agli Avatar Studios e masterizzato da Koji Suzuki, la qualità del suono è tra le migliori disponibili. Prezzi pazzi su questo CD, alti e bassi, non fermatevi alla prima offerta. [Video Delta - ASIN: B00AQ3ER8M] Star Tracks - The Yuri Honing Trio Lo Yuri Honing Trio (Yuri Honing - sax tenore, Tony Overwater - basso, Joost Lijbaart - drums) raggiunse il successo internazionale nel 1996 con l'uscita di Star Tracks. L'album è un'antologia di musica pop europea del periodo 1974-1995 dove l'essenza dell'arte dell'improvvisazione viene riscoperta prendendo la musica popolare contemporanea come punto di partenza. Particolarmente notevole è la versione di "Walking on the Moon". Realizzato senza pretese di particolare qualità audio, in uno studio di registrazione relativamente economico senza molta attrezzatura e tempo limitato per effettuare la registrazione, il risultato finale è stato un prodotto dalla qualità sonora inaspettatamente buona, tanto da farne uno dei dischi preferiti degli audiofili. Registrato il 15 e 16 luglio 1996 all'Energy Studio di Mariaheide nei Paesi Bassi e masterizzato da Sander van der Heide con la collaborazione del sound engineer Harry van Dalen. E' stato prodotto in poche copie da una piccola etichetta ma è ricercato dagli audiofili di tutto il mondo, ne consegue che è attualmente introvabile. Vi raccomando di non strapagare qualche usato che spunta ogni tanto, anche perché i file sono disponibili in streaming e all'acquisto. [Via Efa - ASIN: B000024PVI] I Remember Duke, Hoagy & Strayhorn - Ahmad Jamal "Non c'è dubbio che Ahmad Jamal sia stato uno dei pianisti più audaci e influenti del jazz. La sua uscita "I Remember Duke, Hoagy & Strayhorn", trasmette una sensazione di sentimento e nostalgia maggiore di quanto ci si aspetterebbe da lui. Ma considerando la natura di questa registrazione - un affettuoso ricordo di Duke Ellington, Hoagy Carmichael e Billy Strayhorn- il tenero lirismo e il tono caldo delle esecuzioni sembrano appropriati. Allo stesso tempo, Jamal porta in molte di queste tracce una raffinatezza armonica e una capacità di sviluppare materiale che pochi pianisti potrebbero eguagliare. L'intelligenza con cui fonde vari temi di Ellington in "I Got It Bad", i sorprendenti cambi di accordo che apporta a "In a Sentimental Mood" e il modo intricato in cui elabora i temi in 'Chelsea Bridge' fanno consigliare questo disco senza riserve". (Howard Reich, Chicago Tribune). La formazione: Ahmad Jamal - piano, Ephriam Wolfolk - basso, Arti Dixson - drums. Pubblicato da Telarc (CD-83339), registrato ai Clinton Studios di New York nel giugno 1994, engineer Jack Renner, è stato masterizzato su vetro con tecnologia Sony DADC. Con la tecnologia DADC le informazioni vengono copiate su uno speciale rivestimento chimico deposto su un blocco circolare di vetro. Il glass master viene lucidato fino a renderlo ultra liscio poiché anche i graffi microscopici possono influire sulla qualità dei CD prodotti. La masterizzazione del vetro viene eseguita in una camera bianca di Classe 100 (10 volte più pulita di una sala operatoria). [Telarc - ASIN: B000003D41] East! - Pat Martino Pat Martino, chitarrista jazz statunitense di origini italiane, è noto per la velocità e per la grande padronanza dello strumento ed è considerato da molti uno dei migliori chitarristi jazz di sempre. Nel 1980, purtroppo, un aneurisma cerebrale gli è quasi fatale. L'operazione che ne consegue provoca in Pat una forte amnesia, tanto da non riuscire a riconoscere, in un primo momento, nemmeno i propri genitori. Perde anche ogni ricordo legato alla chitarra e alla sua carriera musicale. Grazie all'aiuto degli amici, all'ausilio del computer e all'ascolto dei suoi vecchi dischi Pat riesce a compiere una incredibile riabilitazione "imparando" di nuovo a suonare la chitarra. L'album del 1987 The Return segna il suo ritorno alla musica. Tuttora Pat continua a suonare e a fare tournée in tutto il mondo. La formazione in questo disco è: Pat Martino – chitarra, Eddie Green – piano, Ben Tucker – basso, Lenny McBrowne – drums. Chiariamo subito che East! non ha assolutamente nulla a che fare con l'Estremo Oriente o il Buddismo, è grande hard-bop suonato da uno dei giganti della chitarra, uno degli album di chitarra jazz essenziali. In questo disco le linee, il fraseggio, lo swing e persino il tono di Martino sono unici nel linguaggio del jazz. Registrato a New York da Richard Alderson nel gennaio 1968, l'incisione ha il sound di un jazz club di quegli anni ma allo stesso tempo è nitida, estesa, dinamica, silenziosa. Rimasterizzato SACD/CD per MFSL da Sean R. Britton nel 2006, con eccellenti risultati. - [Prestige OJC - ASIN : B000000YE0] - [Mobile Fidelity - ASIN: B000GPP572] Hope - Hugh Masekela Hope è un album dal vivo di Hugh Masekela, trombettista di origini sudafricane. Intorno al Duemila, la Burmester ha prodotto una compilation su CD da utilizzare come strumento di promozione e dimostrazione dei propri impianti stereo. Una notevole traccia di 10 minuti di quel disco era Stimela di Hugh Masekela: realismo, spazio e profondità sono sbalorditivi, i dettagli sconcertanti. Così Masekela si è diffuso viralmente nei circoli audiofili, ma - attenzione - non si tratta della tipica musica da demo audiofila. Questa era la prima volta che Masekela suonava con una band tutta africana in circa trent'anni, un concerto al Blues Alley di Washington DC nel 1993, registrato e poi pubblicato per la prima volta su CD standard nel 2004. Le canzoni di Hope vogliono trasmettere un messaggio di speranza alle nuove generazioni prendendo spunto dalle varie vicissitudini che hanno attraversato le vite di questi musicisti, si estendono per un periodo di quasi cinquant'anni e diversi paesi e compositori. Da una melodia incantatrice della township di Alessandria, "Languta", che Masekela apprese nel 1947, a un pezzo abbastanza ordinario scritto dal tastierista Themba Mkhize nel 1993, "Until When". "Abangoma" rievoca la prima fusione di musica africana e jazz che Masekela stava riproducendo nel 1966. Stimela (The Coal Train), inizia con una commovente narrazione sui terribili sentimenti provati dai minatori che lavoravano vicino a Johannesburg quando sentivano il fischio del treno del carbone che li avrebbe portati dai loro vari insediamenti a una vita miserabile e pericolosa sotto terra nelle miniere. Disponibile su CD, il pezzo forte è sicuramente il doppio vinile a 45 giri della Analogue Productions masterizzato da Kevin Gray e stampato alla QRP. Il mix originale di alta qualità e il consueto eccelso mastering di Analogue Productions hanno prodotto un suono molto trasparente e di grande impatto. - CD [Triloka - ASIN: B00005YUFK] - Vinile [Analogue Productions - ASIN: B0009Z10MS] Concorde - The Modern Jazz Quartet Concorde è il primo disco del Modern Jazz Quartet concepito fin dall'inizio come un LP, dopo aver pubblicato EP per diversi anni. Oltre ad essere uno dei primi LP in assoluto della storia del jazz, è un disco che ha spinto in avanti il jazz segnando l'inizio di un periodo che sarebbe diventata l'età dell'oro per il jazz moderno. L'intero album si mantiene su livelli eccelsi, sia nei momenti di swing che nei momenti più introspettivi, tra gli standard popolari rielaborati e le selezioni di Gershwin, si ha una visione approfondita del funzionamento interno del MJQ e delle loro capacità collettive di improvvisare con uno scopo, piuttosto che semplicemente combinare assoli. Il brano che dà il nome all'album, "Concorde", è stato scritto da Lewis come una fuga, una composizione che mette in mostra la tecnica contrappuntistica del MJQ, d'altra parte Bach ha sempre influenzato Lewis, per il fraseggio e il senso ritmico, anche se ci sono molti aspetti, come ad esempio la fuga, che invece sembravano incompatibili con l’improvvisazione. La formazione è composta da: John Lewis - piano, Milt Jackson - vibrafono, Percy Heath - basso, Connie Kay - drums. Il disco fu registrato il due luglio 1955 al Van Gelder Studio, e pubblicato per la prima volta quell'anno come LP, Prestige codice 7005. I dischi della Prestige avevano già allora un suono brillante e vibrante e infatti quelle edizioni sono tuttora molto apprezzate e ricercate, l'album è stato ristampato su CD nel 2008 come parte della collezione Rudy Van Gelder Remasters. Sempre del 2008 è l'edizione giapponese su SHM-CD DSD. Nel 2014 viene ripubblicato su vinile in edizione limitata per commemorare il 65mo anniversario della Prestige ed i 90 anni di Rudy Van Gelder con codice OJCLP002. - CD [Prestige RVG - ASIN: B001AHIW9I] - SHM-CD DSD [Vidol - ASIN: B001NGSM82] - Vinile [OJC-ASIN : B000000XZT] Arigato - Hank Jones Trio Hank Jones ha la reputazione di essere uno dei pianisti più flessibili e dinamici del genere jazz (per inciso è anche il pianista che ha accompagnato Marilyn Monroe quando cantò "Happy Birthday" a JFK). Il suo modo di suonare in Arigato ne è un fantastico esempio e offre all'ascoltatore una visione del talento senza pari di Jones. Le presenze di Ronnie Bedford alla batteria, Jay Leonhart e Richard Davis al basso e Ray Rivera alla chitarra, aiutano a completare questa fantastica registrazione del 1976. Registrato al Downtown Sound Studio di New York da Fred Miller, pubblicato su vinile da Progressive Records in Occidente (cod. 7004) e da Teichiku Records in Giappone. Nel 1989 è stato ripubblicato su CD da Progressive (cod. PCD-70049, infine l'album è stato rimasterizzato per vinile nel 2018 alla Infrasonic Mastering per ORG Music e stampato su vinile di livello audiofilo alla Pallas in Germania. ORG sta facendo un lavoro meritorio nel preservare incisioni storiche, le loro ristampe delle incisioni degli anni Settanta sono fedeli alla registrazione originale e tuttavia presentano più nitidezza e calore rispetto alle stampe originali. - CD [Vidb1 - ASIN: B000001DDM] - Vinile [Warner - ASIN: B07GJG4QR2] Malia - Napoli 1950-1960 - Massimo Ranieri Un album di canzoni napoletane del secondo dopoguerra nel quale Ranieri contamina la musica popolare napoletana con elementi jazz. Massimo Ranieri, artista sempre più maturo e poliedrico, è accompagnato da Enrico Rava (tromba e flicorno), Stefano Di Battista (sax alto e sax soprano), Rita Marcotulli (pianoforte), Stefano Bagnoli (batteria) e Riccardo Fioravanti (contrabbasso). Ad orchestrare il tutto Mauro Pagani che davvero non ha bisogno di presentazioni e che ha prodotto l'intero album. Il termine Malìa – magia, incantesimo, fascino, seduzione – che dà il titolo al disco e che racchiude nel suo antico significato il senso stesso dell’intero progetto, è scaturito dal testo di “Te Voglio Bene Tanto Tanto” contenuto nel disco. Questo disco è un viaggio verso un incantesimo. È una sorprendente avventura musicale in un tempo magico delle canzoni napoletane, quando tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta quelle melodie già universali si riempirono improvvisamente di estate e di erotismo, di notti e di lune. E si vestirono di un fascino elegante e internazionale. È l’inconfondibile Napoli “caprese”, che diventò in un baleno attraente, seducente, prestigiosa e sexy come una stella del cinema. E che è diventata una immortale Malìa, come suggerisce una parola nascosta tra i testi delle canzoni. Nel 2016 è uscito Malia parte seconda. Registrato e missato da Giuseppe Salvadori, con la grande qualità audio comune ai lavori di Massimo Ranieri già da molti anni, è uscito sia in CD che in vinile (questo ormai introvabile). - CD [Sony - ASIN: B015CSMDNG] - Vinile [Sony - ASIN: B015CSMDRM] Mood Swing - Joshua Redman MoodSwing è un album in studio del 1994 del sassofonista jazz americano Joshua Redman. I compagni di band di Redman qui sono il batterista Brian Blade, il bassista Christian McBride e il pianista Brad Mehldau. MoodSwing è stata la terza registrazione di Redman come leader della band e la sua prima composta esclusivamente da una bellissima collezione di originali di Redman. MoodSwing, ha sorpreso il mondo del jazz rivelando un giovane Joshua Redman conservatore e tradizionale. Il giovane (a quel tempo) sassofonista ha infatti cercato in questo disco di cambiare quella che credeva essere la percezione pubblica del jazz: una forma di musica in gran parte accademica ed eccessivamente intellettualizzata priva dei temi emotivi che guidano altri generi. MoodSwing offre un racconto comunicativo e ispirato della diversità emotiva, per recuperare la parte di pubblico che il jazz ha perso per strada per la sua frequente inaccessibilità. L'album fu registrato e missato nel marzo '94 da James Farber al Power Station di New York, poi masterizzato da Greg Calbi e Scott Hull, per poi essere pubblicato in CD e Compact Cassette da Warner Bros. L'album è stato pubblicato in vinile doppio nel 2009 da Nonesuch (cod. 45643-1) e ristampato nel 2021. - CD [Warner Bros - ASIN: B000002MS1] - Vinile [Nonesuch - ASIN: B0026T4RM0] Distance - Martin Tingvall Per questo suo album di piano solista, il pianista svedese Martin Tingvall si è recato in Islanda per raccogliere idee e trarre ispirazione, con l'ambizioso proposito di annullare con la musica la distanza che attualmente divide gli esseri umani che oramai comunicano solo attraverso i social, perdendo così qualsivoglia contatto umano. ‟Ho fatto un viaggio in Islanda – racconta Martin – alla ricerca di distanza e sono stato ricompensato con un sacco d’ispirazione per la musica di quest’album: è una terra che dà una prospettiva completamente nuova. E a dispetto o forse proprio a causa delle enormi distanze presenti, ho avuto la sensazione che ci fosse molta più intimità e vicinanza fra le persone. Uno spazio lontano dalla vita frenetica di tutti i giorni, una breve pausa, un po’ di distanza, pace, quiete e tempo per nuove prospettive”. Distance è un album di musica contemporanea post-fusion pubblicato nel 2015 su CD, su vinile e su cassetta. - CD [Skip - ASIN : B00YWCB1A0] - Vinile [Skip - ASIN: B00ZGUI4E8] The Gathering - Geri Allen Allmusic ha assegnato 4 stelle a questo molto piacevole album di brani composti dalla stessa Allen, affermando: "Per quanto completa e ben realizzata, come molte delle registrazioni di Allen, questa mostra tutte le sue immense potenzialità che vengono alla luce allo stesso tempo. È musica perfettamente programmata, perfettamente eseguita che ha una qualità ammaliante nel complesso , ma abbastanza forza, innovazione e stile per classificarla in alto tra i suoi migliori progetti e viene altamente raccomandata". JazzTimes ha scritto: "Man mano che le opportunità aumentano e la sua esperienza nella musica si amplia, diventa ancora più chiaro che Geri Allen è uno dei nostri musicisti jazz di maggior talento. Per la sua prima sessione di Verve, l'attenzione compositiva della signora Allen è acuta. Chiaro, molto riflessivo e, a volte, piuttosto introspettivo". La registrazione è di una qualità stratosferica, con una nitidezza ed una estensione in grado di mettere a dura prova qualsiasi impianto, con un'ottima resa anche in cuffia... hardware permettendo. Produttore Teo Macero, registrato, missato e masterizzato da Glen Kolotkin al Sorcerer Sound di New York. Pubblicato dalla Verve come CD digipak nel 1998 con codice 557 614-2, EAN: 0731455761429. Fuori catalogo ma si riesce ancora a trovare a prezzi modici. [Verve - ASIN: B000009QU2] [fai clic qui per leggere la seconda parte] In copertina: music photo created by freepik - www.freepik.com3 punti
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Con il ritorno di moda del vinile, sempre più spesso noi vecchi barbogi cresciuti a base di musica analogica, veniamo interpellatati dalle new entry sul settaggio del giradischi. Vero è che sul web c’è tutto e anche di più, ma nella maggior parte dei casi i sistemi proposti sono idonei per analogisti “scafati” ed a volte sovrabbondanti o poco chiari per chi con il vinile non ha troppa dimestichezza. Visto che tra le “mission” di Melius Club c’è anche quella di avere un occhio di riguardo per le nuove leve, abbiamo pensato di produrre una guida sintetica, facile da usare e consultare, ma non per questo approssimativa, sul settaggio di testina e giradischi. Visto il particolare target cui ci rivolgiamo, abbiamo ridotto al minimo indispensabile le attrezzature da comprare, e siamo partiti dall’ipotesi di parlare a persone che per la prima volta si trovano a dover gestire direttamente un giradischi. Un neofita tipicamente comprerà un giradischi nuovo, preassemblato in fabbrica e spesso tarato dal venditore, ovviamente un prodotto che quando va bene sarà di classe media, diciamo un classico giradischi a cinghia, con braccio e testina MM. Questo ci semplifica la vita, parleremo in una prossima puntata di come abbinare una testina MC ad uno stadio phono. Il travaglio del neofita Allora il nostro neofita, che chiameremo Mario, ha un classico impianto hi-fi composto da un amplificatore, due diffusori, una sorgente digitale e a questo armamentario ha deciso di aggiungere un giradischi, Lo ha scelto con cura, informandosi sul web, nei negozi, leggendo le riviste, parlando con amici, ha ottenuto il placet della componente femminile (madre, moglie, fidanzata, a seconda dei casi) e finalmente lo porta trionfante a casa pronto per l’uso. Ma è davvero pronto? Sul web ne ha letto di cotte e di crude, montare il gira gli sembra ora una cosa astrusa e complicata, una via irta di pericoli, che al confronto mandare una navicella spaziale su Marte pare una passeggiata. Quasi quasi gli vien voglia di desistere e di maledire il momento che ha deciso di passare al vinile, ha mille dubbi, mille paure e soprattutto il timore di procurare danni irreparabili alla testina ed ai preziosi dischi. Calma Mario, le cose non stanno così, quando ero giovane il gira stava in tutte le case, lo usava anche la casalinga di Voghera (termine usato dagli statistici), ti assicuro che non morde e che non ha mai ucciso nessuno. Basta procedere con calma, molta calma, e con metodo. L'ingresso phono Per prima cosa, verifichiamo se il nostro amplificatore ha un ingresso phono. L’ingresso phono è diverso da tutti gli altri (cd, aux, tuner, tape, video, ecc), deve intanto avere un guadagno elevato (visto che il livello del segnale della testina è molto più basso di quello delle altre sorgenti), e poi deve essere equalizzato secondo la curva RIIA. Per i non addetti ai lavori spieghiamo di cosa si tratta. Per motivi inerenti alla incisione del disco, il segnale inciso su vinile viene equalizzato secondo una curva detta RIIA (una curva standardizzata negli anni ‘70 con un accordo tra tutte le case discografiche), quindi al momento dell’ascolto lo stadio phono deve avere al suo interno un circuito che sia speculare alla curva di incisione. Una volta, ossia prima dell’avvento del digitale, praticamente tutti gli ampli integrati e tutti i preamplificatori disponevano di una sezione phono, all’epoca molto curata, essendo il disco nero la fonte di qualità per antonomasia nell’uso casalingo di massa. Ormai da una ventina di anni sono sempre più rari gli ampli dotati di ingresso phono, quindi, caro Mario, prima di sballare il prezioso giradischi leggi con calma le “distruzioni per l’uso” del tuo ampli e controlla che abbia effettivamente una sezione phono, dico questo perché a volte sul pannello frontale c’è tra le sorgenti selezionabili il phono, ma potrebbe essere una comodità per l’utente (per ricordargli dove sta il pre phono esterno o quello interno ma optional). Se la sezione phono è presente, falso allarme possiamo procedere. Se la sezione phono è assente, Mario ferma tutto, e prima di continuare vai a comprare un pre phono. La sistemazione del giradischi Ma restiamo nella ipotesi più favorevole, ossia di pre phono presente all'interno dell’ampli. Come procediamo? Innanzitutto scegliamo un luogo dove posizionare il giradischi: una base stabile, priva il più possibile di vibrazioni, non troppo lontana dall’ingesso phono per non dover utilizzare cavi di segnale troppo lunghi, curando al contempo la distanza dai trasformatori di alimentazione dell’ampli, che potrebbero indurre rumori indesiderati. Un buon trucco è quello di mettere (se tutto va su uno stesso pian di appoggio), il giradischi con il braccio al lato opposto dell’ampli, se invece abbiamo un mobile a colonna evitiamo di posizionare il braccio in asse con i trasformatori di alimentazione dell’ampli. Individuato il luogo e prese le misure, possiamo finalmente procedere a sballare il giradischi ed a montarlo secondo le istruzioni a corredo, che possono variare da gira a gira. Gli attrezzi del mestiere Prima di andare oltre, procuriamoci gli attrezzi minimi necessari per una corretta installazione, non sono tanti, spesso economici e a volte recuperabili a costo zero. Ci serviranno. a) una o più livelle a bolla, perché il gira per funzionare correttamente deve essere messo in bolla. Di livelle a bolla ce ne sono di tutti i tipi e di tutti i prezzi, vanno benissimo in teoria anche quelle da muratore reperibili a poco nelle ferramenta, ma spesso sono poco pratiche da utilizzare perché troppo grandi per l’uso su un gira. Io eviterei anche le bolle di livello marchiate con nomi altisonanti, costano molto e fanno lo stesso lavoro di quelle economiche. Sui siti di vendita on line ce ne sono parecchie, in foto ne mostro alcune a titolo esemplificativo b) un cacciavitino amagnetico (meglio due, uno a taglio ed uno a croce), quasi tutti ne abbiamo più di uno a casa, ma sono facilissimamente reperibili a poco prezzo dappertutto (e fa sempre comodo averli a disposizione); c) una pinzetta di quelli che le signore usano per le ciglia, anche questa di sicuro in casa non manca e se dovesse mancare la si può sempre chiedere in prestito ad una amica (sperando che non equivochi); d) una dima per il corretto montaggio della testina. Di dime ce ne sono moltisime sul mercato, per semplificare, qui possiamo dire che una vale l’altra, io suggerisco di prenderne una classica a due punti, eventualmente la si può anche scaricare da qualche sito web, avendo però cura di effettuare una stampa senza modificare le misure e usando possibilmente cartoncino non troppo leggero; e) uno specchietto o un apposito goniometro per verificare l'allineamento della testina; f) una bilancina per verificare il peso di lettura (anche se di solito i giradischi nuovi hanno scale precise, meglio avere uno strumento ad hoc, a volte poi ci si imbatte in gira privi di una scala graduata); g) un set di vitine di varia lunghezza e relative rondelle, sempre amagnetiche (ottone o inox) meglio ancora se con la testa a brugola, (munitevi della relativa chiavetta) eviterete slabbrature della testa usando le viti con la testa a taglio se scivolasse il cacciavite e otterrete un serraggio più deciso, magari non serviranno ma non si può mai sapere; h) utile ma all’inizio non indispensabile, il disco test di Hi-Fi News (ci sono anche quelli di Ortofon e di Tacet), per un analogista navigato è un must che non dovrebbe mancare, per un neofita una spesa che si può rinviare. Ovviamente se si ha un amico pratico e dotato di tutto l’armamentario sopra descritto, si può fare ricorso al suo ausilio ed alle sue attrezzature, e procedere alla installazione del giradischi senza ulteriori attese (ma poi queste 4 cosette procuratevele, male non fanno, non costano uno sproposito, e nella vita è meglio essere autonomi che dipendere dagli altri). Adesso siamo pronti per procedere e Mario è li che freme di impazienza. Per prima cosa posizioniamo il gira dove abbiamo deciso di metterlo, verifichiamo che le operazioni siano agevoli (mettere in disco, togliere un disco, ecc) e per prima cosa procediamo con la messa in bolla; per fare questo useremo le nostre bolle di livello e poi regoleremo i piedini fino a ottenere il risultato ottimale. Adesso possiamo procedere a collegare il giradischi all’ingresso phono dell’ampli, poniamo attenzione ala corretta polarità (positivo con positivo, negativo con negativo, cavetto di massa del braccio al connettore marcato “GND” sull’ampli). Montiamo la testina Il mio suggerimento è di NON collegare il giradischi alla rete elettrica durante il settaggio della testina, la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo, e il rischio che per l’emozione o la fretta il piatto si metta a girare mentre operiamo con la dima o la bilancina è sicuramente diverso da zero. Quindi calma calma e ancora calma, temiamo il gira non collegato. E sempre per prudenza, teniamo l’amplificatore spento e il selettore degli ingressi non su phono. Adesso dobbiamo procedere a regolare la testina. Se è stata preinstallata in fabbrica o dal venditore, possiamo dare per scontato che l’operazione sia stata fatta bene, quindi possiamo saltare il prossimo capitolo e andare direttamente alla regolazione del peso. Se invece abbiamo una testina di nostra scelta, da installare oppure vogliamo verificare che i settaggi di fabbrica non si siano modificati durante il trasporto o semplicemente vogliamo capire cose si fa, passiamo al capitolo “mettiamo in dima la testina”. Per prima cosa bisogna montare la testina sullo shell. I bracci di una volta avevano di solito shell intercambiabili a standard EIA, questo permette di togliere lo shell, montare la testina e rimontare lo shell senza dover rimovere il braccio dal gira. L’operazione, anche per un neofita, è facile e sicura, e permette di giocare con le testine alternandole, basta avere più shell. I bracci di oggi, per aumentare la rigidità del sistema, hanno invece quasi sempre lo shell fisso, quindi per il montaggio della testina è opportuno rimuovere il braccio dal giradischi. L’operazione di norma è assai semplice, in genere occorre allentare una vite di blocco e sfilare ll braccio. Per sicurezza in questo caso stacchiamo i cavi che dal gira vanno all’ampli, meglio una precauzione in più che una in meno. Per montare la testina, ci servirà un piano di lavoro bene illuminato con tutto il materiale necessario pronto all’uso e facilmente accessibile, pertanto serviranno la testina (ovvio), lo shell (idem), la pinzetta, il cacciavitino o chiavetta a brugola a seconda delle viti reperite, le viti di fissaggio della testina e le relative rondelle. Una volta le testine venivano vendute bene accessoriate (viti di diverse lunghezza, rondelle, pennellino, cacciavitino), oggi la dotazione è ridotta all’osso se ci sono 4 viti e 4 rondelle è grasso che cola. Quindi meglio procurarci un po di viti in più, sia a passo metrico (solitamente M2,5) che a passo americano. Le testine spesso sono dotate di un copripuntina, il mio suggerimento è di lasciarlo inserito fino a che la testina non sia fissata allo shell ed al braccio in posizione di lavoro. Lo rimuoverei solo prima di procedere alla messa in dima ed alla regolazione del peso (sempre per la logica che la prudenza non è mai troppa). Adesso possiamo finalmente cominciare. Per prima cosa colleghiamo i 4 pin della testina con i 4 cavetti dello shell. Quasi tutte le testine hanno i pin contrassegnati con un colore che corrisponde ai colori della 4 pagliuzze dello shell, non ci si può sbagliare se la luce è buona. I colori sono bianco rosso blu e verde, con poca luce blu e verde possono non essere immediatamente distinguibili, ma basta saperlo. Se il cavetto stenta a entrare nel pin, si può con attenzione e l’ausilio di un cacciavitino allargarne poco il connettore, se invece il contatto fosse lasco, si può ovviare stringendo con una pinzetta il connettore sul pin della testina. Il contatto lasco è la prima causa di rumorosità del giradischi, raccomando una particolare attenzione su questo punto (ovviamente senza esagerare). Terminata con successo questa fase del lavoro (Mario, visto che poi non serviva un chirurgo?) andiamo ora a fissare con le viti la testina allo shell. Ogni shell e ogni testina hanno un verso per esempio nei vecchi Thorens e nei Revox è possibile solo inserire la vite dal basso vero l’alto, operazione non permessa da alcune testine. Ma in genere si può procedere in entrambi i modi, a seconda di come stiamo più comodi e di come è strutturato il corpo testina. Va scelta una vite sufficientemente lunga da permettere l’inserimento anche del dado, ma non esageratamente lunga, in questa fase è importante solo che la testina sia fissata con due viti con sicurezza, ma lasciando una certa libertà di movimento, il fissaggio definitivo lo faremo dopo aver completato la messa in dima. Regoliamo l'azimuth e il VTA Adesso però non dimentichiamoci dell’azimuth e del VTA. Per lavorare correttamente il braccio deve essere parallelo al giradischi mentre la testina deve essere allineata con il piatto. Quindi togliamo delicatamente il copristilo, mettiamo un disco NON IMPORTANTE sul piatto e facciamo scendere la testina sui solchi a gira spento. Per prima cosa verifichiamo, magari con l'ausilio di uno specchietto, che la testina sia allineata con il piatto, ossia che non penda verso destra o verso sinistra. Poi verifichiamo il braccio, se siamo fortunati avremo il braccio parallelo, al disco altrimenti dovremo procedere in diversi modi. Il più semplice, ma non tutti i bracci lo permettono, è di variare l’altezza del braccio fino a raggiungere il risultato desiderato. In caso contrario a volte si riesce a risolvere interponendo degli spessorini tra corpo testina e shell, se non si risolve vuol dire semplicemente che la testina non è adatta a quel tipo di braccio (ipotesi abbastanza remota ma non impossibile). A dimostrazione che l'analogico non è una scienza esatta, esistono anche diverse scuole di pensiero che prevedono un braccio non perfettamente allineato con il disco, ma sono soluzioni che vanno sperimentate ad orecchio e sinceramente le sconsiglio ad un neofita, che potrebbe ricavarne più danni che benefici. Se siamo riusciti regolando il braccio ad ottenere il parallelismo braccio testina disco, possiamo tirare un sospiro di sollievo e andare avanti con la regina delle regolazioni, ossia la messa in dima. Mettiamo in dima la testina Per mettere in dima la testina di un giradischi si possono seguire più strade, utilizzare la dima in plastica fornita in dotazione da alcuni giradischi (i vecchi Thorens, alcuni Technics, ecc), utilizzare la dima ad un punto e l’overhang, utilizzare la dima a due punti, utilizzare dime più complesse e costose (dr. Flickert, Project, OMR ecc). Ritengo che per un principiante il sistema della dima a due punti sIa la soluzione migliore perché: a) è universale; b) svincola dalla conoscenza dell’overhang del braccio (dato non sempre fornito); c) è facile da usare senza rischiare di fare danno; d) è economica. Premetto che le dime a due punti non sono tutte uguali, anche se forniscono tutte risultati attendibili. Spesso le problematiche dell’analogico non hanno una sola soluzione, quindi prendiamo la dima che Mario ha recuperato e usiamola senza porci tanti problemi. Il modo di funzionare di tutte le dime a due punti è semplice, si inserisce nel perno del giradischi il foro presente nella dima, si individuano i due punti segnati sulla dima e si fa scendere la puntina sul primo di essi. Quindi si ruota leggermente la testina nello shell (ecco il motivo per non avvitarla a morte) fino a che il corpo testina non sia allineato alla riga della dima che passa per il punto selezionato. Un trucco che spesso funziona è mettere una mina sottile da disegno sullo shell. Fatto questo si ruota la dima e eventualmente anche il braccio e si fa scendere la testina sul secondo punto di riferimento della dima, e si ripete l’operazione precedente. Si continua per tentativi successivi e piccoli aggiustamenti (Mario, non ti spaventare non è un ciclo infinito), in genere dopo 4-5 tentativi si arriva al parallelismo su entrambi i punti. Adesso possiamo stringere bene le viti, avendo cura di non far ruotare lo shell. E’ buona regola verificare nuovamente con la dima per scrupolo che tutto sia a posto dopo aver completato questa operazione. Regoliamo il peso di lettura della testina Ora ci siamo quasi, passiamo alla regolazione del peso della testina. Anche se ogni braccio può fare storia a se, in genere per regolare il peso si opera in questo modo: a) si disinserice l’antiskating (se è magnetico o a molla lo si setta a zero, se è meccanico si toglie il pesetto della regolazione dello stesso); b) si gira il contrappeso grande (di solito cromato o anodizzato) fino a che il sistema braccio testina sia libero di oscillare senza scendere verso il disco e senza volare al cielo. In questo modo abbiamo trovato il punto degli zero grammi; c) adesso, tenendo fermo il contrappeso grande, ruotiamo la ghiera graduata fino a portarla sullo zero (ovviamente se questa ghiera esiste); d) ruotiamo il contrappeso grande insieme alla ghiera graduata fino a trovare il peso raccomandato dal costruttore esempio peso di lettura 2 gr, impostare a 2 gr; e) prendiamo la nostra bilancina e verifichiamo che il peso di lettura impostato corrisponda. Se la bilancina è meccanica (la classica Shure, per esempio) avrà una precisione di circa 0,25 grammi, se elettronica potrà essere precisa al decimo di grammo. Attenzione a come eseguiamo la misura, l’ideale sarebbe avere il piano di lettura all’altezza del piano del disco, ma non sempre questa situazione è fattibile quindi non è detto che la lettura con la bilancina sia perfettamente esatta. Ma se le variazioni sono sotto gli 0,25 grammi, non preoccupiamoci troppo, siamo comunque in una zona di sicurezza. Regoliamo l'antiskating Dopo il peso eccoci all’antiskating, Sull’antiskating si sono scritte pagine e pagine, chi lo ritiene necessario, chi dannoso, chi lo verifica con il disco liscio, chi con l’oscilloscopio (i pignoli, brutta bestia) chi con i dischi test. Per un neofita direi di andare sul pratico ed impostare l’antiskating ad un valore circa uguale a quello del peso di lettura. La forza di skating non è costante, varia con la velocità di incisione del solco e con la distanza solco/perno, a meno di non usare bracci particolari (per esempio il Morsiani), non ci sarà una regolazione dell’antskating perfetta istante per istante, dobbiamo per forza di cose accettare una soluzione approssimativa. Certo si possono usare le tracce apposite del disco test di HiFi News, ma occorre ricordare che l’ultima è incisa in una condizione che non troveremo mai nei nostri dischi musicali, quindi una volta regolato l’antiskating con quel valore, faremo bene a diminuirlo un pochino. La fine del gioco Abbiamo finito? Quasi, Mario, quasi. Adesso verifichiamo di nuovo il parallelismo braccio piatto con il peso impostato, se è tutto ok, direi che ci siamo, possiamo riporre con cura gli attrezzi del mestiere (mi raccomando le viti), ricollegare giradischi ed ampli, attaccare la spina di rete, mettere un disco sul piatto, selezionare phono sul selettore dell’ampli e cominciare ad ascoltare. Un piccolo suggerimento a Mario (ed a tutti i neofiti), fate suonare la testina per almeno una trentina di ore prima di emettere un giudizio e poi (ma meglio prima) procuratevi due “aggeggi” indispensabili, una spazzolina per il vinile ed uno spazzolino per la testina. La polvere è il nemico numero uno del disco nero, la sporcizia può accumularsi nei solchi e essere raccolta dalla puntina, usare il dito per pulirla è poco raccomandabile quindi non dimenticate questi piccoli accessori salvavita. di Enrico Felici3 punti
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