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Le balene del barone Mingus


appecundria

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Torno a raccontare curiosità intorno al mondo del jazz: questa è la volta del grande Mingus e delle sue balene.

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Charles 'baron' Mingus, tra i maggiori interpreti del jazz del Novecento, fu geniale contrabbassista, prolifico compositore, arrangiatore, pianista e leader di storiche formazioni.
Charles era il risultato di un singolare crogiolo etnico: padre mulatto, nato da un nero e da una svedese, madre metà cinese e metà pellerossa, fu profondamente consapevole del suo ruolo sociale e sempre pronto a esporsi per i diritti delle minoranze ed in particolare degli afroamericani.

Nella sua autobiografia scrisse: “Ci fanno diventare famosi e ci danno dei nomi: il Re di questo, il Conte di quello, il Duca di quest’altro! Tanto crepiamo senza il becco di un quattrino. A volte penso che preferirei morire piuttosto che affrontare questo mondo di bianchi” (Beneath the Underdog, 1971).

Gli ultimi tempi
Un paio di anni prima di morire, Mingus scoprì di essere affetto da una rara forma di SLA che nel tempo lo costrinse a vivere tra letto e sedia a rotelle. La lotta di Mingus contro la malattia è raccontata in Passions of a Man.

Dopo diversi tentativi con la medicina dell’epoca, si trasferì  stabilmente a Cuernavaca, nel Sud del Messico, per affidarsi alle arti magiche di una curandera. Charles sapeva che quella volta era partito per non tornare e aveva scelto una terra lontana dagli Stati Uniti del puritanesimo, del capitalismo sfrenato, della segregazione razziale e dell’odio per i non allineati. Era quella invece una terra che amava e che gli aveva ispirato capolavori come “Tijuana Moods” e “The Black Saint and the Sinner Lady”.

Da sempre Mingus era affascinato dalle qualità poetiche di Joni Mitchell, e negli ultimi tempi volle che la grande cantautrice canadese scrivesse i testi per alcune sue musiche, che le arrangiasse e poi le interpretasse. Sei mesi prima della morte la invitò e Mitchell accettò l’invito ma quando si recò in Messico a incontrarlo il contrabbassista era già molto malato.

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Mingus ci lasciò il 5 gennaio 1979 all’età di 56 anni. Seguendo la sua volontà, il suo corpo fu cremato e le ceneri portate in India per essere sparse dalla moglie sulle acque del Gange in una cerimonia tra fiori variopinti e addobbi in tinte sgargianti.
Dopo la morte, Joni pubblicò un tributo alla musica di Charlie Mingus: inizialmente bocciato dalla critica, l’album "Mingus" è diventato nel tempo uno dei dischi più apprezzati della discografia di Joni Mitchell.

Le balene del barone Mingus
La leggenda, riportata proprio da Joni Mitchell, narra che 56 balene si arenarono sulla spiaggia di Acapulco nel giorno della morte del barone Mingus a 56 anni. Fu così che quel giorno andarono via insieme, le 56 balene e uno dei più grandi della musica moderna.

Ma qualcosa di Mingus e le balene resta ancora. La Charles Mingus Day è un'iniziativa internazionale a cura del Comitato Unesco Jazz Day Livorno, durante quella giornata vengono eseguite composizioni di Mingus… all’interno dello scheletro della balenottera Annie! Si tratta di uno fra i più grandi scheletri di cetacei esistenti, conservato nella Sala del Mare del Museo di Storia naturale del Mediterraneo.

Lo sapevate?
 

 

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2 Commenti


Commenti Raccomandati

analogico_09

Inviato

[quote/on]Nella sua autobiografia scrisse: “Ci fanno diventare famosi e ci danno dei nomi: il Re di questo, il Conte di quello, il Duca di quest’altro! Tanto crepiamo senza il becco di un quattrino. A volte penso che preferirei morire piuttosto che affrontare questo mondo di bianchi” (Beneath the Underdog, 1971).[quote/off]
 

 

 

Quando i titoli nobiliari venivano invece dati ai musicisti bianchi. "Ufficialmente" i re del jazz del jazz classico  non furono Luis Armstrong e Fletcher Henderson, ad esempio, bensì Benny Goodman molto sostenuto da Henderson come lo stesso clarinettista lealmente riconosceva, e qualche altro ottimo musicista sempre bianco non ricordo chi potesse essere. 

 

 


In una intervista Mingus fu ancora più duro. Non ricordo chi intervisto' il contrabbassista, un giornalista inglese, né dove e quando, nel ricopare l'intervista lomisi di riportare tai informazioni. Ma non ha importanza...la voce di MIngus si erge chiara e decisa, come sempre sa farsi capire senza peli sulla lungua... 

 

 


- E’ tutto? [chiese Mingus all’inglese] 
- Che ne dice del jazz inglese? Ce l’abbiamo il feeling? 
- Se parla di tecnica, di preparazione, immagino che gli inglesi siano altrettanto bravi di chiunque altro. Ma che bisogno avete di suonare jazz? E’ la tradizione del nero americano, è la sua musica. I bianchi non hanno diritto di suonarla, è musica popolare nera. Quando studiavo il basso con Rheinshagen, lui mi insegnava a suonare la musica classica. Mi diceva che ero vicino, ma che non ci sarei mai arrivato
[falso.., Mingus ha scritto ed interpretato musiche da far invidia a Strawinski; un album per tutti? Da Pre Bird, Half-Mast Inhibition, oltre ad essere uno strumentista di qualità straordinarie nulla da invidiare sa qualsiasi grande contrabbassista bianco, classico– ndr]
Così alla lezione successiva portai dei dischi di Paul Robeson e di Marian Anderson chiedendogli se pensava che quegli artisti ci fossero arrivati. Disse che erano dei neri che cercavano di cantare musica a loro estranea. Mi sta bene: se la società bianca ha le sue tradizioni, che lascino le nostre a noi. Voi avete avuto i vostri Shakespeare, Marx, Freud, Einstein, Gesù Cristo e Guy Lombardo, ma noi ce ne siamo usciti con il jazz, non ve lo dimenticate; e tutta la pop music del mondo oggi deriva da quell’origine. Gli inglesi ascoltano i nostri dischi e li copiano, perché non sviluppano qualcosa per conto loro? I bianchi prendono la nostra musica e ci fanno sopra più soldi di quanti noi ne abbiamo mai fatti! Il mio amico Max Roach è stato eletto miglior batterista in molte votazioni, ma gli offrono meno della metà di quello che prende Buddy Rich per suonare negli stessi posti.Che mer.a è questa? I commercianti della musica sono talmente occupati a vendere quello che va per la maggiore, che stanno soffocando a morte la gallina che ha fatto per loro tutte quelle uova d’oro. Hanno ammazzato Lester e Bird e Fats Navarro, e ne ammazzeranno altri: probabilmente anche me [e così fu! - ndr]. Io non farò mai i soldi, anzi pagherò sempre di persona perché apro la bocca per sputtanare gli agenti e gli imbroglioni… ed è quello che ho voglia di dire stasera! 

Charles Mingus 


 Ma, per tornare al titolo del tuo ottimo scritto, Mingus fu ripagato dall'abbraccio metafisico delle 56 balene che andarono ad arenarsi sulla spiaggia di Agapulco in Messico, a tre ore da Cuernavaca, la citta messicana nella quale Mingus esalò l'ultimo respiro, in quello stato del Messico che Mingus amò molto fino a trasferire nelle sue più toccanti e vibranti composizioni, non solo nel capolavoro Tijuana Mood che hai già citato, gli aspetti più profondi della spirtualità di quella straordinaria, complessa realtà latino/centro/americana. 

 

 

 

 

 

 

 

  • Melius 1
analogico_09

Inviato

Non sapevo dell'iniziativa internazionale della Charles Mingus Day  a cura del Comitato Unesco Jazz Day Livorno, certo che eseguire le musichen di Mingus nel ventre della balena è qualcosa di straordinario che rimanda alle leggende antiche marinare e perfino a Pinocchio già che a Livorno siamo anche in Toscana... :classic_wink:

Il citato disco "Mingus" di Jony Mitchell non lo conosco, come si fa a ricreare la l'irripetibile magia musicale di un tal genio della musica, della poesia, della vita vissuta con estrema coerenza, con onestà e passione, con gentilezza e furore... non mi entusiasmano prticolarmente neppure le varie e coraggiose proposte delle "Mingus Dinasty" presenti alcuni grandi compagni di viaggi musicali di Charles Mingus (non amava essere chiamato Charlie, lo trovava un po' "caghetto"...). Proverò ad ascoltarla. 

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