McIntosh C2200, preamplificatore valvolare, a confronto
Che spettacolo questo C2200! Una vera centrale di controllo audio e come tale qualificato dalla McIntosh in luogo del più riduttivo termine "preamplificatore". L’apparecchio è dotato finanche degli splendidi VU-meter celeste turchese (più chiari dell’azzurro Mac di ultima generazione) sinora appannaggio dei soli finali ed integrati della casa. Non si tratta di un superfluo omaggio al narcisismo degli appassionati del marchio di Binghampton, ma di un utile strumento atto a consentire il bilanciamento dei canali e la misurazione dei watt con finali sprovvisti di tale accessorio.
Costruzione
Stando ai dati di targa, un pre delle meraviglie: dotato di 8 valvole con circuito di protezione, 4 per lo stadio linea (una coppia di 12AX7 e una coppia di 12AT7T) e altrettante per lo stadio fono, longeve per oltre un decennio; 8 ingressi programmabili di cui 4 bilanciati e 4 sbilanciati; 6 uscite di cui tre bilanciate e tre sbilanciate, uscita cuffia; volume motorizzato e memorizzabile, a 214 passi di 0.5db ciascuno con precisione entro lo 0.1db; i VU-meter, che esprimono una scala in decibel in cui lo "0" rappresenta il massimo volume ottenibile dal finale: cioè a dire che laddove la sensibilità d’ingresso dell’amplificatore finale coincida con la sensibilità massima d’uscita del pre (2,5V), lo "0" rappresenta anche l’erogazione massima in watt di cui è capace il finale; trasformatore a doppia schermatura; selettori elettromagnetici incapsulati in gas inerte per prevenire ossidazioni, connettori placcati in oro; telecomando; controllo del bilanciamento dei canali e dei toni con possibilità di bypass; ingressi tape e loop per la registrazione.
Altro? Sì, è un McIntosh, bello, robusto, affidabile, prestigioso e ambìto, o, più prosaicamente, un assegno circolare. Non vi tedio oltre, rinviando per le caratteristiche tecniche ai dati disponibili sul sito ufficiale www.mcintoshlabs.com.
L'ascolto
Premetto di aver ascoltato parecchie volte e in diverse configurazioni il C2200 e di averlo trovato sempre estremamente piacevole e musicale. Tuttavia, incuriosito dalla letteratura e dall’attenzione costante riservata dai vari forum tematici al C2200, ho cominciato a rimuginare sull’opportunità di un approfondimento delle caratteristiche soniche di questa macchina in un confronto serrato con preamplificatori di riferimento, anche al fine di relativizzare i giudizi senz’altro positivi esprimibili su una macchina del genere e offrire qualche elemento di valutazione in più al comune appassionato, sempre facile preda dei luoghi comuni duri a morire sui McIntosh e sui preamplificatori in particolare.
I due competitors sono già schierati: il Cello Palette Preamplifier, mio personale riferimento, ed il BAT VK-51SE del buon Sandrino.
Il C2200 non si fa attendere. Luigi non se ne separa volentieri, ma per l’occasione ce lo consegna a domicilio indossando guanti bianchi (tradendo quella sottile vena maniacale abbastanza diffusa negli appassionati del marchio McIntosh): maneggia con cura il suo pupillo illuminato a festa lucidandone gli occhioni azzurri. Al confronto il Cello Palette sembra uscito dal laboratorio di un maldestro tornitore, spigoli vivi e pomelloni da sintoampli anni '70. Ma non tragga in inganno il design "industriale", è pur sempre un preamplificatore a stato solido con alimentazione separata, attualissimo progetto di Tom Colangelo, ultimo listino 24 milioni di lire, tra i migliori pre oggi in circolazione.
Anche il BAT VK-51SE, vera darkstar della serata, soffre con il Cello dei medesimi complessi d’inferiorità, con quella livrea poco incline a concessioni di sorta. Ma resta pur sempre uno dei pre valvolari oggi più ambiti in America. Il Sandrino, da grande affabulatore, non perde occasione per precisare che il suo apparecchio comunque sta andando solo al 70% delle possibilità, propinandoci per l’ennesima volta la storia che i condensatori carta-olio del BAT entrano a regime, credo di aver capito, solo dopo qualche decennio di funzionamento ininterrotto: un buon passito e finalmente la smette.
Il resto dell’impianto vede un finale McIntosh MC 252, lettore SACD T+A 1245R, lettore CD Micromega ARIA e diffusori Dyanudio Special 25 su stand dedicati e trattati. Cavetterie varie di alto livello (Cardas, Cello, Nordost, Transparent, Neutral Cable, MIT, filtro Blacknoise Estremo sulla sorgente). Sala d’ascolto 7 x 6 metri.
In secondo ascolto il C2200 è stato inserito in un impianto costituito dal giradischi J.A.Michell Odyssey, braccio Technoarm, testina Shelter 501 mk II, step-up Shelter 411 type II, lettore SACD della McIntosh MCD 201, finale Spectral DMA 150 II, finale McIntosh MC 275, finale McIntosh MC 252 e diffusori Karma 3.2. Sì, abbiamo voluto esplorare le sinergie del nostro gentleman anche con progetti tradizionalmente lontani dalla filosofia McIntosh.
Iniziamo con lo stadio fono, solo un breve accenno per i nostalgici del disco nero. Il C2200 richiede un accessorio dedicato (utilizzo lo step-up della Shelter) per consentire l’impiego della nostra testina MC, essendo dotato di solo ingresso dedicato per la più bassa sensibilità delle testine MM. La qualità dell’amplificazione si rivela subito molto elevata offrendo un soundstage ampio e luminoso. Purtroppo non avendo a disposizione un altro pre fono per un confronto sono costretto a ripiegare su un improprio ascolto incrociato con la sorgente digitale (nella specie, il SACD McIntosh MCD 201) utilizzando alcune incisioni realizzate sia in vinile che nel formato a 16 bit (queste ultime rigorosamente AAD, al fine di rendere un minimo plausibile il confronto).
Ebbene, bando ai luoghi comuni e senza voler risvegliare annose diatribe tra i sostenitori della superiorità dei due formati, la riproduzione del disco nero è apparsa di qualità straordinaria. La chitarra di Ry Cooder nella traccia "Flashes" (tratto da "Jazz", etichetta Warner) del vinile è collocata su un palcoscenico virtuale molto sviluppato in profondità, scevra da enfatizzazioni e ricca di armoniche. Nella successiva traccia "Davenport blues", l’ensemble di Cooder conferma le prime impressioni, con una spazialità e equilibrio timbrico che tutti riconosciamo al miglior analogico. Anche Rickie Lee Jones in "Dat dere" (tratto da "Pop pop" etichetta Geffen), regala una bella focalizzazione delle voci, con informazioni ambientali credibili e senza sbavature.
Prescindendo dal formato e dalla qualità della sorgente, quello che mi preme passarvi in questa sede è che lo stadio fono del C2200 è assolutamente congruo e in grado di valorizzare sorgenti analogiche di qualità assoluta.
Venendo allo stadio linea, sul quale mi sono maggiormente soffermato, occorre fare una importante premessa. Durante le sessioni d’ascolto il C2200 è risultato straordinariamente sensibile ai cablaggi, molto più di quanto non sia lecito aspettarsi da macchine di questa categoria (come ad esempio il Cello e il BAT). Una sensibilità che se non ben assecondata rischia di compromettere l’intera resa timbrica e dinamica del C2200. Sia ben chiaro, non è necessario spendere una fortuna in cavi per garantirsi le massime prestazioni, ma solo tenere nella dovuta considerazione tale particolarità.
Nel nostro set-up abbiamo trovato il miglior compromesso con un cavo di alimentazione direi economico quale il Neutral Cable Agharti e un banalissimo cavo di segnale bilanciato autocostruito in argento e teflon. Cavi più blasonati hanno drammaticamente peggiorato il suono strozzando la dinamica o scurendo il timbro. Altra precisazione, questa più scontata: prima di un centinaio di ore di rodaggio, il C2200 suona davvero male, quindi attenzione ai giudizi frettolosi.
Allora, come va questo McIntosh? Ripeto quanto detto a proposito della sua estetica: è uno spettacolo! Ti colpisce per la sua naturalezza, la ricchezza armonica e la luminosità che è in grado di conferire all’esecuzione, con una ricostruzione scenica di grande suggestione. Cerco di passarvi qualcosa della mia esperienza d’ascolto benché funestata dalla irrequieta presenza del Sandrino solo in parte compensata dalla flemma e maggiore obiettività di Luigi.
In "Oh my sweet Carolina" di Ryan Adams, (tratto da "Heartbreaker", etichetta Bloodshot) la voce del cantante è alta al centro della scena, almeno tre metri dietro il fronte dei diffusori, resa palpabile dal respiro delle labiali pur senza sibilanti in evidenza. L’ingresso della voce di Emmylou Harris al controcanto è commovente per realismo e plasticità e ci fa girare il capo a cercarne la fisica presenza almeno un metro all’esterno del diffusore di destra. Una spazialità di cui credevo capace solo alcune realizzazioni di Levinson e Colangelo.
"Solos" di Raul Paz (tratto da "En casa", etichetta Naïve). Altra sorpresa. Il pianoforte tesse le sue trame materializzandosi un paio di metri dietro il diffusore di destra, con uno sviluppo credibile per dimensione e impatto dinamico, accompagnando la voce di Paz, a tratti svogliata, a tratti calda e malinconica, sempre straordinariamente presente, ricca di sfumature e pathos. La chitarra, a sinistra del palco, punteggia un quadro caraibico evocativo ed emozionante unitamente alle percussioni e ad un contrabbasso ricco e articolato esprimendo una ritmica mai monocorde o inespressiva, offrendo corpo e sostegno all’intera canzone. Una vera goduria.
Il primo movimento della celebre Quinta sinfonia di Beethoven, trascritta per pianoforte da Liszt, eseguita da Cyprien Katsaris (etichetta Teldec) ci lascia basiti. Il pianoforte non solo è reso con un grande impatto dinamico ma anche con una dovizia di armoniche che regala luminosità e freschezza all’intera esecuzione. Nell’incedere lento dell’interpretazione di Katsaris, particolarmente godibili sono i riverberi ambientali della sala da concerto che amplificano ed esaltano la vibrazione simpatetica delle corde del pianoforte nei passaggi in sustain e mezzo pedale, contribuendo all’immanenza dello strumento. Le note gravi ed i transienti dei pieni picchiano minacciosi ed intensi, restando sempre intelleggibili e chiari sotto il rinforzo ligneo della cassa armonica del gran coda.
Nell’aria si avverte qualcosa di speciale e il Sandrino ne è contagiato cominciando nervosamente a chiedere di poter riascoltare i brani dalla seduta "privilegiata", segno evidente di un "revamp" verso il C2200, incompresa meteora passata nel suo impianto qualche decina di preamplificatori orsono. L’unico SACD che ci concediamo è il Requiem KV 626 di Mozart, trascrizione per quartetto d’archi di Peter Lichtenthal (etichetta Challenge), traccia Domine Jesu. Gli esecutori godono di una focalizzazione eccellente. La scena ha un grandissimo respiro e uno dopo l’altro i due violini, la viola ed il violoncello si affacciano sul palcoscenico virtuale con le proprie dimensioni, nel rispetto delle proporzioni. La timbrica è ancora una volta affascinante, direi, di equilibrio mirabile. La gamma bassa è controllata, mai debordante nei coincitati fortissimo, la gamma alta asseconda il moto dell’archetto risultando serica e suadente ma anche rugosa e vivace negli attacchi più decisi, la gamma media è letteralmente stupefacente per liquidità e trasparenza.
Ogni incisione diventa un’assoluta riscoperta strappando un malcelato sorriso di soddisfazione in Luigi.
Ma come va questo preamplificatore rispetto ai riferimenti? Non ricordo di un pre McIntosh con queste caratteristiche. Nemmeno il C200, a lungo ascoltato in interminabili serate proprio in comparativa col BAT VK-51SE e altri pre di pari rango, mi ha così colpito. Lì l’impostazione McIntosh si avvertiva con i suoi tanti pregi, ma anche caratterizzazioni, qui percepisci una performance assoluta, propria dei migliori, punto.
Il C2200 è incredibilmente prossimo al Cello proprio dove questo eccelle, e cioè in termini di plasticità e ricostruzione scenica. Gli strumenti sono tattili e vividi, perfettamente focalizzati e collocati nelle tre dimensioni. Anche l’impostazione timbrica è assai simile, straordinariamente naturale, piacevole ed emozionante. Ma il C2200 è anche alla ruota del BAT quanto a dinamica e neutralità. Rinuncia a qualcosa in termini di rigore timbrico ma lascia intendere come lo zelo analitico del BAT, nell’eccesso di scarnificazione del messaggio sonoro, nella esaltazione del microcontrasto, finisca quasi con l’impoverire, o meglio, ingrigire, l’intera prestazione. Al confronto il Mac è meno clinico, ma preserva quel pizzico di freschezza armonica che, con alcune incisioni, fa letteralmente brillare l’esecuzione rendendo aprica l’aria del palcoscenico virtuale.
Anche la dinamica si avvantaggia di tale impostazione, con un macrocontrasto ricco e possente, assolutamente privo di compressioni, che lascia il suono fluire naturalmente senza velleità di condizionamenti. Per carità, si tratta di sfumature, ma gli equilibri raggiunti dal C2200 nei vari parametri, hanno un non so che di magico. Non ci sono primati, ma la musicalità complessiva è straordinaria.
L’avvicendamento del finale McIntosh MC252 con lo Spectral DMA 150 II smentisce, ove mai ce ne fosse bisogno, i luoghi comuni non solo sulla qualità dei preamplificatori McIntosh ma anche sul fatto che queste macchine rendono solo se accoppiate con finali della casa. Il C2200 mantiene una apprezzabile neutralità lasciando esprimere le prerogative soniche del finale rispettandone l’impostazione. La timbrica vira verso una maggiore asciuttezza, la gamma alta si fa più presente e analitica, la gamma bassa diventa più veloce e frenata alleggerendo l’impatto sui woofer delle Karma. Sulle voci si perde qualcosa in carnosità e tridimensionalità, sulle piccole ensemble si ha una perdita di calore. Per contro aumenta la trasparenza che si fa apprezzare nei software più complessi come, ad esempio, quelli della grande orchestra.
L’inserimento del finale McIntosh MC275 conferma la neutralità del nostro preamplificatore, che asseconda un palcoscenico più raccolto ma estremamente caldo e musicale, dove l’aspetto emozionale è l’imperativo che piega a compromesso tutti i parametri della riproduzione sonora.Veniamo alle conclusioni.
A mio avviso il C2200 è un preamplificatore che segna una svolta. Davvero universale, capace di nobilitare qualunque impianto di rango. Il suono è moderno e contrastato, chiaro e a fuoco, veloce e mai affaticante. Un prodotto che, a poterselo permettere (lo street price è comunque invitante…), si può comprare praticamente a scatola chiusa senza tema di delusioni. Una grande macchina che tocca il cuore dell’alta fedeltà propriamente intesa, senza personalismi o compromessi. Un pre che sa esaltare compagni di scuderia come qualunque altro finale di pregio, a suo agio con affettatissime valvole o rigorosissimi transistors, panacea delle inquietudini e dubbi che sovente turbano i sogni dell’audiofilo.
Mettete da parte ogni pregiudizio e andate ad ascoltarlo, un preamplificatore tra i migliori in circolazione che mi sento di raccomandarvi caldamente.
di Emilio Paolo Forte
- Post Scriptum
Per il McIntosh C2200, Sidney Corderman ha progettato i circuiti valvolari e Roger Stockholm ha lavorato sul resto.
Sidney, per lunghissimo tempo ingegnere McIntosh e pietra angolare dell'azienda, ci ha lasciati nel 2020 all'età di 94 anni.
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