analogico_09 Inviato 20 Marzo 2024 Autore Inviato 20 Marzo 2024 19 ore fa, damiano ha scritto: Il 19/3/2024 at 08:38, giorgiovinyl ha scritto: Però noi abbiamo Peppe @analogico_09 In effetti mi ha ricordato lui perche ha tutte le annate di Musica Jazz rilegate E certo, conosco le competenze assolute di Peppe @analogico_09. Era per allargare il giro ed aprire l'orizzonte 🙂 Ciao Quale onore sentirsi citato da da due autentici intenditori di jazz, quasi quasi mi inorgoglisco... 2
Questo è un messaggio popolare. campaz Inviato 21 Marzo 2024 Questo è un messaggio popolare. Inviato 21 Marzo 2024 Adesso che ha a disposizione l'infinita libreria dello streaming, l’appassionato può finalmente ascoltare i dischi come erano stati pensati, e quindi pubblicati, all’epoca. Senza perdersi in ingombranti raccolte zeppe di versioni alternative e false partenze. Premessa necessaria per dire che ho riscoperto un bel dieci pollici. Delicatissime, complesse dissonanze, un jazz cerebrale ma non autoreferenziale. Un disco decisamente riuscito in linea con alcune di quelle idee avanguardiste che hanno scombussolato il jazz della seconda metà del ventesimo secolo. Un disco a cui partecipa persino Miles Davis (che, con la proverbiale moderazione che lo contraddistingueva, aveva definito Ornette Coleman uno svitato). Ma dove anche i duetti fra il sax del leader e la chitarra di Billy Bauer hanno il loro perché. Va tutto bene, anzi benissimo, non fosse che le incisioni sono del 1951. Proto-free che supera di molto, a mio modesto avviso, le pur significative “sperimentazioni” di Lennie Tristano. Un un bel corto circuito fra i generi (dal bop al free passando per sublimazione del cool), un jazz asciutto ma tanto, tanto godibile. Lee Konitz, The New Sounds 3
analogico_09 Inviato 21 Marzo 2024 Autore Inviato 21 Marzo 2024 @campaz Lee Konitz è un grande, con il suo "cool " molto musicale, apparentementer "tranquillo" veniva chiamato anche dalle avanguardie del free-jazz, anche in Spiral di Andrew Hill, ad esempio, si amalgama ottimamente con sax alto, soprano e tenore con un organico che vede musicisti più "sanguigni": Robin Kenyatta, alto sax e Ted Carson tromba e flicorno. Ho ascoltato Konitz più volte dal vivo, anche con Bill Evans nel '76 a Terni, Umbria jazz , in "Solar" di Davis, con Marc Johnson al basso e il supremo Philly Jo Jones alla batteria... Un paio di scatti tra quelli che realizzai nello strepitoso concerto. 2
Questo è un messaggio popolare. analogico_09 Inviato 21 Marzo 2024 Autore Questo è un messaggio popolare. Inviato 21 Marzo 2024 Il 30 di Marzo 2024 saranno passati esattamente 54 anni dalla nascita... non del "Cool"... bensi dal 30 Marzo del 1970 quando fu rilasciato da Teo Macero della CBS il doppio album Bitches Brew di Miles Davis registrato il 19-20-21 agosto del 1969, in tre sole sedute.., per un super progetto di una tale paccuta complessità fu un record del tempismo, dell'ingegno anche tecnico post-produttivo, della genialità musicale, soprattutto. Da un po' che non lo riascoltavo in vinile, spinto da curiosità oggi mi sono messo a confrontare la rispampa olandese del 1985 (nel '70 acquistai la prima stampa italiana, Messaggeri Musicali, che dopo averlo consumato persi o regalai per acquistare la suddetta) con la copia contenuta nel sontuoso cofanetto del "Miles Davis Bitches Brew 40TH Anniversary" rilasciato il 2010. Mi pare che suonino entrambi bene, e se il disco dell'anniversario carica di più nel basso, l'altro mi dembra più naturale nel senso che lo stesso suono si articola con maggior naturalità. Confesso tuttavia che non saperi dire quale sia la condizione audio migliore, la più "giusta". Per tagliare la testa al toro ho ascoltando anche un CD ottima edizione e mi è perso che che suonasse più simile al disco del cofanetto anniversario, cosa che mi ha fatto un po' pensare visto che tale vinile dovrebbe essere stato ristampato AAA. Chido su questo soccorso a @giorgiovinyl e a chiunque altro ne sappia qualcosa. Ma diciamo che la cosa non m crea nessun problerma.., le differenze sono minime e gestibili.., una volta abituato a un tipo di suono, che non sia ovviamente mediocre o una schifezza) si va in pieno regime di ascolto musicale tanti saluti alle remore audiofile... Ecco, in questo frangente, a pochi giorni dallo scoccare dei 54 anni dalla sua nascita, vorrei scrivere qualcosa su questa pietra miliare della musica di tutto il '900. L'ultima, autentica rivoluzione del jazz. Una volta avevo un blog Splinder sul cinema nel quale mi soffermevo di tanto in tanto anche su questioni musicali. Ho salvato i contenuti del blog quando Splinder chiuse i battenti asciando per strada i suoi utenti. Non ne riaprii un altro. Da questo archivio recupero quanto scrissi nel 2005 sul capolavoro "elettrico" di Miles Davis. Forse la condivisi già, ante incendio, questa sorta di recensione più o meno legalitaria, scritta di getto e de core.., ma tanto quelli che saranno rimasti probabilmente non ricorderanno. La ripropongo tal quale era senza cambiare nulla. ***La prima volta che ascoltai Bitches Brew fu nel 70, quando il disco, inciso nel '69, giunse in Italia e non riuscivo a capire.., a capacitarmi di che razza di musica, sicuramente inaudita - nonostante le embrionali e pur tuttavia esaltanti anticipazioni di In a Silent Way - si trattasse. Jazz post-moderno, d’avanguardia, onirismo sonoro, jazz-rock, fusion, il recupero della tradizione e della paradigmatica eredità dell’Orchestra di Duke Ellington, che in quanto ad umori sotterranei, iconoclastici ed “orgiastici”, resta insuperata? Tutto questo insieme, forse. Di scuro, a mio avviso, il rock - contrariamente a come si è più volte cercato di sostenere - ci sta appena di striscio, forse nelle “coloriture elettriche”, non nelle modalità improvvisative, non nell'incalzante e ieratico "respiro" delle frasi, non nel beat, neppure nella poetica, nelle armonie del "dissenso", nello spirito dell'improvvisazione che restano, col senno del prima, del dopo e dell'oggi, di matrice squisitamente e puramente jazzistica, del jazz più “nero” e straziante, profondamente intriso di "blues" - nell'accezione più propriamente musicale, nonchè filosofico-esistenziale del termine -, pur con tutti gli “aggiornamenti tecnici, meta-linguistici ed espressivi del caso. La mia teoria è che il jazz, attraverso (non solo) quel suo terribile e beffardo sacerdote/esorcista che aveva per nome Miles Davis, a un certo punto decise di riappropriarsi di ciò che il rock gli aveva “rubato” nel corso del tempo. Non c’è rock in Bitches Brew, bensì la sua (e per entrambi i generi) salvifica presa di distanza, asptto che emerge tanto più chiaramente quanto più quel “brodo di cagne” sembra volerlo avvicinare, corteggiare, sedurre.., il rock, per poi crudelmente distanziarlo spiccando un volo lirico e trascendente che le pur generose ali del rock non potrebbero mai emulare. Personalmente, in linea di massima, non apprezzo le ibridazioni spesso kitsch e ad ispirazione controllata: quando ho voglia di scoltare jazz faccio suonare Archie Shepp; se mi ispira il rock prendo direttamente di petto la musica dei Cream. Bitches Brew non è il disco che prelude al jazz-rock o viceversa, e a quant’altro sia “moderno”, trendy, massificabile. Non è l’inizio di una nuova era musicale. Tale album è il testamento artistico di un poeta solitario, sfuggente, a volte distante, forse sprezzante, inquietante come lo sguardo di un rapace diffidente e altero, mentre nel profondo mondo della musica che è bellezza e qualità postiva, ci appare rassicurante come faro nella notte, genio unico ed irripetibile, forse inimitabile ma non eguagliabile. L’unicità ed irripetibilità dell’ispirazione davisana è tangibile e dimostrata dal fatto che il “dopo Davis” si configura come una lacerante diaspora, una costellazione di virtuosi rimasti orfani di tale stella rilucente nella notte, gran parte di essi modesti o mediocri musicisti, fatte salve le immancabili e numerose eccezioni che confermano la regola, appaiono in larga misura superati, passati di moda. Bitches Brew giunse nel “belpaese” quando, nel '70, Miles Davis si era nel frattempo esibito - ottenendo in entrambi i casi un clamoroso successo - al gigantesco raduno rock dell'Isola di Wigh e al Fillmore East, il tempio del rock, ricavandone un doppio album memorabile. Queste ultime, come altre stupefacenti registrazioni, rappresentarono il manifesto della sua ennesima e sorprendente svolta. Con tali album inizia il periodo più propriamente “funk” di Live-Evil, di Agharta, di Jack Johnson, di Black Beauty, etc, tutti del '70/'71, compreso il suddetto Live at Fillmore (solo recentemente è stato finalmente editato in un ricchissimo DVD il concerto integrale dell'Isola di Wight; e quali splendide alchemie di suoni/immagini questi discografici si sono tenuti in cantina per ben 35 anni!). E non lo sapevamo ancora.., e ci toccò attendere il '72 per fare la loro conoscenza, noi lì.., ancora a metabolizzare Bitches Brew, a superare lo choc.., incapaci di immaginare come, quando e dove si sarebbe verificato il prossimo "detour" di Miles, già che con quella musica geniale, estrema e stratosferica il “cerchio magico” sembrava essersi definitivamente chiuso. Sempre secondi, qui, nel “sud”… Già, perché all’epoca il jazz andava soggetto a quell'antipatico fenomeno che riguardava anche il rock. I dischi dei Beatles, ad esempio, attraversarono le Alpi quando i Rolling Stones, da noi ancora sconosciuti, per un certo periodo riuscirono ad offuscare (si fa per dire...) in patria la fama dei quattro di Livepool. Per tornare a Bitches Brew, si tratta di musica onirica, sfuggente, di magmatiche alchemie sonore basate sulla libera improvvisazione, sulle contrapposizioni dei vari strumentisti che sembrano voler spingere il gioco ciascuno verso la propria direzione, dove esiste un unico punto comune di (non) approdo. C’è, in quei sei "terribili" brani, un caos elettrico franto da silenziose ed arcane risonanze, la foresta, il cuore dell'Africa nera che palpita nelle cornici metropolitane, dove nulla è lasciato al caso. Il demiurgo Miles, pur nell’assoluta libertà dei suoi prestigiosi partner, detta le regole istante dopo istante ed organizza, determina, istante dopo istante, senza soluzione di continuità, il carattere di una musica in continua trasformazione. Le astratte e nevrotiche note delle tastiere e delle chitarre cadono come grappoli di stelle ghiacciate sulle misteriose trame ordite dalle percussioni africane e sulle travolgenti impennate solistiche modali, non solo davisiane, quasi a volerle raggelare. Su tali basi, sul perentorio pedale del basso di Dave Holland e sul raffinato gioco delle batterie, si innestano i lunghi ed imperiosi richiami della tromba del “principe nero”, e gli splendidi “a solo” di Whayne Shorter, il quale, soprattutto in Pharaoh's Dance e in Spanish Key, esprime una struggente vena lirico-melodica ispirata al più fluido e sensuale “modalismo” afro-orientale ed ispanico. Altra presenza insolita, di grande fascino e suggestione, è rappresentata dalla voce sotterranea e segreta del clarinetto basso di Benny Maupin che si avvicenda di tanto in tanto, di soppiatto, inaspettato, insinuante, "sepreggiante", in funzione dialogica o quale elemento a se stante, come uno sciamano dal tono grave e misterioso che reciti sommessamente le formule di un oscuro ed inquietante sortilegio. Mi fermo.., non basterebbe un trattato per analizzare decentemente ogni singolo brano di Bitches Brew e per esprimere ciò che in fin dei conti le parole non possono esprimere. Scritto 13 ago, 2005, 10:31 p.m. *** 3 4
analogico_09 Inviato 21 Marzo 2024 Autore Inviato 21 Marzo 2024 Riascoltando Spanish Key... per me il brano più bello di B.B, uno dei suoi più straordinario in assoluto, ho riprovato all'improvviso, come un remoto dèjà vu, come quando una cosa ti ronza in testa e non sai perchè, non sai cosa sia, a cosa associarla, vaga sensazione provata altre volte con il brano di B.B.. Dopo l'intro affidato alle percussioni, batteria, chitarra, el. piano, clarinetto basso.., il primo gruppeto di note perentoriamente scandite, ripetute da Miles Davis 4 volte tali e quali, più una quinta con cambio di nota finale - un grido! - che preannuncia a sorpresa il cambio di frase, come in una sorta di"avvertimento", di evocativa, quasi allarmata, umana "implorazione", mi ha portato a sciogliere finalmente il "mistero"... Avevo sempre pensato inconsciamente alle note iniziali dello score di Davis per il film Ascenseur pour l'Echaffaud, al "Generique".., diverse le note, diversa la frase, ma stesso impulso psicologico, poetico, stessa ansia esisteziale.., stesso "allarme", stessa implorazione, stesso grido, stesso "mood" espressivo, stesso lirismo turgido e tagliente... Questo ricorre spesso in Davis, in ogni sua fase stilistica, anche nei momenti più "elettrici", più apparentemente anarchici e "meticci", volutamente distanti dal "primo" Davis che rimase sempre vivo in lui, pronto a rinascere non dalle ceneri ma dal fuoco che mia si spense in lui. Ricordo l'ultimo concerto di Davis cui assistei nel luglio del '91, tre mesi prima della morte del grande trombettista, allo stadio olimpico di Roma. Visibilmente provato fisicamente il "Divino" Miles non portò a termine un concerto particolarmente brillante, ma bastarono poche frasi, pochi momenti di note alla KOB, al Generique", all B.B., alla Jack Johnson (nel finale), alla Workin', etc, etc per illuminare il concerto, la serata, lo spirito degli ascoltatorte che seppero "sentire" la interminabile poesia che soffiava, sia solo per un attimo, da quell'uomo infatican bile e stanco che stava morendo, quell' afroamericano che fece grande l'America che lo aveva razzistizzato ed umiliato nonostante le apparenze, nonostante i lustrtini esteriori con i quali Miles cercava di mascherare il profondo "dolore" che sempre portò dento di se', insieme al successo, ai fulgiori più o meo glorisosi, insieme alla musica sublime la quale fu tale per vocazione ed elezione, per essere stato poeta integrale e incorrotto, vivendo per questo l'estasi artistica, aldilà del bene e del male, del dolore e della gioia. Davis, come tutti i grandi artisti e poeti di tutte le arti, credo sia stato tutto questo messo insieme.
Questo è un messaggio popolare. analogico_09 Inviato 1 Aprile 2024 Autore Questo è un messaggio popolare. Inviato 1 Aprile 2024 Leggo dalle note di Disgogs, non sapevo che "Agharta", un live in japan, sia stato registrato il 1 febbraio 1975 all'Osaka Festival Hall nipponico, stesso giorno e luogo in cu fu registrato anche "Pangea". Il concerto di Agharta si svolse nella matinée pomeridiana, mentre Pangea fu registrato la sera. Le somiglianze tra i due albun mi sembrano piuttosto evidenti, e non entro nel merito di come la grande quantità di musica registrata sia stata distribuita nei dischi, prima in vinile poi in CD, supporto questo in cui pare le cose siano fonicamente diverse, fermo restando la musica, ovviamente. Io posseggo la copia in vinile di Agharta prima stampa del '75 che acquistati a quei tempi; di Pangea ho solo il CD e sta vene così. In questi lavori "estremi" del periodo che precede di poco il titiro che Davis romperà 1982 per avventurarsi verso la sua "ulima fase" e verso la fatal quiete, purtoppo, si avverte come l'ansia spinga il divino verso una musica sempre più rarefatta ed "astratta", priva di ogni benchè breve nucleo melodico, molto ritmica, "sonora", abbandonati per sempre gli "accordi" per lanciarsi in una sorta di libero flusso di "inconscienza" quasi meta-musicale. Chi ascolta viene trascinato nel maelstrom di suoni subcoscienti ipnotici sempre più affascinato da ciò che non sia di facile comprensione e che tuttavia ci dispensa dall'ansia di cover "comprendere" ciò che la musica non intende dire, costringendoci invece a "sentire". Che poi possa piacere o meno, sentire o meno l'attrazione pre-logica, abbandonati gli schemi percettivi "melodico-armonico-tonali cui siamo abituati, è un altro discorso che non fa testo. A me piace immergermi nella "psichedelia" davisiana non etichettata come tale la quale non ha nessun termine di paragone, nessuna fonte d'ispirazione concreta o larvata, se non nello stesso cammino rivoluzionario che Davis aveva intrapeso fino ad allora. Amo questa musica che iniziò sedimentarsi dentro di me in maniera più profonda e toccante da quando ascoltai per la prima volta Davis in concerto nel luglio del 1973 al festival jazz di Pescara, certi noi del pubblico che avremmo riascoltato "Betch Brew" mentre Davis aveva già voltato pagina presentandosi con quel "funky" (non saprei con quale altra etichetta definirlo) acido e lirico, spiazzante. Quasi ne ebbi paura sulle prime.., davvero, così, dal vivo.., "lui" ombroso, girato di spalle verso il pubblico, "aperto nel suo modo", mentre incitava "sciamanicamente" i suoi a macinare note, ritmi, grida che sembrava lamenti umani, suoni e rumori della jungla (metropolitana") inframmenzando con le sue note "wha wha" distorte, brevi, "ingenerose".., mentre sul tappeto pulsava la percussione "ossessiva", implacabile: Mtume, alle percussioni; R. Rabal, tabla; B. Krishna, sitar... Troppo lungo sarebbe parlare di tutti gli altri musicisti, di ciò che accaddre musicalmente quella indimendicabile serata estiva. Queste cose che mi sono rimaste imprese le ritrovo in Agharta espresse in modo forse meno tagliente e struggente: a Pescare Davis, criticato da una certa critica per questo, tirò fuori nel "Live" la sua parte più "Evil" , instancabile in un concerto che durò tantissimo, due set intermonabili (durante l'intervallo provai ad avvicinare Davis nel camerino.., il suo breve sguardo, non cattivo, "indifferente" ed "oltre" i tick di noi appassionati che a volte scadiamo nella mitomania, mi gelò letteralmente (metre invece il sassofonista Dave Liebman che gironzolava per il parco in modo rilassato mi chiese una sigaretta facendomi sentire "importante" ... eravano giovanottelli... Quando lo riascoltai live 10 anni dopo, Davis era molto cambiato... in meglio, in peggio.., nessuno potrà mai dirlo col lanternino del critico che procede a schemi (s)fatti. Come per la materia, anche per l'arte vale che nulla si crea (se non da se stessa) nulla si distrugge, tutto si trasforma. 3
giorgiovinyl Inviato 2 Aprile 2024 Inviato 2 Aprile 2024 Il 21/3/2024 at 18:20, analogico_09 ha scritto: Il 30 di Marzo 2024 saranno passati esattamente 54 anni dalla nascita... non del "Cool"... bensi dal 30 Marzo del 1970 quando fu rilasciato da Teo Macero della CBS il doppio album Bitches Brew di Miles Davis registrato il 19-20-21 agosto del 1969, in tre sole sedute.., per un super progetto di una tale paccuta complessità fu un record del tempismo, dell'ingegno anche tecnico post-produttivo, della genialità musicale, soprattutto. Da un po' che non lo riascoltavo in vinile, spinto da curiosità oggi mi sono messo a confrontare la rispampa olandese del 1985 (nel '70 acquistai la prima stampa italiana, Messaggeri Musicali, che dopo averlo consumato persi o regalai per acquistare la suddetta) con la copia contenuta nel sontuoso cofanetto del "Miles Davis Bitches Brew 40TH Anniversary" rilasciato il 2010. Mi pare che suonino entrambi bene, e se il disco dell'anniversario carica di più nel basso, l'altro mi dembra più naturale nel senso che lo stesso suono si articola con maggior naturalità. Confesso tuttavia che non saperi dire quale sia la condizione audio migliore, la più "giusta". Per tagliare la testa al toro ho ascoltando anche un CD ottima edizione e mi è perso che che suonasse più simile al disco del cofanetto anniversario, cosa che mi ha fatto un po' pensare visto che tale vinile dovrebbe essere stato ristampato AAA. Chido su questo soccorso a @giorgiovinyl e a chiunque altro ne sappia qualcosa. Si l'edizione del 40° anniversario dovrebbe essere analogica. Quella che ho ascoltato ultimamente è la ristampa MoFi che poi si è rivelata non interamente analogica ma che comunque resta ben suonante. Devo ripescare l'edizione del 40°
analogico_09 Inviato 2 Aprile 2024 Autore Inviato 2 Aprile 2024 @giorgiovinyl Penso anch'io che la 40° sia analogica, non potrebbe essere altrimenti trattandosi di un celebrazione, visro anche costo..., però benchè bene suona diversa dalla copia dell'85, olandese, sicuramente analogica che presenta un basso poco più "misurato". Alla fine, come dicevo, sono dettagli insignificanti per quanto riguarda la musica.
one4seven Inviato 3 Aprile 2024 Inviato 3 Aprile 2024 Mamma mia, sia Agharta che Pangaea, due dischi eccezionali. Una full immersion psichedelica. Un orgasmo continuo. La Sony non ci ha mai puntato troppo (sul mercato occidentale) su questi due mastodontici live, tant'è che sono tra i pochi titoli di Davis che non sono stati (ancora) riproposti in alta risoluzione. Forse perché originariamente, usciti principalmente per il mercato Giappo... Boh...
damiano Inviato 3 Aprile 2024 Inviato 3 Aprile 2024 Il 1/4/2024 at 22:30, analogico_09 ha scritto: Chi ascolta viene trascinato nel maelstrom di suoni subcoscienti ipnotici sempre più affascinato da ciò che non sia di facile comprensione e che tuttavia ci dispensa dall'ansia di cover "comprendere" ciò che la musica non intende dire, costringendoci invece a "sentire". È la descrizione perfetta della musica del Davis di cui parliamo. Ed è anche una visione leopardiana che, secondo me, quadra perfettamente con la sua personalità........ Ciao D. 1
one4seven Inviato 3 Aprile 2024 Inviato 3 Aprile 2024 42 minuti fa, damiano ha scritto: Ed è anche una visione leopardiana che, secondo me, quadra perfettamente con la sua personalità........ Bella questa. Mi piace. Da Recanatese, te la appoggio in pieno. 1 1
analogico_09 Inviato 3 Aprile 2024 Autore Inviato 3 Aprile 2024 14 ore fa, one4seven ha scritto: Mamma mia, sia Agharta che Pangaea, due dischi eccezionali. Una full immersion psichedelica. Un orgasmo continuo. La Sony non ci ha mai puntato troppo (sul mercato occidentale) su questi due mastodontici live, tant'è che sono tra i pochi titoli di Davis che non sono stati (ancora) riproposti in alta risoluzione. Forse perché originariamente, usciti principalmente per il mercato Giappo... Boh... Vero, mi pare ricordare come non solo la CBS all'epoca non si impegnò a battaggiare Agharta e Pangaea con la stessa determinazione riservata agli album precedenti (uscite fino al 1973), ma anche per il bellissimo e "simile" Dark Magus, altro live at Carnegie Hall, NY del 1974 (che vorrei riascoltare da CD), si aspettò il 1997 per rilasciarlo un po' sottotono, ma neppure la critica, quella italiana perlomeno, si sperticò di certo nel trattare tali "estremi" titoli realizzati prima del "ritiro" di Davis, tessendone meritatamente le lodi, anticipando l'uscita di Dark Magus. Saranno state scelte di marketing.., oppure sarà la nostra proverbiale provincialità rispetto agli altri paesi europei più avanti con la cultura e l'educazionemmusicale.
analogico_09 Inviato 3 Aprile 2024 Autore Inviato 3 Aprile 2024 10 ore fa, damiano ha scritto: Il 1/4/2024 at 22:30, analogico_09 ha scritto: Chi ascolta viene trascinato nel maelstrom di suoni subcoscienti ipnotici sempre più affascinato da ciò che non sia di facile comprensione e che tuttavia ci dispensa dall'ansia di cover "comprendere" ciò che la musica non intende dire, costringendoci invece a "sentire". È la descrizione perfetta della musica del Davis di cui parliamo. Ed è anche una visione leopardiana che, secondo me, quadra perfettamente con la sua personalità........ Un Davis "leopardiano" con occhialoni da sole, abiti con stelline e luccichini è davero è un'immagine deliziosa... 🤩 ma fu effetteviamente un "principe" solitario colmo di poesia musicale ... The Prince (diapositiva Ektachrome - magari c'eri anche tu nel luglio del 1986 sulla gradinata del "colosseo quadrato" all'EUR
damiano Inviato 4 Aprile 2024 Inviato 4 Aprile 2024 11 ore fa, analogico_09 ha scritto: The Prince (diapositiva Ektachrome - magari c'eri anche tu nel luglio del 1986 sulla gradinata del "colosseo quadrato" all'EUR Purtroppo no, ero blindato da un'altra parte. Però lo vidi nel luglio 92 allo Stadio Olimpico dove il gruppo di apertura era Pat Metheny Group Ciao D.
analogico_09 Inviato 4 Aprile 2024 Autore Inviato 4 Aprile 2024 5 ore fa, damiano ha scritto: Purtroppo no, ero blindato da un'altra parte. Però lo vidi nel luglio 92 allo Stadio Olimpico dove il gruppo di apertura era Pat Metheny Group Tre mesi prima della morte (settembre '92). C'ero anch'io d assistere a quella sorta di "crepuscolo del Divino" - 23 Luglio 1992. Ne ho parlato altre volte, ti ritrovi anche tu per caso sul fatto che non fu nel complesso un concerto memorabile (facente seguito allo spallamento provato durante il concerto ipertrofico del gruppo di Meteney), con un Davis visibilmente sofferente, stanco, fisicamente quasi "rimpicciolito", pronto tuttavia a soffiare nella sua tromba alcuni momenti di altissimo, siderale, tagliente, e straziante lirismo musicale nei quale si condensava brevemente tutta la sua poetica, il suo stile sempre innovotivo, dal Bop fino agli ultimi giorni della sua esistenza artistica ed umana, interventi che da "soli" valsero l'intero concerto che - Davis suonò poco durante l'intera performance - sembrava "gravare" sulle spalle del sassofonista Kenny Garrett (magnifico in una versione di Human Nature) e del bassista Richard Patterson che prendeva dei "muscolsi" giri di basso von l'intenzione di non volersi più fermare creando un certo grado di stanchezza... Insomma un (meta)concerto davvero "speciale" aldilà del bene e del male.., di ogni critica convenzionale. Mi tornano in mente le appasionate parole di Quincy Jones di qualche giorno prima che nel presentare il Nostro al concerto - organizzato dallo stesso compositore, musicista, arrangiatore, tra i più grandi di sempre - all'interno del jazz Festival di Montreux 8 luglio 1991, da cui il CD intitolato "Miles & Quincy Live at Montreux 1991", appassionate anche nei toni disse (traduco alla "norcina"...): Sogno di lavorare con lui stasera per la prima volta ... il mio amore, il mio fratello uno dei miei musicisti e idoli preferiti: MILES DAVIS!! ... ci piace tornare prima tornando indietro fino alla nascita del cool .... PS - Quincy Jones aveva "miracolosamente" convinto Davis a suonare i suoi brani "tradizionali", arrangiamenti di Jones.... e così fu, da Boplcity, a Miles Ahead, Summertime, Solea, etc.
damiano Inviato 4 Aprile 2024 Inviato 4 Aprile 2024 4 ore fa, analogico_09 ha scritto: Tre mesi prima della morte (settembre '92). C'ero anch'io d assistere a quella sorta di "crepuscolo del Divino" - 23 Luglio 1992. Ne ho parlato altre volte, ti ritrovi anche Si mi ci ritrovo perfettamente, rimasi un po' deluso dalla performance del gruppo di Davis che mi è sembrato eseguire il compitino e poco più. Tra l'altro mi aprirono la macchina nel parcheggio per rubare, pensa te, una cassetta di acqua Levissima 🙂 Tornando al 1986, quella del Colosseo quadrato fu una bella serie di concerti, mi ricordo di Metheny (penso di averlo visto, in Italia, almeno 10 volte) perché lo apprezzo molto ed ho praticamente tutta la discografia dal 76 all'inizio del nuovo secolo, Michael Franks ed altro che ora mi sfugge forse Steps Ahead o Spirogyra o entrambi.....ma vidi anche altro (Dave Liebman ?) che è nel repository e non viene fuori. Mi colpì molto l'allestimento architettonico di Mario Marenco, bella location... ciao D. PS. Se riesco domenica scriverò qualcosa sulla serie di concerti del teatro dell'opera del 1980. In anteprima la locandina...44 anni fa...... 1
analogico_09 Inviato 5 Aprile 2024 Autore Inviato 5 Aprile 2024 16 ore fa, damiano ha scritto: Tra l'altro mi aprirono la macchina nel parcheggio per rubare, pensa te, una cassetta di acqua Levissima 🙂 Comprensibile lo stato di urgenza del ladro di acque minerali perchè quel 23 luglio fu giornata molto molto torrida, da mane a notte. Magari l'avrà pure trovata calda l'acqua ad effetto purgante... Ci fu delusione per il gruppo, nell'insieme, ma quei pochi momenti di straordinario "duende" di Miles restano per me memorabili, qualcosa di a se stante che riuscirono a trascendere i cedimenti del tempo, l'oltraggio della malattia che affliggeva il "Nostro". Di quelle cose di cui mi pregio poter di dire: "c'ero anch'io"... Ho ricordi confusi anch'io dei Concerti al Colosseo quadrato, non di Davis di cui conservo diverse foto a riprova... Con Con Meteney però ci troviamo in disaccordo, prima volta fino ad ora mi pare, non mi piace il chitarrista, non metto in dubbio la sua tecnica virtuosistica ma non ne colgo/apprezzo il feeling, ammesso che ne abbia... 🤷♂️
analogico_09 Inviato 5 Aprile 2024 Autore Inviato 5 Aprile 2024 17 ore fa, damiano ha scritto: PS. Se riesco domenica scriverò qualcosa sulla serie di concerti del teatro dell'opera del 1980. In anteprima la locandina...44 anni fa...... Magari.., ne abbiamo già parlato di quella bellissima rassegna e vorrei rinnovare il mio grazie per averne condiviso la brochure.
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